Sapete cosa viene fuori se emulsioniamo rabbia, frustrazione, paranoia, ignoranza, disagio, povertà ed estremismo? Nasce una manifestazione come quella di ieri a Roma, organizzata in principio dal movimento di ristoratori "IoApro", ma che è dilagata in un caos totale. IoApro praticamente ha convogliato i corpi, ma poi è stata pura entropia, non c’era una linea di azione univoca. Non c'erano leader, palchi da cui parlare, casse stereo, scalette di interventi. Solo gente incazzata, tesa, al limite della nevrastenia, che cercava il proprio angolo da dove urlare quello che aveva dentro.
Senza girarci troppo intorno: ieri per le strade di Roma c'era il popolo. Quello invisibile a chi scrive sui magazine culturali, quello che fa un po' schifo ai giurati del premio Strega e agli account manager delle agenzie di comunicazione. Quel popolo che gli stessi movimenti di sinistra, istituzionali o alternativi, non riescono a comprendere. Quella gente che condivide teorie assurde su Facebook, che fa la spesa al discount perché c’ha tre quattro figli da sfamare, che non va votare e si annida(va) nei bar a bere campari. Ecco chi c'era ieri in piazza. Disperati. Ristoratori alla fame, No Vax, vecchi siciliani sdentati che "la mascherina non serva a una minchia", ultras, camerieri fatti come pigne che bevono Peroni, fasci CasaPound, gestori di palestre, cristiani che incitano alla ribellione contro il potere, un vecchio che consegna volantini con scritto "E SE CI FACESSIMO UNA SCOPATA?".
Questo è stato il pomeriggio di Roma. Una miscela di follia personale e rivendicazioni imprecise. Bombe carta sul reparto celere, inno di Mameli urlato a squarciagola, bestemmie latenti, piccoli focolai di manifestanti che si riuniscono in una via, lanciano oggetti e bloccano il traffico, si disperdono e si ricompattano in un altro punto. Dobbiamo ringraziare l'entropia, la disorganizzazione, se oggi non è scattata una guerra civile. Era come in quei film di malavita, dove quando il cartello principale viene fatto fuori nascono mille sottogang allo sbaraglio che hanno solo un obiettivo: prendere il comando. E soltanto questo ha evitato il peggio, oltre all'atteggiamento accomodante delle Forze dell'Ordine presenti sul posto.
Ma andiamo con ordine.
Ore 14: da Piazza Montecitorio blindata a Piazza San Silvestro
Su Roma c'è una cappa di umidità da scirocco che si incolla alle magliette come il lato adesivo delle figurine Panini, ma si sente puzza di diluvio. Infatti inizia a piovere intorno alle 14.30, e non smetterà più. Sembra di stare dentro Suburra il film, che quando cade il governo Berlusconi un acquazzone invade lo schermo e sfonda i sampietrini del centro storico. Piove duro, piove tanto, è tutto così drammatico quando piove. La manifestazione di IoApro non è stata autorizzata, Montecitorio è blindato da almeno dieci camionette e un centinaio di agenti. Il concentramento ufficiale di IoApro è in piazza San Silvestro, ma quando arriviamo in questa piazzetta ci sono solo qualche centinaia di persone. Nessuna traccia dei ventimila annunciati. Striscioni di partite iva, sigle sconosciute. C'è uno chef che sta vestito con tanto di cappello e giacca da lavoro.
"Noi chiediamo solo di lavorare!", mi dice "perché noi non prendiamo i milioni per scaldare le poltrone, e i ristori che abbiamo avuto sono una miseria! Ho avuto ieri 16mila euro per questi tre mesi di chiusura ma ne pago dodicimila di affitto, ma mi prendete per il culo?". La situazione è relativamente tranquilla, ognuno improvvisa un proprio spettacolino con megafono personale, striscioni, due aste con le classiche frasi slogan "PIÙ LAVORO MENO TASSE". I ristoratori siciliani cantano e ballano, dei colleghi di Salerno che si riuniscono sotto l'egida ristoratori Picentini ci fermano per parlare.
"Noi tollereremmo anche un altro lockdown, ma completo, come quello di marzo o aprile 2020, e una campagna vaccinale veloce e precisa, così ne potremmo uscire bene. Ma basta chiedere sacrifici solo a noi ristoratori". Tutti comunque dicono che non gli bastano i ristori, o sostegni. Sono calcolati male, “da gente che non sa che cosa voglia dire lavorare nelle cucine”.
Fermiamo i personaggi più folgorati. In giro e ci sono solamente urla sparse.
