Alla fine della nostra chiacchierata entra nel locale per pagare, va alla cassa e dopo un po’ si gira verso di me e fa: «Ecco, vedi…».
Cosa?
«Sono 13 euro». E sorride.
13 era il numero di maglia Davide, Davide era il suo compagno, il padre di sua figlia Vittoria, Davide era ed è Davide Astori, capitano della Fiorentina, difensore della nazionale, addormentandosi nel letto di una camera d’albergo a Udine il 4 marzo del 2018 e mai più risvegliato. Sparito così, per colpa di una tachiaritmia maligna, un’accelerazione irregolare e continua dei battiti del cuore causata da una malattia genetica mai diagnosticata prima. Eppure Davide è presente, perché la sua presenza Francesca la percepisce nelle piccole cose, come in un numero su uno scontrino dopo aver passato due ore a parlare di lui, di lei, di loro.
Francesca invece è Francesca Fioretti.
Francesca è bellissima, è senza trucco, con la cadenza napoletana, i capelli ribelli che le cadono dallo chiffon e le coprono il viso. Insieme facciamo colazione in un bar di Moscova, centro di Milano, e sul tavolo, tra di noi, oltre a un caffè, a un caffè americano, una bottiglietta di acqua naturale e un centrifugato, c’è il libro che ha scritto: Io sono più amore (La Nave di Teseo).
Dentro, una delle prime frasi è questa: «Scrivo questo libro per tre persone e due sole ragioni: per Vittoria, per Davide, per me. Per non dimenticare mai nulla. Per vivere ancora».
Tu dici anche: «Sarà un modo di rendere giustizia a questa vita a cui chiedo tutto». Cosa chiedi più di tutto?
«Felicità. Dopo tre anni ho imparato a convivere con questa storia, la mia paura più grande era non riuscirmi a godermi le cose. Vorrei ancora sorprendermi, innamorarmi, emozionarmi ancora, vorrei ancora essere felice».
Il primo capitolo porta il nome di tua figlia, che aveva solo due anni, e che allora ti chiese: «Mammi, ma perché il mio papà è dovuto andare via?». Te la ripete ancora oggi questa domanda?
«Non è un argomento tabù tra noi, spesso glielo ricordo io. Ascolto i suoi tempi, perché a volte è paziente, altre no, è ancora piccolina. All’inizio ci ho dovuto lavorare, avevo sentimenti contrastanti, volevo trasmetterle serenità, era la cosa più importante. Allo stesso momento ero convinta che tenerla al nascosto, magari pensando di proteggerla, fosse una cosa sbagliata. Adesso è più grande e trovo molto bello che mi veda mentre piango o mi emoziono. È giusto che i bambini vedano anche questo lato dei propri genitori».
La prima volta come gliel’hai detto?
«Avendo due anni da un lato è stato più semplice, non aveva ricordi formati né consapevolezza del dolore, qualsiasi cosa le avessi raccontato ci avrebbe creduto. Diciamo che sono stato molto diretta e semplice altrimenti non avrebbe capito».
Credi in dio?
«Non è che mi sono avvicinata o allontanata dalla religione a causa di questa vicenda. Ma sono sempre stata curiosa, con Davide stesso abbiamo viaggiato tanto, in Asia siamo entrati in contatto con il buddismo, in India abbiamo visto i riti dei corpi in mezzo al Gange. Abbiamo sempre cercato di ampliare le nostre visioni. Personalmente, credo che nell’aldilà ci sia qualcosa e se credere in qualcosa di superiore significa essere religiosa allora lo sono. Ma non recito le preghiere».
“Mamma, ma papà dov’è?”
“In un posto molto lontano amore”.
“Ma è vivo in quel posto?”
“In quell’altro posto sì, è vivo”.
“Ma com’è fatto quest’altro posto?”
“Pensa al posto più bello per te, qual è?”
“Il mare”.
Io sono più amore, pagina 12
Come ti immagini Vittoria da grande?
«Curiosa, dinamica, alla scoperta del mondo, sensibile ma anche cazzuta. E noi due unite ma indipendenti».
