È il primo giorno di zona gialla, a Milano. La gente comincia ad uscire, a guardarsi intorno dopo mesi passati in casa e a riversarsi per strada. Abbiamo una Morgan Plus Six in garage prestataci da Romeo Ferraris (importatore esclusivo per l'Italia) e un completo Traiano nella valigia. Farla vedere e sentire, perché le automobili continuano a rinnovarsi ma il fascino di oggetti come questo resta inarrivabile. Chi non he ha mai vista una dice Grande Gatsby. Qualche appassionato urla il marchio dal marciapiede, come a dare una risposta a chi la guarda sfilare con un punti interrogativo in fronte. C’è chi pensa sia un’auto d’epoca, chi vorrebbe farcisi un giro e chi si accontenterebbe di farsi sposare. Non c’è indifferenza, di sicuro. Noi vogliamo guidare, solo guidare. Possibilmente senza mai spegnerla o scendere, con la capote abbassata ed il gorgoglio degli scarichi in sottofondo.
How it’s done
Il Cofano è lunghissimo. Si apre ad ala di gabbiano, carico di prese d’aria per raffreddare il sei cilindri in linea da 3.0 litri accreditato di 340 cavalli. La carrozzeria, completamente realizzata a mano, si allarga sull’asse anteriore andando a scendere sinuosa fino alle ruote dietro. Linea dura, linea morbida. L’abitacolo è compatto ed accogliente, il bagagliaio non esiste. È un oggetto raffinato, te ne accorgi quando guardandola da una qualunque angolazione la vedi sempre bella. La coda scende spiovente con un angolo di 45 gradi, mentre la fanaleria fuoriesce quel tanto che basta a riprendere la forma dei terminali di scarico. È una scultura di metallo, o almeno è quello che si direbbe a vederla da fuori. Perché il cuore, come da tradizione per il marchio, è in legno di frassino.
Agli interni, manco a dirlo, a dominare la scena c’è un tripudio di pelle ben rifinita, accostata a dettagli che riprendono il verde della carrozzeria. Sui poggiatesta è ricamata la dicitura Plus Six, mentre la plancia ha linee minimali dal sapore retrò. La strumentazione è composta da un piccolo display digitale, ma tachimetro e contagiri sono al centro: bisogna andarli a cercare con lo sguardo.
Sulla Morgan Plus Six non ci sono né radio né infotainment perché non sarebbero credibili. Tuttavia è possibile sfruttare la connettività della vettura per ascoltare la musica dello smartphone, trasformando l’auto in una sorta di cassa Bluetooth. Non lo abbiamo fatto però, il suono del motore andava benissimo. Anche se un’ottima eccezione sarebbe stata la colonna sonora di Peaky Blinders, ottima per approdare su City Life come gli ultimi di una stirpe estinta. A ricordarci che ci troviamo su di un’auto nuova e contemporanea invece c’é il selettore del cambio automatico ZF ad 8 rapporti di chiara ispirazione BMW. Sul volante tuttavia, molto sobrio, ci sono i paddle per cambiare marcia in modalità sequenziale.
