Una 41enne albanese non può diventare cittadina italiana a causa di un tamponamento che ha causato nel 2005 con la sua automobile. In Italia, infatti, se si è protagonisti di un incidente lo Stato può negare la cittadinanza. Anche se Jurida Kukaleshi vive da 23 anni in Italia. Secondo il Ministero degli Interni, però, la donna non è sufficientemente integrata, questa la motivazione sintetica che le è stata data. Non importa se la donna ha sposato un italiano, ha due figli nati cresciuti nel nostro paese e versi regolarmente i contributi. Il dipartimento per la libertà civile e l’immigrazione le ha spedito questa missiva: "Non ha dato prova di aver raggiunto un grado sufficiente di integrazione nella comunità nazionale desumibile dal rispetto delle regole di civile convivenza». Insomma, è bastato urtare una macchina e ricevere una condanna dal giudice di pace a una multa da 600 euro per vedersi negare la cittadinanza italiana. La donna non si è persa d'animo e ha inoltrato la richiesta all’ufficio competente del Ministero nell’aprile 2017, facendo leva sui suoi anni di residenza. "Non ho scelto la via più facile, infatti mio marito mi rimprovera e mi dice se l’avessi richiesta collegata al matrimonio l’avresti già ottenuta. Ma io sono cocciuta e ho voluto farlo facendo valere la residenza, perché me lo merito, perché sono italiana. E invece mi hanno detto di no per un tamponamento di cui mi ero perfino dimenticata», ha raccontato al Corriere della sera.
Nel marzo del 2005 Kukaleshi, alla guida della sua vettura, aveva tamponato un altro automobilista nella strada che da Roma porta a Monterotondo. Nonostante abbia compilato la constatazione amichevole, l’uomo la denuncia e l’episodio finisce dal giudice di pace che le infligge una multa di 600 euro per lesioni colpose. La 41 enne ha poi ricordato come è arrivata in Italia nel '98: "Ho iniziato a lavorare da subito in un salone di bellezza. Poi nel turismo. A partire dal 2015, con mio marito abbiamo avviato una piccola attività di bus turistici. Vivo da 23 anni in questo Paese, ho due figli di 8 e 11 anni, verso contributi da due decenni. Ho vissuto più a Roma che in Albania. Per me la lettera che ho ricevuto dal Ministero è un torto enorme".