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“Le ibride consumano tanto e sono noiose”. Tutte balle (in alcuni casi)

  • di Matteo Valenti Matteo Valenti

  • Foto di Leda Paleari

2 settembre 2021

“Le ibride consumano tanto a 130 km/h e sono noiose”. Tutte balle (in alcuni casi)
Gli haters della tecnologia ibrida sono una realtà. Accusano le auto con l’aiutino elettrico di essere un grande bluff, perché garantirebbero consumi contenuti soltanto in città. In autostrada e alle alte velocità, invece, queste auto si trasformerebbero in vere e proprie petroliere, assetate di carburante e terribilmente noiose da guidare. Accuse fondate o bufale degne dei migliori leoni da tastiera? Per scoprirlo abbiamo fatto un viaggio di 5.500 km con un ibrida plug-in di ultima generazione. E abbiamo scoperto che, come spesso accade, la verità non ha una sola faccia

Foto di Leda Paleari

di Matteo Valenti Matteo Valenti

La nostra società tende a dividersi sempre più in fazioni. Se non aderisci a un credo, a una determinata fede, diventa difficile collocarsi e poi schierarsi di fronte ai grandi temi dell’attualità. Del resto è molto più pratico appartenere a un gruppo di riferimento ideologico, che ha già tutte le risposte pronte e confezionate.

Vuoi mettere usare la propria testa? E magari avere opinioni diverse a seconda dei contesti? Meglio uniformarsi e appiattirsi su un’unica grande tesi, senza valutare caso per caso. Così avviene anche nel mondo dell’auto, sempre più dilaniato da contrasti insanabili e correnti di pensiero spesso impossibili da conciliare. Perché, dopo essere stato più o meno immobile per un secolo, l’universo delle quattro ruote oggi è sconvolto dall’arrivo di una miriade di tecnologie propulsive diverse.

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Così ognuno pensa di avere la verità pronta in tasca soltanto perché ha scelto una o l’altra soluzione. E chi è diventato un adepto dell’auto elettrica (o di Elon Musk a seconda delle parrocchie) inizia a demonizzare il motore termico, che magari ha guidato e decantato fino al giorno prima. Mentre chi è rimasto fedele ai pistoni vede batterie, colonnine di ricarica ed elettroni come il male assoluto, che porterà a una prematura scomparsa della nostra civiltà e forse del pianeta intero. Nel mezzo ci sono le ibride. Anche loro precipitate in questa rissa ideologica, dove tutti vogliono avere ragione a prescindere. Gli haters dell’ibrido sono pronti a giurare che siano un enorme bluff, perché garantirebbero consumi contenuti soltanto in città, trasformandosi in vere e proprie petroliere in autostrada e alle alte velocità. Uno scenario che peggiorerebbe ulteriormente nel caso delle ibride plug-in. Quelle ricaricabili anche alla spina e capaci di viaggiare per un po’ di chilometri in elettrico puro, azzoppate da una batteria più grande e quindi più pesante, che a 130 km/h si trasformerebbe in una inesorabile zavorra.

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Invece di buttarci nella mischia, schierandoci da una parte della barricata per partito preso, abbiamo preferito far parlare i fatti con una prova sul campo. Abbiamo preso la Suzuki Across, una delle ibride plug-in più recenti e le abbiamo fatto fare un viaggio estenuante. 5.500 km senza tregua, in diverse condizioni climatiche e quasi tutti (più del 70%) in autostrada. Quindi sul terreno di gioco più impervio per un’ibrida ricaricabile. Da Milano alla Puglia e ritorno. E poi ancora fino in Slovenia, nel Parco Nazionale del Triglav. Migliaia di chilometri che abbiamo macinato senza fare sconti al sistema ibrido. Quindi con il cruise adattivo impostato - ogni volta che era possibile - a 130 km/h e con l’auto bella carica (tre passeggeri + bagagli e attrezzatura, circa 200 kg complessivi). Insomma, abbiamo cercato di rendere difficile la vita alla tecnologia ibrida giapponese, alla ricerca del suo limite in termini di efficienza. E portandola anche in montagna, altro ambiente in cui le ibride soffrono per via dei continui e prolungati tratti in salita, dando il peggio di sé a livello di consumi.

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Eppure, al termine di un road trip così duro, abbiamo portato a casa una media di consumo che non ci saremmo mai aspettati. La Across ha richiesto 5,8 litri di carburante ogni 100 km. Significa che è riuscita a percorrere più di 17 km con un litro di benzina (17,24 km, per l’esattezza). Un risultato non da record, di per sé. Ma che diventa eccezionale se si considerano le condizioni di guida e soprattutto le caratteristiche della macchina.