“LIBERTA’! LIBERTA!”
“SPERANZA, SPERANZA, VAFFANCULO!”
“BASTA DITTATURA SANITARIA!”
A un certo punto dei ragazzi giovani, con bandiere tricolori, adottano una specie di formazione compatta e srotolano uno striscione col fasciofont: "La paura di non vivere ci sta facendo morire". Sono tutti ventenni vestiti bene, doppio taglio preciso. Pariolini di destra, verrebbe da dire. Si chiamano Generazione Popolare.
Ai margini della piazza si muovono invece altri ragazzi che indossano cappellini da pescatore, sneakers bianche, giacche North Face e Stone Island. Se un minimo hai vissuto e frequentato ambienti sociali, li riconosci subito gli ultras. Da loro c'è da aspettarsi qualcosa, sicuro. I manifestanti si uniscono, cantano, gridano. Ogni tanto un megafono urla sbobba da complottismo. "Toglietevi i caschi! State proteggendo chi vi ammazza e ammazzando chi vi paga!"
Qualcuno, non si sa bene chi, decide di andare dalla Polizia schierata sul lato della piazza che sbocca su via del Tritone. Vogliono andare a Montecitorio. Ma dov’è IoApro, Momi El Hawi, Umberto Carriero? Boh. Si dice che la Polizia abbia tagliato la testa al toro bloccando autobus e impedendo a migliaia di manifestanti di arrivare in centro a Roma, perciò i numeri delle presenze sono sotto le aspettative.
Fatto sta che un gruppo misto di manifestanti si avvicina sempre più alla Polizia. Nelle retrovie ci sta tutta la marmaglia soggetti estremisti. In prima linea giornalisti, personaggi al limite e soprattutto Luca Marsella di CasaPound, che prova a parlare con le guardie. C'è tensione. Spinte, urla, sembra tutto pronto a scoppiare e sul più bello spunta la capigliatura gonfia di Momi El Hawi, il fondatore fiorentino di IoApro, uno dei primi ad aprire il suo locale di via Baracca fregandosene di multe e protocolli sanitari. Arriva ammanettato e coi polsi in aria per dimostrare la nonviolenza. Parlamenta con un poliziotto che tiene una fascia tricolore sul petto.
"Noi vogliamo che ci scortiate!" fa Momi "vogliamo circondare pacificamente Montecitorio!"
Momi sembra che stia risolvendo la situazione. Quasi pare che il cordone di Polizia si allarghi per farci passare.
Poi, il botto.
Un petardo lanciato dalle file posteriori raggiunge lo schieramento di Polizia.
Altra bomba. Seguita da bottiglie, fumogeni, piove pioggia e piovono oggetti. Altre esplosioni. Una ragazza scoppia a piangere. I manifestanti che stavano con Momi si allontanano, e faccia a faccia con la questura restano questi elementi estremisti, ultras o estremisti di destra che sia.
La situazione rientra. Momi si stacca dalla scena e va a parlare all'altro apice della piazza. "Noi non vogliamo questo! Non vogliamo essere strumentalizzati dalla violenza, non ci interessa! Noi vogliamo solo lavorare, vogliamo portare il pane a casa! Giornalisti, mi inginocchio qui davanti a voi: non usate queste immagini per dipingerci come violenti!"
Dopo qualche altro attimo di nervosismo il casino si placa, la gente si allontana, la piazza lentamente si svuota. Anche gli ultras se ne vanno. Restano solo gli ultimi, quelli un po' matti, che si abbracciano e puntano il dito su chi indossa la mascherina che è uno strumento del diavolo e che "non serve a un cazzo! Ma usate sto cervello per ragionare e non solo per spartirci le orecchie!". Qualche mitomane prova ad aizzare una carica alla polizia, prova a parlare col reparto celere. Penso che i poliziotti più che garantire l'ordine stiano offrendo un consultorio psicologico gratuito a questa gente. Si sorbiscono tutte le paranoie della gente. Alla fine schiuma tutto, e davvero non restano altro che i soliti irriducibili a tenere comizi allucinati.
Ore 16.30 – cariche su via del Corso e altro concentramento in piazza del Popolo.
Andiamo via. Ci dirigiamo verso via del Corso, troviamo un bar, ci beviamo un caffè. Usciamo che piove a mitraglia, ma soprattutto ci ritroviamo in mezzo tra due diverse ondate di questura: ci sono stati dei manifestanti che hanno lanciato sassi e petardi addosso ad altri giornalisti e ai blindati, e ora i celerini stanno cercando di scovarli. Le radio dei poliziotti blippano e si accendono. "Quattro unità a Piazza del Popolo!"
