Condannato in primo grado a otto anni di reclusione (considerando anche lo sconto di pena previsto dalla scelta del rito abbreviato), dopo un anno e sette mesi trascorsi agli arresti domiciliari Pietro Genovese potrà già uscire di casa. Il ragazzo, figlio del regista Paolo, nella notte del 21 dicembre 2019 aveva investito e ucciso con il suo Suv (Renault Koleos) Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli, che stavano attraversando la strada lungo Corso Francia, a Roma: ora ha concordato una pena definitiva a 5 anni e 4 mesi di reclusione e il giudice ha disposto per lui la sostituzione della misura cautelare con l’obbligo di dimora nella Capitale (non potrà uscire tra le 22 e le 7).
In appello i giudici hanno ratificato l’accordo tra la difesa del ragazzo (rappresentato dagli avvocati Franco Coppi e Gianluca Tognozzi) e la Procura generale. Secondo i magistrati la misura disposta sarebbe consona “all’esigenza cautelare sociale”, tenendo pure in considerazione il fatto che il giovane è incensurato, che c’è stato un comportamento processuale ritenuto corretto e che la patente di guida gli è stata revocata. Confermati invece i risarcimenti (che sarebbero in capo all’assicurazione) per i familiari delle vittime (che anche per questo non comparivano come parte civile nel processo): 180 mila euro per ciascuno dei quattro genitori. La vicenda si è chiusa così in maniera definitiva.
“Nelle 197 pagine di motivazioni con cui il 19 dicembre 2020, con rito abbreviato (quindi con la pena ridotta di un terzo), il gup Gaspare Sturzo – riferisce il Fatto – aveva condannato Genovese a 8 anni, si legge che Gaia e Camilla furono investite mentre erano «sulle strisce pedonali, [...] dopo che queste avevano iniziato l’attraversamento con il verde pedonale ma si erano fermate per aver notato alla loro sinistra provenire dal precedente semaforo ad alta velocità tre auto». Il 22enne, scrive ancora Sturzo, aveva «effettuato una serie di sorpassi utilizzando al contempo un cellulare con cui mandava messaggi; superando il limite di velocità in ora notturna; iniziando un ultimo sorpasso di un’auto che aveva cominciato a frenare e, poi, si era fermata». Dietro quell’auto c’era n o Gaia e Camilla. Inutili i soccorsi prestati alle ragazze riverse sull’asfalto. Portato sotto shock in ospedale, Genovese sarebbe risultato positivo all’alcol: il test segnava quota 1.4, tasso 3 volte superiore al consentito, quando nel suo caso, essendo patentato da poco, non avrebbe dovuto bere neanche un bicchiere”.
Le reazioni delle madri di Camilla e di Gaia
“«Abbiamo sempre voluto la verità e quella è rimasta. La colpa è solo del ragazzo, l’entità della pena non ci interessa, riguarda la coscienza dei giudici», ha commentato – stando quanto riferisce il Messaggero – la madre di Camilla (Cristina Maggi, ndr), riferendosi alla possibilità, emersa in fase di indagine, che le sedicenni avessero attraversato la strada in modo incauto. Quella notte Gaia e Camilla stavano tornando a casa da una serata insieme agli amici per festeggiare l’inizio delle vacanze di Natale. Mentre attraversavano la strada erano state travolte dal Suv guidato, troppo velocemente, da Genovese. Differentemente da quanto ipotizzato all’inizio dagli inquirenti, dal processo è emerso che le sedicenni avevano attraversato in modo prudente, passando sulle strisce pedonali dopo che il semaforo era diventato verde”.
Dello stesso parere anche la madre di Gaia, Gabriella Saracino, “che ha atteso con ansia la sentenza e che non riuscendo a parlare a voce per messaggi scrive: «La penso allo stesso modo e in merito alla revoca dei domiciliari è stata una mossa dei difensori, c'è stata una recente sentenza della Corte Costituzionale che ha permesso i servizi sociali se residuano anche più di 3 anni e mezzo». Ma questo alla mamma di Gaia non importa, conta che «sia stato riconosciuto colpevole e che Gaia e Camilla sono state solo due vittime innocenti»”.
Sempre il Messaggero ricorda che “dopo la sentenza di primo grado, la mamma di Gaia, Gabriella Saracino, aveva dichiarato: «Se Pietro Genovese venisse da me gli farei una carezza: il perdono non si nega a nessuno, neanche a lui». Parole inaspettate che avevano commosso il giovane imputato, che aveva deciso di rispondere con una lettera, che si è aggiunta a quella scritta subito dopo l’incidente da suo padre, il regista Paolo Genovese, alle famiglie delle sedicenni. «In questo momento di dolore profondo il perdono della mamma di Gaia, per me, è importantissimo – aveva scritto il ventenne –. Un gesto generoso che allevia la mia disperazione. È una mamma e sa che spesso i figli sono un casino. Ma io questa volta ho fatto qualcosa che non avrà rimedi, neppure con il tempo»”.