Fare più di diciassette con un Suv così grande e pesante - siamo oltre i 4,6 m e le 2 tonnellate - alimentato a benzina, con 306 CV di potenza complessiva, cambio automatico e trazione integrale più che un traguardo tecnologico rappresenta un mezzo miracolo. Basterà dire che esistono concorrenti dirette di questa Across che consumano molto di più anche se alimentate con efficientissimi motori a gasolio. E che, magari, hanno il cambio manuale, 100 CV in meno e un bagagliaio ben più ristretto. Se non ci credete fatevi un giro nelle prove strumentali “Pro e Contro” di Automoto.it, dove abbiamo provato un sacco di Suv di questa taglia, anche ibridi, rilevandone i consumi in condizioni reali (anche se non a pieno carico, come in questo caso). Siamo certi che non troverete un altro Suv di questo segmento così efficiente, a livello di consumi, tra quelli che abbiamo testato fin ora.

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Questo significa quindi che abbiamo smentito per sempre gli oppositori dell’ibrido? Non proprio. Perché il merito di un risultato così straordinario è da addebitare alla particolarissima tecnologia che monta la Suzuki Across. Un sistema ibrido, sviluppato interamente da Toyota, che riesce a dimostrarsi veramente efficiente, anche quando viene messo in difficoltà, con lunghi viaggi ad alta velocità costante e a pieno carico. Parlare genericamente di “ibrido”, a questo punto, non ha alcun senso. Dal momento che esistono tecnologie ibride più o meno efficienti e quindi più o meno riuscite è molto più saggio valutare caso per caso. Arroccarsi su un’unica posizione, denigrando genericamente un indefinito “ibrido”, come se ne esistesse un solo tipo, è deontologicamente sbagliato, oltre che fuorviante. Esistono Suv ibridi, per esempio, che effettivamente in autostrada perdono tantissima della loro efficienza. E che, alle alte velocità, finiscono per consumare di più rispetto a modelli della concorrenza sprovvisti di una tecnologia così complessa. Ma non è il caso della Suzuki Across che, come abbiamo visto, ha smentito il pensiero unico, strappando un valore di consumo molto positivo, nonostante le numerose criticità del test a cui l’abbiamo sottoposta.

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Un risultato misurato “a batteria scarica”, come si dice in gergo, guidando la Suzuki in modalità ibrida. Non abbiamo quindi considerato, per il valore finale, le tratte che abbiamo coperto in elettrico puro, grazie alle sporadiche ricariche effettuate alle colonnine lungo il percorso. Un dettaglio da non trascurare, anche perché ci ha permesso di smentire nuovamente gli haters dell’ibrido. La possibilità di caricare l’auto alle colonnine e di viaggiare in elettrico per alcuni chilometri, infatti, ha reso il viaggio molto più intrigante, stimolante e, di fatto, divertente. Ogni volta che si raggiungeva una nuova località partiva la caccia alla colonnina di turno. Una piccola oasi di ristoro che permetteva di recuperare preziosi chilometri “elettrici”, ma anche di trovare parcheggio gratis - se si esclude il costo della ricarica - magari in pieno centro, in una zona presa d’assalto dai turisti. È vero, a volte non le abbiamo trovate funzionanti (soprattutto in Puglia, dove Enel X farebbe bene a prendersi cura un po’ meglio dei suoi punti di ricarica, visto che ben due colonnine su tre erano fuori servizio), ma la possibilità di fare il pieno di elettroni ha offerto una carta di in più per rendere il viaggio diverso dal solito.

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Anche perché ci ha permesso di andare in fuoristrada in elettrico puro, regalandoci una esperienza di guida unica. Esplorare scogliere a picco sul mare, oppure scalare sentieri di alta montagna, avvolti nel silenzio più totale, garantito dalla trazione integrale elettrica, è uno spettacolo di inaspettata bellezza. Perché si riescono a cogliere i suoni della natura a cui non eravamo più abituati (perlomeno stando in auto), anche quelli più impercettibili, riducendo al massimo il disturbo nei confronti di chi, quell’ambiente, lo sta vivendo magari a piedi o in bicicletta. In fuoristrada, poi, ci siamo tolti più di qualche soddisfazione. Un po’ per merito delle gomme Yokohama Avid GT di primo equipaggiamento. Delle M+S con quel minimo di intagli che permette di avventurarsi anche dove c’è, magari, un po’ di fango e l’aderenza inizia a vacillare. Un po’ per i motori elettrici, che per loro natura permettono di dosare millimetricamente l’erogazione della coppia. Un toccasana quando si è in off-road e bisogna trarsi d’impaccio in una situazione critica, come per esempio durante un bel twist, con le due ruote opposte in diagonale che rimangono a penzoloni (sì, abbiamo affrontato anche questo tipo di ostacoli con la Across, se non ci credete guardate le foto).