In diretta sulla pagina Facebook di IoApro, scopriamo che il corteo capeggiato da Momi El Hawi è itinerante: occupano un luogo, bloccano tutto, appena arriva la questura scappano in un’altra via. Seguiamo i lampeggianti fino a Piazza del Popolo. Momi e la sua fazione non ci sono, sono in zona Flaminio. Proviamo a raggiungerli ma oltre gli archi della piazza ci sono schierate le divise. Nulla di fatto, ma al lato sud della piazza sta succedendo qualcosa. Un manipolo di gente se ne sta assiepata sotto il colonnato di una chiesa, con un cordone di poliziotti che li accerchia. Non si sa che cosa vogliano ‘sti ragazzi e ‘ste ragazze. Urlano, insultano, raccontano le loro storie. Sembra metateatro. Sembra Godot. Ma purtroppo non lo è, e quando una ragazza di queste, col codino e la rasatura laterale, prova ad andarsene, viene respinta da manganelli e scudi.
"Ma che cazzo state a fa’ oooh?"
"Ma che stiamo in dittatura? Fateci andare via! Guarda c’ho il documento fammi andare via o puppami la fava!" fa questa ragazza, sbattendo il suo passaporto sul caschetto di un agente.
Nulla: le FdO non si schiodano. Tutto pare assurdo.
Jeep Land Rover che sgommano, poliziotti che corrono da una parte all'altra della piazza, baretti che servono birre che vengono poi lanciate contro le pattuglie. È tutto così surreale e grottesco. "Sembra la scena di Joker quando scoppiano le rivolte, gente a caso che fa robe a caso" dico a Moreno. Alla fine la Polizia arresta la ragazza rasata e un altro paio di cristiani con le mantelline antipioggia. Osserviamo mentre li trascinano su un blindato. Così, a crudo. La piazza si sgasa e si sgonfia, la pioggia continua a scendere. Non c’è più niente da vedere o da capire.
The End: riflessioni sparse
Cosa resta di questi 180 minuti di follia romana? Al netto di tutto, si percepisce la disperazione, il disadattamento di questa gente che è arrivata dalla Toscana, dall'Emilia Romagna, dalla Lombardia pur di manifestare. È gente che non sa che fare. Non sa cosa dire. Non sa come dirlo. Sono solo incazzati. Forse non vogliono neanche risposte, dati precisi, programmazione economica. Vogliono essere lasciati in pace e far finta come se non fosse successo niente, come se il covid-19 non fosse mai esistito. Un gran casino, ecco cos’è stato. Come quando tiri una pallonata e spacchi il vetro di una finestra. Non c'è una lastra unica rotta, ma tremila schegge impazzite. Impossibile definire cosa sia il movimento IoApro, chi c'era ieri per le strade, cosa hanno richiesto e che organizzazione si sono dati per raggiungere gli obiettivi. I ristoratori? In mezzo a questo delirio sono carne da macello. Le loro istanze? Sparite tra un proclama e una fuga per evitare le Tennent’s volanti. È brutto questo, è davvero brutto. Ed è solo l'inizio, così pareva..
Di sicuro c'è tanta rabbia sociale. Che potrà apparire una frase da sociologia sfigata ma non lo è. Questa rabbia sembra impossibile da incanalare in un movimento costruttivo. Manca la voglia, forse anche il senso critico di analisi della realtà. In tutto ciò l'estrema destra ci gode, riesce a cavalcare la situazione, naviga bene in questi contesti, catalizza il tutto e difatti alla fine vengono fuori i soliti slogan come gli immigrati che tolgono le case agli italiani eccetera eccetera. La destra estrema riesce a dialogare con questa gente, cosa che un PD forse non riesce a fare.
Una cosa è sicura: quel popolo che pensiamo non esista, che viva di soli slogan su Facebook, ieri ha asserragliato il centro di Roma. Senza scopi, senza obiettivi precisi, soltanto urlando “FATECI VIVERE!”. Era una piazza scarna di contenuti politici, ma carica di rancore. Verso chi? Verso tutti, anche verso i giornalisti che secondo loro “tagliano le immagini e censurano la libertà del popolo”. Mi viene in mente una frase che sta negli stencil di Banksy, sia nei suoi famosi rats che quando dipinge le scimmie: laugh now, but one day we may be in charge. Ridete ora, ma un giorno magari comanderemo noi.