Si sono messi alla guida, alternandosi, per 50 ore al volante di una Lamborghini noleggiata. Alla fine si sono schiantati contro la Smart ForFour su cui viaggiava il piccolo Manuel, di 5 anni, morto sotto gli occhi della mamma, che guidava, e della sorellina di 3 anni. Che fossero youtuber - cinque amici di Roma con un canale in primo piano, TheBordeline - drogati di click più che d'altro, e che la trovata fosse una challange, non è un dettaglio di poco conto. Un'impresa pericolosa, “stupida”, scrivono ora i commentatori social.
Eppure il loro canale ha guadagnato 600 mila iscritti, destinati a salire (paradossalmente) dopo l'ultima impresa devastante, sponsorizzata nientemeno che da Sony Italia. “È stata solo una bravata, si risolverà tutto”, le frasi shock dei loro genitori. Giochi da ragazzi? Non proprio, viste le conseguenze. Visto anche ciò che ci sta sotto, cioè i guadagni. “La famiglia deve frenarli e non giustificarli per comodo”, commenta a MOW lo psicologo Matteo Merigo...
L'utilizzo dei social, per alcuni, si rivela pericoloso, e tutto per ottenere click...
“Ci sono tre punti cardine da sottolineare: lo stato d'eccitazione di chi si presta; la dinamica di gruppo che porta all'emulazione e spinge persino all'estremo; e esorcizzare la paura della morte, in maniera consapevole o inconsapevole, facendo qualcosa di estremamente rischioso. Meglio morto che anonimo...”.
Occorre normare, vietare, multare. È d'accordo?
“Occorre normare, e significa che YouTube e gli altri social devono imporre dei limiti; gli esperti di sicurezza online confidano anche sul multare i comportamenti rischiosi, ricordiamoci che dovremmo tutelare la nostra salute e anche quella altrui. Quindi aumentare la consapevolezza dell'utilizzo di internet è necessario”.
Il freno, prima che ai contenuti, non va ricercato nell'educazione familiare?
“Deve avvenire in quell'ambito; un'etichetta che bisognerebbe avere nel mondo reale e virtuale, il problema è che con le challange, le sfide, le visualizzazioni, c'è in ballo anche il denaro, la fama, e questo può far ‘comodo’ anche ai genitori che giustificano invece di responsabilizzare”.
L'aspetto inquietante è il continuare a esporsi in pubblico. Nessun pudore, il meccanismo in cui si sono infilati (e di cui sono vittime) non si ferma mai...
“Non è la prima volta che succede: faccio qualcosa di sciocco e mi riprendo sui social. E le persone che commentano, in positivo o negativo, e che vanno a vedere e rivedere quei contenuti, alimentano il circolo vizioso. Un meccanismo che non può spezzarsi solo con la tragedia. I limiti devono essere preventivi”.