Chiesti tre rinvii a giudizio per la morte di Emanuele Melillo, l'autista del bus dell'Atc che, il 22 luglio del 2021, precipitò nel vuoto sull'isola di Capri. La Procura di Napoli ha così disposto per il rappresentante legale di Atc (società di trasporto pubblico dell'isola), un funzionario della Città Metropolitana di Napoli e il medico che avrebbe dovuto vigilare sull'idoneità al lavoro di conducente. Nell'incidente rimasero feriti 23 passeggeri, ma soprattutto perse la vita Melillo stesso; il 32enne era invalido al 50% e, come stabilito da indagini successive, assuntore di cocaina, che aveva preso anche prima di mettersi alla guida quel tragico giorno.
Il lavoro dei inquirenti, nei mesi scorsi, aveva rivelato che la barriera contro la quale il bus impattò non era idonea e, infatti, non resse all’urto. Non solo, il conducente non doveva e non poteva essere alla guida: il legale rappresentante di Atc avrebbe modificato le mansioni di Melillo, che svolgeva il ruolo di bigliettaio, incaricandolo di fare l'autista senza aver verificato la sua idoneità. Visite previste dalla legge che avrebbero potuto evidenziare anche l’assunzione di sostanze stupefacenti.
Quel giorno il mezzo percorse appena 170 metri dopo essere partito dal porto di Marina Grande, alla volta del centro di Capri, prima di precipitare in una scarpata profonda 15 metri. Dalle analisi degli esperti è emerso che viaggiava a una velocità compresa tra i 30 e i 35 chilometri all'ora. Sempre secondo i periti, Melillo perse il controllo presumibilmente a causa di una crisi compulsiva agevolata dalla mancanza di sonno e dalla cocaina, assunta poche ore prima.