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Certo non si può troppo esagerare, perché l’altezza da terra è quella che è e poi non ci sono né ridotte né differenziali bloccabili. Ma questo ibrido si è dimostrato tutt’altro che monotono e noioso. Anche in questo caso, però, non si può generalizzare. Il merito, infatti, è della particolare tecnologia che sfrutta la Across che, in parte, è molto diversa dalla maggior parte delle ibride in commercio. Questa Suzuki, parente stretta della RAV4 Plug-In Hybrid, sfrutta un powertrain molto complesso e composto da diversi organismi vitali, che collaborano in maniera simbiotica. 

Il motore termico è un 2.5 a ciclo Atkinson, quindi a corsa lunga, che rinuncia a un po’ di coppia in basso (tanto c’è l’elettrico a spingere in quei frangenti) per ottenere il massimo rendimento (che sfiora il 41%, quasi un record assoluto). Questo quattro cilindri a benzina è affiancato poi da ben tre motori elettrici. All’avantreno ci sono due unità, la prima funge più che altro da generatore di corrente, quando viene trascinata dal motore termico, mentre la seconda dà propulsione da sola o insieme all’unità termica e recupera preziosa energia durante frenate e decelerazioni.  Al retrotreno, poi, c’è un altro motore elettrico, che assicura la trazione integrale. Quando si ha la batteria carica, quindi, si riesce a fare fuoristrada in elettrico puro, senza scomodare mai il benzina. E se dovesse essere completamente scarica niente paura: l’unità posteriore riceve comunque energia grazie al termico, che attiva il motore-generatore elettrico anteriore, rendendo così il 4x4 disponibile sempre e comunque.

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Un divertimento inaspettato, quello garantito dalla trazione integrale elettrica. Che, peraltro, può durare anche molto visto che la Across monta una batteria più grande rispetto alla maggior parte dei Suv plug-in. Ben 18,1 kWh (nominali, quelli reali sono una quindicina) che permettono di percorrere 80 km veri con una sola ricarica. Tanti per un’ibrida ricaricabile, soprattutto considerando quanta strada si fa mediamente al giorno. Peccato solo che il caricatore di bordo sia da 3,6 kW (a differenza dell'omologa RAV4 Phev che offre, invece, anche quello opzionale più rapido da 6,6). Questo dettaglio non permette ricariche velocissime, nemmeno alla colonnina, dove ci vogliono almeno quattro ore e mezza per un pieno di elettroni. Quindi la Across è l’ibrida perfetta? Sicuramente è l’ideale per mettere a tacere chi sostiene che l’ibrido sia poco efficiente nei lunghi viaggi oppure che sia noioso e sgradevole da guidare. Il nostro long test ha dimostrato che, in alcuni casi specifici, la tecnologia ibrida possa essere sorprendentemente intrigante e anche divertente, perché capace di regalare esperienze di guida insolite e innovative. Ma, come in tutte le prove, abbiamo trovato anche dei limiti.

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Uno su tutti il prezzo: la Across della nostra prova costa quasi 60.000 euro. È vero che con gli incentivi e gli sconti dei concessionari il prezzo può scendere di oltre 10.000 euro. Ed è altrettanto vero che con le formula di noleggio o finanziamento diventa tutto molto più fattibile. Bisogna anche considerare che viaggiare in elettrico puro è super conveniente rispetto alla benzina.

Ricaricando quotidianamente a casa propria si avrebbero a disposizione 80 km di percorrenza a prezzo stracciato (3 euro contro i 7,5 euro che servirebbero viaggiando a benzina per coprire la medesima distanza). Ma la cifra d’acquisto rimane comunque importante e non così accessibile per un grande pubblico. Insomma il dibattito rimane più aperto che mai. L’importante è alimentarlo con i fatti e in maniera costruttiva. E non affrontarlo dietro le barricate di un pensiero preconfezionato.

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