La storia è questa. Il 23 giugno alle 8:12 del mattino, un social media manager si sveglia e sa che deve correre più veloce del popolo della rete che è già sul pezzo dello scroll agonistico.
Probabilmente il nostro povero eroe è in ritardo di 12 minuti sulla tabella di marcia: deve postare qualcosa sull’account Twitter di RTL 102.5 e, forse reduce da un sogno erotico o da una polluzione notturna che ha spento la sveglia, cerca su Google una citazione sulla seduzione.
Compare Francoise Sagan, scrittrice e drammaturga francese che raggiunse la fama negli anni 50 del secolo scorso. Un personaggio tormentato e controverso, sopra le righe - dice Wikipedia. Una vita intensa e piena di passioni turbolente, come quella per la morfina e l’alta velocità (a quanto pare la scrittrice ebbe un terribile incidente automobilistico con la sua Aston Martin e per lenire i dolori si avvicinò agli oppiacei, che non abbandonò mai più). Ne pubblica una frase: “Un vestito non ha senso a meno che non ispiri gli uomini a togliertelo di dosso”.
Apriti cielo, piovono cinguettii al vetriolo. “Grazie uomo random per la tua opinione. La brucerò insieme al patriarcato”. “Gli uomini dovrebbero tenere il cazzo nei pantaloni e le cazzate in bocca”: moltissime gif (piene di parolacce e, manco a dirlo, “cazzo” è la più invocata di tutte), meme, direct per Tiziano Ferro (“Non ci posso credere che tu abbia intervistato Lady Gaga per la stessa radio!”), intellettuali sul piede di guerra (“Considerazioni antistoriche, che già nel secolo scorso erano buone solo per pulirsi il culo!”). Tutti all’unanimità danno per scontato che l’artefice della pubblicazione sia un uomo. Ma se fosse una donna?
Chiudiamo l’antefatto con un bel punto interrogativo, uno di quelli che dovrebbe aiutarci più tardi a recuperare il trigger point della trama. Straordinariamente infatti, siamo solo all’inizio di una ordinaria storia di odio social che si propaga in rete da oltre 48 ore, rincalzata giorno per giorno dagli interventi di chi non può proprio evitare di dire la propria.
Mercoledì 24 giugno, Non Stop News su RTL. Raffaele Morelli, ospite fisso del programma, è invitato a commentare la valanga di messaggi offensivi ricevuti in risposta al tweet dello scandalo. Il cielo si apre nuovamente, anzi si frantuma in pezzi sempre più piccoli. Lo psichiatra inizia così a parlare di seduzione e sessualità e, pericolosamente, azzarda un’identificazione tra la donna e il femminile che manda in bestia tutti: etero, omo, bi, LBGTQIAPK, femministe, machisti, scapoli e ammogliati.
Il femminile è la base di ogni donna, è energia creatrice che eleva e trasmuta. “La potenza dell’eros è questa. Se gli uomini ti guardano ti desiderano sarai un’avvocato migliore (no, l’apostrofo non è un errore n.d.r.), un magistrato migliore, una professoressa migliore”.
“Vale anche per gli uomini, immagino” dice la conduttrice, cercando di riportare al centro una palla che rotola inarrestabile verso il fuori gioco. E il povero Morelli si imbarca in un complicatissimo discorso sul principio maschile e femminile che costituisce l’unitarietà dell’essere umano (le due metà della mela di Platone, per intenderci), su un gap di genere irriducibile per definizione biologica e struttura psichica, cercando di stare nel timeframe del fischio dell’arbitro. Mission impossible, miseramente fallita.
Ed è qui che entra in scena Michela Murgia in versione Danaerys Targarian - Signora dei Sette Regni del femminismo, tagliente e icastica, che dai microfoni di Radio Capital, con la sua straordinaria abilità a lavorare le parole come fosse un’operazione di taglio e cucito della migliore sartoria linguistica, distrugge la psycho-star.