Nel libro arrivate alla conclusione che il mare sta anche in cielo…
«Lei è furba, ha capito che quando parlo del papà, anche se sono incazzata per un suo capriccio, per magia mi calmo. Quindi ho imparato a dirle che in alcuni momenti del papà non si parla, altrimenti utilizza questo argomento per farmi ammorbidire e raggiungere il suo scopo. Se ne approfitta, capito?».
Ti chiede mai un fratellino o una sorellina?
«Sempre. Così come mi chiede continuamente:”Ma non c’è nessuno che ti sposa?”».
Ma gli uomini, con te, come si comportano?
«Adesso magari, sapendo la mia vicenda, si approcciano con più delicatezza, anche se i cazzoni ci sono sempre. Ma chi intraprende una storia seria con me sa che questa è la mia vita e che se accogli me, accogli Vittoria e accogli pure il nostro dolore, che viviamo noi, ma che comunque c’è. Questo non vuol dire che amerò meno. Né che amerò meno un eventuale altro bambino se mai lo avrò. La forza dell’amore è incredibile, è molto più forte del dolore. E se penso al mio futuro mi vedo sicuramente accanto a una persona coraggiosa».
Una domanda invasiva, molto. Ma la risposta può far capire molte cose. Hai mai rifatto l’amore con un uomo? Mi chiedo più che altro cosa può succedere nella testa di una persona che deve ricostruire anche la propria vita intima…
Sorride, si tira indietro. «Secondo te dopo più di tre anni non è successo? Di sicuro la persona che mi attirerà in futuro non sarà mai simile a Davide, lui aveva un carattere particolare, ci compensavamo, gli aspetti di Davide non li cercherò in altri. In altri troverò qualcosa che lui non aveva. L’amore per Davide non finirà mai, ma con il tempo si trasforma e non vuol dire che non mi innamorerò più. In questa cosa ci credo fortemente».
“Sei ferma nell’amore, quando riesci a sentire il sapore del caffè mentre lo bevi. Sei ferma nell’amore, quando parli con qualcuno e sei concentrata solo sulle tue e le sue parole. Sei ferma nell’amore, quando ti alzi e pensi ad alzarti, ti lavi i denti e pensi a lavarti i denti…”.
Io sono più amore, pagina 17
Cosa ti ha insegnato il dolore?
«La presenza. Quando sono felice rifletto sul fatto di essere felice. Prima era normale, adesso quando passo una giornata serena la vivo come una cosa non scontata. E poi, quando sono con Vittoria sono veramente con mia figlia, non è che guardo il cellulare o altro. Ho subito pensato che Vittoria potesse essere la mia salvezza, la mia paura era non riuscire a stare con lei, o starci provando meno sensazioni, o perdere prima la pazienza nei suoi confronti».
Com’è guardarsi allo specchio?
«Sono orgogliosa di me stessa, Vittoria è felice e serena grazie a me e al lavoro che ho fatto, non era scontato che vivessimo così in pace».
Cosa ti fa paura adesso?
«Paura niente, perché tutte è risolvibile. Ho provato una delle cose più dolorose della vita. Dovesse succedere a mia figlia mi sparerei, ecco ho paura che possa succedere qualcosa di brutto a Vittoria».
“È Vittoria ad avermi messa al mondo come madre, ad avermi fatta rinascere due volte - quando è nata e quando ci siamo arrese al dolore”.
Io sono più amore, pagina 20
Se pensi a te tra qualche anno quali sono i tuoi obiettivi?
«Ho imparato che nella vita non puoi fare programmi a lungo termine, prima pianificavo tantissimo, adesso ho capito che i piani vengono stravolti da cose che non dipendono da me. Quindi ti rispondo che a breve inizierò uno spettacolo teatrale, che sono contenta perché mi piace recitare, ma non riesco a pensare a chi sarò tra dieci anni. Non ce la faccio».
Quale sarà lo spettacolo?
«La storia di due ragazzi, che viene sconvolta mentre sono in fila all’Ikea quando lui dice a lei che vorrebbe avere un bambino. Tratta temi molto importanti, è un viaggio infinito di questi due attraverso il tradimento, l’anzianità e la morte di lui, a tratti fa molto ridere, altri fa piangere e riflettere. C’è pochissima scenografia, è tutto nell’immaginario dello spettatore. Chiunque veda lo spettacolo non può non immedesimarsi».
Lo segui ancora il calcio?