A Bloody Fast Car
La Morgan Plus Six va fortissimo, è un missile di metallo anteguerra proiettato nel futuro. Ma andiamo con ordine. La portiera si apre a pulsante, come una volta. La seduta è rasente al suolo, l’abitacolo quasi stretto. Comodo per due, niente di più. Sotto al sedile c’è una pompa che, quando viene strizzata, gonfia un cuscino per la schiena, mentre un pulsante rilascia lentamente l’aria fino al punto giusto: roba esotica. Una volta inserita la chiave va premuto sullo start per qualche secondo come se fosse il mezzo a carburatori che ovviamente non è. Il sei cilindri gorgoglia gutturale, il cambio è in posizione Drive e si può partire. Sulle prime è complicata. Questo perché l’anteriore è così lontano dalla posizione di guida che sembra di indossare per la prima volta un paio di sci. È lunga la Plus Six, anche perché il raggio di sterzata non è così male considerando che - con un po’ di malizia - la si può girare di posteriore pestando forte sul pedale di gas. Magari non in centro a Milano, però. I primi metri dunque sono necessari ad un apprendistato, così come a capire che la guida sarà costantemente accompagnata dagli sguardi della gente: la Plus Six è una macchina fenomenale per scaturire le attenzioni altrui. Meglio di una supercar, perché in Italia chi ne guida una viene visto come un ladro o, nelle migliori delle ipotesi, come un ragazzino nato coi soldi. Invece lo stile della Morgan, bellezza e tradizione, ci assolve da ogni peccato. La gente si esalta, veniamo immediatamente incasellati come romantici bohémienne fissati con la poesia, i vini della Borgogna e le automobili di classe. E va benissimo.
Prenderci la mano non è immediato, ma quando finalmente cominciamo a sentirla tra le mani risulta evidente che è la meccanica a rendere speciale questa vettura. Il motore sa essere lineare nella posizione più morbida del cambio, ma inserendo la Sport+ (ma c'è una via di mezzo battezzata Sport) l’auto diventa ruvida, analogica e velocissima. Manca un po’ l’idea del manuale, è vero, anche se fortunatamente con i paddle si passa in un battito di ciglia alla guida di una volta: niente elettronica, tanto motore e una progressione fulminante, il tutto mentre dalle feritoie sul cofano si comincia a dissipare il calore del sei cilindri. Il quale, manco a dirlo, tira come un dannato ad ogni apertura fuori dalle curve mentre la macchina - senza controllo di trazione - fa quello che può per mettersi di traverso. È un’emozione non filtrata, la Morgan Plus Six. Una birra artigianale, il carbonio grezzo, la miscela per il due tempi. È maschia e femminile allo stesso tempo. È, in sintesi, la guida gustosa e non ovattata che farebbe innamorare qualunque appassionato. Non ha le linee di una sportiva, ma potrebbe correre in pista e mettere dietro una buon numero di hot hatch pensate con l’unico obiettivo di andare forte. La gente si gira ai semafori, si ferma a guardarla, chiede una spiegazione. È come essere in un film.
On a rugged ground
E il film potrebbe essere la lunghissima piano sequenza di Sam Mendes, con l’alluminio degli scarichi che brilla come una canna di fucile ed il verde della carrozzeria che si intona ad una battuta di caccia nelle campagne inglesi. D’altronde il propulsore installato sulla Plus Six, frutto di oltre vent’anni di partnership con BMW, si chiama B58 come il primo caccia bombardiere della storia in grado di raggiungere la velocità Mach 2. È, nello specifico, un sei cilindri in linea turno da 340 CV e 550 Nm di coppia massima, capace di portare la macchina a coprire lo zero a cento in poco più di quattro secondi per poi lanciarla ad una velocità massima di 267 Km/h. A tenere per terra la vettura c’è la nuova piattaforma in alluminio CX, che garantisce una rigidità torsionale più elevata del 100% rispetto al modello precedente. 100 sono anche i chili di peso in meno, per un totale di 1.075 Kg.
I suoi difetti sono parte del suo spirito. La capote va azionata rigorosamente a mano accoppiando i pulsanti con attenzione e sotto il diluvio, probabilmente, la tela non aiuterebbe più di un ombrello sott’acqua. Manca, ma lo abbiamo già scritto, un bagagliaio, motivo per cui una valigia andrebbe fissata con tanta attenzione sul portapacchi in dotazione. Poco male però, perché lo spirito dell’auto è un altro. È passione autentica la Plus Six, con le ruote che slittano a comando ed un motore che spinge sul serio. Per guidare con l’aria nei capelli e l’assoluzione nel cuore.
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Credits
Abbigliamento: TRAIANO
Si ringrazia Romeo Ferraris - Importatori esclusivi per l’Italia