“Professore, in queste ore si sta molto discutendo di una frase che lei ha detto in una radio, secondo la quale le donne sono regine della forma, suscitano il desiderio; e guai se non fosse così. Cito testualmente. Lei ha detto: “Se una donna esce di casa e gli uomini non le mettono gli occhi addosso, deve preoccuparsi”. Che cosa intende esattamente?”
“Il contesto è più ampio”, argomenta Morelli. “Se lei prende una frase e ..”. Cut di Michela Murgia: “Cito per esteso. Lei dice: ‘Puoi fare l’avvocato o il magistrato e ottenere tutto il successo che vuoi ma il femminile in una donna è la base su cui avviene il processo. Il femminile è il luogo che trasmette il desiderio. Se le donne non si sentono a proprio agio con il proprio vestito, tornano a casa a cambiarselo. Noi uomini siamo più unilaterali, la donna invece è la regina della forma. Le donne suscitano il desiderio e guai se non fosse così’. È sufficiente questo come contesto?”, chiede la Distruttrice delle catene del patriarcato.
“Il femminile è la radice”, azzarda Morelli. Si, ma la radice di che? È la donna che germoglia dal femminile, o il femminile che per gemmazione emerge dalla donna? Il dibattito rotola via, diventa una valanga informe.
Cari uomini, care donne e cari TUTTU (la U finale, a quanto mi risulta da recenti scambi con esperti di comunicazione di genere e sessismo linguistico, è la nuova frontiera del politically correct, certamente più pronunciabile dell’asterisco). Preparatevi a farmi male, perché sto per fare qualcosa che nessuna donna farebbe: difendere un uomo che ha straparlato. Il femminile esiste, ci forma e ci condiziona sin dalla nascita. È un costrutto culturale ma è anche una predisposizione genetica. Come dice Morelli, “i codici del femminile sono codici antichissimi”; e, a sua discolpa, vi consiglierei di leggere “Donne che corrono coi lupi” (1992) di Clarissa Pinkola Estés, un’analista con un dottorato in etnologia e psicologia clinica che ha scritto un libro meraviglioso sull’archetipo della Donna Selvaggia, ovvero la natura tipica e fondamentale delle donne, tacita, presciente e viscerale che tra le cantadoras (streghe? maghe? santone?) è detta la natura saggia e sapiente. L’essenza di un femminile che è stato sì, oggetto di espropiazione e riappropriazione indebita, che è stato storicamente castrato, mortificato, piegato agli interessi della classe dominante - che come noto è bianca, eterosessuale e portatrice di fallo come vessillo di potere - ma che è comunque vivo e vitale. “La natura selvaggia porta tutto ciò di cui una donna ha bisogno per essere e per sapere, è nel contempo veicolo e destinazione. Riunirsi a lei significa fissare il territorio, trovare il proprio branco, stare con sicurezza e orgoglio nel proprio corpo indipendentemente dai suoi doni e dai suoi limiti. [..] È intuitiva, tipica e normativa. È assolutamente fondamentale per la salute mentale e dell’anima delle donne”.
Chiamatela sorellanza, chiamatela essenza, chiamatela femminismo se sentite il bisogno di inquadrare un principio che dovrebbe ispirare la quotidianeità di ogni donna nelle gabbie riduttive di una corrente ideologia. In ogni caso, è sempre la stessa storia: il personale è politico (vedi Carol Hanisch, teorica del femminismo radicale) e se è vero che le donne non vogliono essere considerate solo forma e non possono essere apprezzate solo per la forma che riescono a dare ai biscotti o ai loro capelli (e comunque, grazie Sig. Dyson!), è altrettanto vero che la dinamica tra i sessi è insita nell’evoluzione della specie. Uomini e donne hanno un diverso modo di vedere, di pensare, di desiderare, di amare, di curare. Mi chiedo solo perché debba essere tutto così pesante, ammantato di una retorica che opacizza la percezione più di una cataratta su un cristallino stanco.