«Non l’ho mai seguito, andavo allo stadio qualche volta, con Vittoria ci sono stata in pochissime occasioni. Lei si diverte più al parco».
Ti sei pentita di aver partecipato al Grande Fratello?
«Pentita no, ma oggi non lo rifarei. Avevo 20 anni, è stata un’esperienza, tutto qua. Invece a Pechino Express, se Vittoria fosse più grande, mi piacerebbe partecipare un’altra volta. Anche perché senza Pechino Express Davide non avrebbe mai avuto la scusa per attaccarmi bottone…».
“Non l’ho mai cercato, non l’ho mai sperato, ma non ho potuto evitarlo”.
Io sono più amore, pagina 65
Raccontami del vostro primo incontro…
«A Milano, in una discoteca. Eravamo entrambi fuori luogo. A me piace la musica elettronica, gli XX, i Sex After Cigarettes, Davide invece mi faceva ridere perché ascoltava la musica lirica, ti puoi immaginare noi in una discoteca per il compleanno di un amico in comune? Io c’entravo poco, lui pochissimo. Sono andata al bancone del bar per prendere un bicchiere di acqua, mentre tutti si facevano fare coca e rum e vodka lemon, e a contare i minuti che mancavano per tornare a casa senza che nessuno ci restasse male. Davide è venuto da me e mi ha chiesto del viaggio in Vietnam fatto per Pechino Express e che lì ci sarebbe voluto andare anche lui. E in mezzo a tutto quel caos ci siamo messi a parlare come due extraterrestri, senza smettere più».
Per quale motivo ti sei arrabbiata dopo il primo incontro?
«Gli ho telefonato e gli ho detto che non volevo più vederlo, non era stato tanto corretto. Lo sgamai subito, poi mi ha chiamato e mi ha detto che eravamo solo io e lui e da lì è partito tutto».
Tu e Davide non avete mai più litigato?
«Per cose serie no, solo cazzate. Lui era molto più tranquillo, faceva finta di niente e mi parlava tanto se c’era qualcosa che non andava».
Eravate gelosi?
«Sì, ma non nel senso che ci controllavamo il cellulare o cose così. Lui aveva Instagram ma poi ha eliminato il suo account. Io non ci potrei stare con una persona che dà tanta importanza ai social».
Il momento in cui ti è arrivata la notizia, cosa stavi facendo?
«Non serve, è una cosa mia di mia figlia e resterà così».
Quando hai pianto per l’ultima volta?
«Piango sempre, da sola, all’improvviso, durante un film o ricordando qualcosa. Se sento una emozione la esprimo, non ho paura. Non la vedo come una debolezza piangere, anzi».
“Era bellissimo, sembrava semplicemente dormire.
Mi sono tolta la giacca, l’ho appoggiata su un altro lettino e l’ho abbracciato.
Era Davide ma sapevo che non era più lui”.
Io sono più amore, pagina 45
“Quando ho saputo della morte di Davide l’unica cosa certa era il pensiero di mia figlia, il segnale che la realtà, per come l’avevo conosciuta fino a quel momento, esisteva ancora da qualche parte e che andare a cercarla mi avrebbe in qualche modo salvata”
Io sono più amore, pagina 48
Nel libro dici: «Voglio ricordare tutto». Ma quali sono le prime tre cose che ti vengono in mente se pensi a Davide?
«La sensazione di Vittoria nella pancia, l’odore di Davide e il suo sorriso. E poi i dettagli del suo viso, le ciglia, le sopracciglia, le linee del volto».
Cosa ti dispiace di tutto questo che hai vissuto?
«Avevamo una vita davanti, e mi dispiace che mia figlia non abbia ricordi del papà se non attraverso ciò che le racconto io. Con Davide non vedevamo l’ora che a Vittoria le crescessero i capelli, che iniziasse a parlare, Davide non ha sentito bene la sua voce. Ecco, anche questo mi dispiace. Avevamo 30 anni e ci bastavamo da soli noi 3».
