“La macchina deve diventare un servizio: la prendo, la uso e la lascio”. Per il climatologo Luca Mercalli, tra le voci più autorevoli sull’ambiente, non c’è sostenibilità senza un cambiamento delle proprie abitudini. Ma l’uomo, si sa, è fatto di bias (tendenze, inclinazioni, distorsioni). Secondo il filosofo Timothy Morton, il cambiamento climatico è un “iperoggetto”, cioè un problema troppo grande per i nostri limitati cervelli: e così lo consideriamo distante, in cui non saremmo coinvolti direttamente, addirittura non neppure responsabili. Basta dare un occhio al recente rapporto sui cambiamenti climatici del Centro Euro-Mediterraneo per capire quali saranno gli effetti futuri delle nostre azioni: in Italia, entro il 2100 si prevedono cinque gradi in più, con uragani, nubifragi e ondate di calore annesse.
Per invertire la rotta, si stanno facendo passi importanti, come dimostra il settore dell’automotive elettrico. In Italia, l’acquisto di veicoli elettrici è in crescita, con un tasso di crescita del 155% secondo lo Smart Mobility Report 2020 (School of Management - Politecnico di Milano).
Professor Mercalli, secondo lei oggi abbiamo coscienza del problema?
“Credo che ce ne sia poca. Basta vedere in pandemia: la gente va in piazza a divertirsi senza consapevolezza di chi muore negli ospedali per Covid, figuriamoci se la si ha verso un fenomeno che è molto più lento e complesso da verificare. Siamo come i fumatori: sappiamo che il fumo fa male, ma continuiamo a farlo”.
Eppure oggi 60mila persone all’anno muoiono per patologie causate dall’inquinamento.
“Sì, ma quando noi diciamo 60mila morti è complicato, perché il rapporto causa-effetto non è immediato. Quando parliamo di patologie respiratorie legate all’inquinamento, soprattutto in pianura padana, è complesso fare stime, perché si tratta di qualcosa che incide sulla nostra salute a lungo termine. Lo stesso vale per i danni ambientali: a lungo termine è difficile estrarli”.
L’isolamento da pandemia ci ha aiutato ad avere più consapevolezza?
“La grandissima innovazione è il telelavoro, perché significa aver trovato un metodo di non muoversi ed evitare il viaggio. Prima il telelavoro era praticato da poche centinaia di migliaia di persone, adesso sono otto milioni di persone. Per non parlare della didattica a distanza, che coinvolge tutte le scuole. Non possiamo sostituire tutto con il telelavoro, ma almeno quella parte che serve ad alleggerire il traffico sulle entrate. E la macchina dovrebbe essere sempre di più un servizio”.
In che senso?
“C’è ancora una visione dell’auto come status symbol, soprattutto per le grandi potenze. Ma se vogliamo una transizione ecologica, dobbiamo abbandonare le grandi potenze: perché devo continuare a vedere auto da 250 kilowatt? Una normale utilitaria spesso è sufficiente, invece poi spingiamo sul SUV, è inutile. Se vogliamo essere sostenibili dobbiamo essere coerenti: le case automobilistiche non possono essere sostenibili vendendo un modello giusto e poi dieci altri modelli sovra-dimensionati e inutili, che fanno solo l’occhiolino all’ostentazione”.
Il settore dell’automotive elettrico procede bene, no?
“No, i modelli di auto elettriche sono ancora troppo cari. Mi fa sorridere pensare che un venditore di auto faccia pagare 20mila euro per un’auto elettrica e mille euro per il cavo della ricarica. È come se ti chiedessero mille euro per il tappo del serbatoio. La macchina va venduta chiavi in mano, non sono necessari trucchetti commerciali”.
Oggi a che punto siamo?
“Sono un guidatore di auto elettrica da dieci anni, l’auto elettrica può dare un vantaggio, ma ha bisogno di due criteri importanti: che sia ricaricata con energia rinnovabile e che ci siano regole per il riciclo delle batterie ed evitare di trovarci fra dieci anni con un problema ambientale da gestire. Bisogna poi investire sulle energie rinnovabili anche a livello privato: io ho dei pannelli fotovoltaici sul tetto di casa e ricarico la mia macchina quasi sempre con energia solare diretta”.
Cosa pensa del programma Milano città carbon neutral entro il 2050?
“Questi sono annunci: come si fa a fare di Milano una città carbon neutral? Intanto non si tratta di scelte fatte da un solo comune, ma ci vuole strategia su un’area più vasta. E poi, da cinquant’anni facciamo questi annunci. La cosa più importante per me è implementare il telelavoro: quando si tolgono 100mila macchine dalla tangenziale, quello è il dato importante, no aver messo mille persone in più sul treno o gli autobus. Per esempio, io prima viaggiavo 200 giorni all’anno in treno: adesso sono contento di fare i webinar dal computer di casa mia”.
Però occorre cambiare un sistema economico che genera indotti anche in altre attività.
“Certo, occorre fare dei riaggiustamenti. Magari, il posto che perdo oggi in un albergo lo riacquisterò in consulenze per far funzionare i computer. Se vogliamo risolvere il problema ambientale i cambiamenti bisogna farli, a qualcosa bisogna rinunciare a vantaggio di altro. Ci sarà chi perde e ci sarà chi guadagna, ma si creeranno anche professioni nuove, e altre verranno ridimensionate”.