Le leggi della natura autorizzano donne e uomini a prosperare, a trovare il modo di esprimere il proprio corpo, a fare scelte per la propria indipendenza e autonomia. Vivere secondo natura non significa dunque sottomettersi alla logica delle predazione o abbandonarsi a biechi istinti, bensì dotarsi di un osservatore interno, ben consapevole del fatto che un paio di cromosomi ci separano dai primati.
Nel 1967 - quando i movimenti per l’emancipazione femminile e la libertà sessuale erano prossimi al punto di bollitura -, lo zoologo Desmond Morris scrive il libro cult “La scimmia nuda”. Il libro parte con un disclaimer: “Esistono 193 specie viventi di scimmie, di queste 192 sono coperte di pelo. L’eccezione è costituita da uno scimmione nudo, che si è autochiamato Homo Sapiens. Questa razza eccezionale ed estremamente capace di trascorrere molto tempo ad esaminare i suoi moventi più nobili ed altrettanto ad ignorare accuratamente quelli fondamentali. [..] Sotto quale particolare aspetto egli è unico, e in che modo le sue singolarità sono in rapporto con la sua speciale storia evolutiva?”. A partire da questa premessa, inizia il viaggio dello studioso nell’esplorazione del dato di natura (lo stesso che regola l’eccitazione sessuale, il mating, l’attaccamento alla prole, le strategie di parenting e i vari meccanismi di coping adattativo).
Il capitolo 2, “Abitudini sessuali” è il più pertinente al discorso che stiamo affrontando. Inizia così: “Da un punto di vista sessuale, lo scimmione nudo oggi si trova in una situazione alquanto confusa. Come primate viene spinto in un senso, come carnivoro per adozione in un altro e come membro di una comunità dalla civiltà complicata in un altro ancora”.
Come a dire che ci barcameniamo come funamboli tra l’impulso a viver come bestie che rispondono al desiderio con automatismi di vario genere, e l’esigenza di applicare principi indispensabili all’essere parte di una comunità che ha affrontato un certo percorso di evoluzione del pensiero. In sostanza Morris, con lo sguardo asettico e disincantato dello scienziato, vorrebbe aiutarci a riflettere sul fatto che moltissime delle strategie che mettiamo in atto nei rapporti interpersonali di natura erotica e sessuale, si portano un dietro un retaggio di comportamenti ancestrali, dove la femmina - attraverso l’esibizione dei caratteri sessuali secondari - seduce il maschio, che risponde in maniera lineare allo stimolo per soddisfare un obiettivo comune: la propagazione della specie.
È forse a questo universo di nozioni, ciò a cui faceva riferimento Morelli invitando le donne a portarsi sempre dietro la propria femminilità? Non lo sappiamo con certezza ma l’impressione è che in quelle parole ci possa essere, in realtà, soltanto un goffo tentativo di sintetizzare un certo tipo di approccio alla decodifica del rapporto tra i sessi.
Ora, parlando di accoppiamenti tra scimmie, non vorrei che qualcuno si fosse offeso. Non è mia intenzione degradare la razza umana, tantomeno giustificare le ordinarie mancanze di rispetto tra esemplari della stessa specie, ma credo che questo modo di affrontare il problema possa gettare una luce nuova su questioni ombrose. Tipo il sesso. Quando ci mettiamo a questionare di argomenti complessi guardando la realtà attraverso un monocolo, produciamo solo confusione. Gente che si parla addosso e scimmioni che come in “2001 Odissea nello Spazio” si attaccano a un monolite come strumento unico di conoscenza.
Ecco quello che penso del dibattito Morelli-Murgia: che palle! Il sessismo - o ciò che definiamo tale - è solo questione di ignoranza. Invece di proiettare falsi problemi sui nostri figli e trovare soluzioni illusorie - tipo dare le bambole ai maschietti e le macchinine alle femminucce - insegniamo loro a leggere, riempiamo la casa di libri e cresceremo delle persone migliori. E noi con loro.