In Io sono più amore racconti che una delle figure più importanti per te è stata Shirley, la psicologa infantile…
«Lei mi ha lasciato molto libera, io cercavo una conferma, la certezza che stessi facendo le cose giuste per gestire al meglio questa situazione. Se non avessi avuto lei mi sarei fatta più domande, oltretutto lei non mi ha mai detto cosa dovevo o non dovevo fare, mi ascoltava e spesso parlarle bastava per rasserenarmi e mettere in ordine i pensieri. Shirley è servita molto quando ho mandato tutti via da casa e sono rimasta sola con i miei sensi di colpa, mi ha aiutato a capire che nessuno poteva giudicare le mie scelte, che allo stesso livello di mia figlia dovevo mettere me stessa, che non era giusto vivere la mia vita solo in funzione di Vittoria, dovevo tornare a viverla anche per me».
“Non abbiamo fatto in tempo a sposarci, sebbene ci fossimo già figurati il modo e il momento. Non abbiamo fatto in tempo a mettere al mondo un secondo figlio. Non abbiamo fatto in tempo a realizzare moltissime delle preghiere profane che a turno infilavamo nel nostro salvadanaio»
Io sono più amore, pagina 76
Il salvadanaio con i pensieri…
«Ho preso una bottiglia di plastica a forma di maialino dove infilavamo ricordi e desideri. Qualcuno l’ho sfilato ma tutti gli altri li voglio aprire insieme a mia figlia quando sarà grande, neanche da ragazzina mi è capitato di fare una cosa al contempo così poetica e così infantile, è uno di quei gesti apparentemente inspiegabili che però adesso acquisiscono un significato importantissimo, reliquie da un tempo che avremmo creduto eterno».
Hai scritto: «All’inizio accusavo Davide di essere andato via…». Quanto ci hai messo a elaborare il lutto?
«Ero piena di rabbia, nella mia testa è scomparsa quando ho avuto la consapevolezza e la certezza che lui non avrebbe permesso tutto questo».
Ogni quanto ci pensi?
«Sempre, anche se devo andare a una festa di compleanno, alla festa dell’asilo, quando io e Vittoria viaggiamo o quando le mie amiche programmano le vacanze con le proprie famiglie, o anche nella quotidianità, alla fine se hai un papà in casa è tutto diverso, anche solo per dirgli: tieni la bimba, che devo andare a fare la doccia. Con le altre mamme non mi sento un peso solo perché ho lavorato molto su me stessa. All’inizio mi sentivo diversa, la mia prima spesa al mercato da sola è stata bruttissima. Ero un po’ nelle nuvole, non sapevo come farla, il giorno prima prendevo i biscotti preferiti di Davide, il giorno dopo no.… ».
Mi sono salvata in tanti modi, quali?
«Mi sono salvata perché ho trasformato il dolore e la rabbia in qualcosa di positivo. Il dolore l’ho accettato e accolto, quando lo accogli ti salvi, anche se può sembrare surreale, ma in realtà è così».
Credi nella reincarnazione? Speri di rivederlo sotto qualche altra forma o in qualche altro tempo-spazio?
«Non penso di rivederlo, ma penso che lui comunque ci sia e questa cosa mi rasserena molto. Sarei felice se lui mi vedesse e vedesse come siamo io e Vittoria».
L’ultimo ricordo?
«Quando mi ha salutato prima di partire per la partita a Udine. Mi ha detto che sarebbe tornato presto, perché quando andava in trasferta spesso dormiva fuori anche la sera della gara. Ricordo la mia felicità per questa notizia. Il giorno prima avevo già pensato alla cena. Mi ricordo tutto, come era vestito e il bacio che mi ha dato, ma è una cosa mia e sono gelosa dei miei ricordi».
In Io sono più amore parli di tutte le volte che si è palesato: in un taxi quando è partita la vostra canzone, nell’insegna di una pizzeria chiamata con il soprannome che avevi dato tu a lui, piccoli segnali che ti hanno fatto capire di essere sulla strada giusta. Da quando hai finito il libro a oggi c’è stato qualche altro episodio del genere?
«No, non cose così forti».
Poi ci alziamo, mi avvicino alla cassa, ma insiste per pagare lei. La lascio fare. E succede: il conto sono 13 euro. 13 come il numero di maglia di Davide. Francesca mi guarda, scuote i capelli, sorride: “Ecco, vedi..”. Le rispondo: lo sai che questa scena sarà l’attacco dell’intervista? Sorride ancora, e fa segno di sì con la testa.
Lo styling è stato curato da Eufemia Fidel Jacovuzzi.