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Perché la gente in provincia
si veste di mer*a?

  • di Ray Banhoff Ray Banhoff

13 agosto 2020

Perché la gente in provincia si veste di mer*a?
Eravamo il Paese dello stile e lo abbiamo barattato con capannoni, infradito e pinocchietti. Tutte le province sono uguali, tutte devastate da uomini in ciabatte contromano in bicicletta. La globalizzazione ha dato a tutti la possibilità di vestirsi con venti euro, il risultato è questo disastro. Ma non è un caso: è un atto politico, uno scissionismo silenzioso, una tecnica per spaventare i forestieri e ricordare loro che, su quel territorio, a nessuno importa di cosa succede in città

di Ray Banhoff Ray Banhoff

Un morbo silenzioso attraversa la provincia italiana: la perdita di gusto. Eravamo il Paese dello stile, del bello, avevamo quel patrimonio di “italianità” e lo abbiamo barattato in cambio di: capannoni, infradito e pinocchietti. Abbandonata Milano ormai sono avvezzo a girare le province toscane, tutte uguali, devastate da uomini in ciabatte contromano in bicicletta.

Non lo dico da fighetto modaiolo, ma quando vago per questi paesini realizzo una cosa: sono tutti vestiti di merda. Tutti. Non se ne salva uno. 

Non credo che qui la gente si vesta male solo per una questione di gusti, credo sia più l’effetto di una una rivolta silenziosa. Il motivo è che vivere in provincia vuol dire in qualche modo essere nascosti dall’occhio dei grandi eventi che succedono nelle città e dà alle persone quella strana euforia di sentirsi esenti da ogni confronto. Non c’è lo stress di dover essere fighi, piacevoli e neppure il confronto con i modelli e le modelle che camminano in centro a Firenze. E quindi ecco che la gente deborda... Più piccolo è il paesino e più è facile trovare uomini in ciabatte al bar. Tanto è il bar sotto casa, si conoscono tutti, non c’è da vergognarsi. Che male c’è? C’è che è orrendo! Fino a qualche tempo fa eravamo il paese dello Stile, adesso sembra che la gente si vesta solo per coprire la nudità, senza esprimere nessun tipo di preferenza tra un capo e un altro, considerandolo anzi un vezzo per cui non hanno tempo, come se li rendesse inutilmente frivoli o boriosi. L’effetto è un plotone di persone con abiti horror. 

turista passeggia a firenze

C’è un altro trigger che innesca questo circolo vizioso: l’ignoranza. Se tutti sono vestiti così, perché io dovrei essere diverso? In fin dei conti vuoi essere normale, accettato, mischiato agli altri. Essendo che il tuo paesino in cui sei nato e vissuto e dove stai attuando la tua strategia di ascesa è così, anche tu sarai così. Chi se ne frega di quello che c’è fuori? Fuori non conta niente.

Nel giro di pochi anni, hanno preso campo delle mode aberranti. Qui da me gli uomini hanno tutti il borsello. Tutti, anche i trentenni. E più ce l’hanno più pare si siano ingegnati a sceglierlo orrendo. Oppure, il must: gli zoccoli Crocs. Quei robi orrendi di gomma che rendono i piedi simili a pezzi di formaggio… prima imperavano giusto nell’ambiente ospedaliero adesso sono rintracciabili perfino sul luogo di lavoro, spacciati come casual. Altro must dell’abbigliamento di provincia: la t-shirt bianca con il logo della macelleria o il cappellino della ditta di vernici locale. Gadget ricevuti in omaggio per amicizie che diventano la divisa d’ordinanza dell’uomo rude, avvezzo al lavoro manovale, che conosce a memoria gli scaffali dell’OBI e magari ha il trattore, con cui si sposta sulla statale intasando il traffico. 

provinciali si vestono male mow

L’uomo di provincia deve stare comodo per guidare l’Ape 50 o la nuova Panda così indossa dei bei gilet da pescatore/fotografo pieni di utili tasche vuote e agghinda il bastone con un bel rosario in plastica sul manico. Dai benzinai verso Capannori si può comprare anche l’ormai comunissimo gilet catarifrangente da applicare agli scooter elettrici per anziani, mezzi originariamente pensati per le persone con handicap motori ma ormai sdoganati come ibrido tra la bicicletta e la micro auto, con cui si viaggia sulle statali, ignari di rischiare la vita.

Non è questione di essere nostalgici, ma prendi le foto di famiglia con i nonni e li trovi tutti con dei bei completi e il cappello, la cravatta. Erano poveri in canna ma ci tenevano ad avere almeno il vestito della domenica, quello buono per andare in piazza o in Chiesa. Il decoro era una cosa importante. Oggi il gusto dell’orrido è tollerato, quasi giustificato. La globalizzazione ha dato a tutti la possibilità di vestirsi con venti euro, il risultato è questo disastro. 

Ripeto: non può essere un caso, lo vedo come un atto politico, una sorta di scissionismo silenzioso. La gente da queste parti si sente dimenticata e vuole prendere le distanze da un Paese di cui legge solo sui quotidiani o sente parlare al telegiornale. Meglio vivere in ciabatte, uscire di casa così come ci viene, far spaventare in un certo senso i forestieri per ricordare loro che qui è il nostro territorio e facciamo come ci pare. Il risultato è che lo Stile italiano ormai è morto. Amen.

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