Da quando sono diventato saggio evito accuratamente le vie del centro soprattutto il week end. Il fato però ha voluto che sabato scorso mi trovassi in Duomo per una commissione da Apple. Appena imbocco la galleria per entrare in Piazza liberty (sede del negozio Apple a Milano), vedo una Cagiva 125 Elefant praticamente nuova dopo pochi passi, davanti a miei occhi, un nugolo di Moncler indossati da umani sulla cinquantina - anche qualche ragazzino a dire il vero -, poi un trionfo di Timberland, guanti da spazzino e anche qualche borsa consommé della mitica Naj-Oleari. Non ero ad un raduno cosplayer, ero nel bel mezzo di un raduno Paninaro. Solo dopo ho scoperto che questa kermesse si consuma da tre anni a questa parte. A pochi passi dallo spensierato raduno pressavano i cordoni dei celerini per via delle manifestazioni non autorizzate no vax, devo ammettere che il contrappunto ha minato pesantemente la mia già precaria stabilità emotiva. Per capire a fondo il fenomeno dei paninari bisogna tornare indietro nel tempo.
Era finito da poco l’incubo delle stragi di Stato e l'Italia entrava in una crisi di valori che ci ha portati alla schizofrenia collettiva di oggi. Negli anni ‘80 i prodotti e le merci scarseggiavano nel paese, erano gli anni del Drive In e dell’edonismo reaganiano che come uno tsunami ha raso al suolo qualsiasi tipo di identità culturale a favore - per riassumere - prima dei centri commerciali, poi di Instagram e infine di Amazon.
Tre tragici passaggi che non sono certo l'oggetto di questa riflessione ma che sono da tenere ben a mente per capire il fenomeno dei “panozzi”. Insomma, nel contesto sopracitato i giovani - noi giovani - avevano appena incominciato a identificarsi come gruppo anche ideologico con il volano dell’abbigliamento. Per intenderci bene, i Paninari erano dei nostalgici, dei fascistelli che sullo zaino dell’Invicta disegnavano a mano la celtica del famoso “fronte della gioventù”. Tutta questa situazione mi ha fatto pensare che nella totale instabilità di questi tempi ricordare, rivivere certe situazioni è una sorta di fenomeno catartico e anche di rivendicazione politica e sociale.
È inquietante pensare che esiste ancora qualcuno che guarda a quella moda che poi è diventata un fenomenosociale giovanile come a un periodo aureo e di spensieratezza. La spensieratezza era un'esclusiva di chi aveva i soldi o di chi faceva finta di averli, infatti i paninari erano prevalentemente i figli degli operai, noi figli di intellettuali facevamo i finti poveri alle manifestazioni della sinistra antagonista.
In Italia non c’era nulla, poche merci, musica pessima e l’ombra oscura di un Governo nel quale la Democrazia Cristiana muoveva le sorti del paese. Insomma, gli anni ’80 sono stati mistificati da coloro che non vi hanno preso minimamente parte. La moda ha contribuito a questa mistificazione, i grandi brand hanno remixato quello stile, purtroppo la merda è rimestata sempre merda con buona pace dei miei coetanei “Galli di Dio”.