Oggi, 12 gennaio 2022, sono andato a Firenze per Pitti. Premetto che è sempre stata per me una occasione per lavorare, incontrare amici, competitor, clienti, ma in generale tante persone con cui da anni condivido gioie e dolori del mio e nostro lavoro. Con il solito entusiasmo, arrivo in Fortezza da Basso in tarda mattina, ma già dopo un viaggio da Milano Centrale diverso dai soliti viaggi. C’era silenzio, uno strano silenzio, un rumoroso silenzio dato dall’assenza di tutti quei coloriti e colorati personaggi che formano il sistema moda. Non c’erano influencer, giornalisti, agenti di rappresentanza, non c’erano i buyer e non c’erano tutti quelli che in Pitti da sempre vedevano occasioni per fare new business il giorno in fiera a livello formale e la sera ai party in modo più etilico e informale.
Controllato il Green pass, mi affibbiano il braccialetto rosso e sono dentro.
È qui che ho iniziato a capire: è diventata la fiera della depressione. Rimango immediatamente sconvolto dal naturale distanziamento sociale dato dal bassissimo numero di presenze all’evento, però mi faccio coraggio ed entro nel primo padiglione a me più familiare, quello dove solitamente c’erano i miei amici e i miei clienti, mi guardo intorno, pochi brand rilevanti e pochissime facce conosciute. Passo da uno stand all’altro incontrando un paio di amici che non perdono occasione per aumentare la mia dose depressiva. Si parla più che altro dì marchi che sono falliti in questi due anni e di quelli che falliranno da qui a breve. Racconto un po’ del mio periodo di merda, condiviso con tutti gli altri, e scappo via in cerca disperata di buone notizie o anche solo un po’ di good vibes.
Mi infilo nel padiglione centrale alla ricerca di persone che sapevo essere lì per grazia di Dio da qualche cliente masochista, ma ancora una volta non trovo nessuno se non qualche conoscente lungo la strada con cui fumare una sigaretta e continuare il percorso depressivo. Nella estenuante ricerca di facce conosciute felici, mi guardo intorno e vedo non più un sistema moda, non più la moda, ma solo produttori di vestiti fermi ad attendere che qualcuno si accorga di loro, dei loro prodotti che non hanno in realtà alcun motivo reale per essere messi in vendita e ancora peggio comprati.
Tutti brand che noi pubblicitari ormai navigati conosciamo bene, visto che non hanno alcuna intenzione di investire in promozioni sui media e in operazioni di marketing e comunicazione che non siano a brevissimo termine o che non garantiscano un alto tasso di conversione. Come se noi pubblicitari fossimo portatori di miracoli. Se fossi certo di ogni azione di marketing lo farei io il produttore di vestiti, mica lavorerei per te, o no? A parte le provocazioni, per i miracoli è meglio chiedere a Lourdes e anche lì non accadono spesso.
E così, riprendo in mano quel filo di buonumore rimasto e scappo dalla fiera. All’uscita, sarebbe stato consigliabile quest’anno distribuire degli antidepressivi. Pitti, non me lo dovevi fare… Mi hai sbattuto in faccia la dura realtà, che poi è lo specchio di quel che accade nel Paese. Già sapevo che il periodo era buio, ma così il rischio è che presto scoppi tutto lasciando solo macerie. Vabbè, speriamo nel prossimo anno. Ora mi prendo il mio Xanax e provo a dormire, sperando di fare sogni migliori.