Nessuno può dire davvero con certezza cosa sono e come si formano gli enormi crateri che continuano a comparire nel bel mezzo della tundra siberiana.
L’ultimo in ordine temporale sembra quello dalle dimensioni più imponenti, e potrebbe finire nella top ten dei buchi più paurosi del mondo. Profondo 40 metri e largo almeno 20, è stato individuato per la prima volta da una troupe televisiva russa che sorvolava la zona quest’estate.
Passata la palla in mano agli scienziati, sono comunque rimaste molto poche le certezze sul cratere e soprattutto sulla sua formazione. Si tratta del nono avvistato nella Regione dal 2013, e le teorie che si sono susseguite includono l’impatto di meteoriti, l’atterraggio di UFO e il crollo di un deposito militare sotterraneo segreto.
Ma ad oggi la tesi scientifica più plausibile parla di un accumulo esplosivo di gas metano, risultato del riscaldamento delle temperature nella Regione.
Crateri enormi in Siberia: meteoriti, UFO o riscaldamento globale?
Nell'agosto 2020, il RAS Institute of Oil and Gas Problems, supportato dalle autorità locali di Yamal, ha condotto un’importante spedizione al nuovo cratere. I ricercatori di Skoltech, che facevano parte delle fasi finali di quell’incarico, hanno spiegato alla CNN che non esiste un’unica teoria accettata sulla formazione di “questi complessi fenomeni”.
Secondo Evgeny Chuvilin, capo ricercatore, è possibile che i crateri impieghino anni a formarsi, ma è difficile emettere stime su date e numeri. Visto che di solito compaiono in aree disabitate e in gran parte incontaminate dell'Artico, spesso non c'è nessuno che li veda e che possa riferire con tempestività.
Malgrado non ci siano certezze sui meccanismi, l’indiziato principale resta il permafrost, che ammonta a due terzi del territorio russo. Si tratta di un enorme serbatoio naturale di metano, gas serra sulla quale le recenti estati calde della Regione potrebbero aver avuto un effetto di portata considerevole.
“Queste emissioni di metano contribuiscono anche alle crescenti concentrazioni di gas serra nell'atmosfera, e il cambiamento climatico stesso potrebbe essere un fattore nell'aumento del rischio di esplosioni. Ma è ancora qualcosa che deve essere studiato”, ha spiegato Chuvilin.
Dentro al cratere misterioso
Chuvilin e il suo team sono tra i pochi scienziati scesi all'interno di uno di questi crateri, per indagare su come si è formato e da dove proviene il gas che potrebbe contribuirne alla nascita. L'accesso ai crateri deve essere effettuato con attrezzatura da arrampicata e il lasso temporale in cui è possibile farlo è limitato: si trasformano in laghi entro due anni dalla formazione.
Gli scienziati hanno prelevato campioni di terreno, rocce e ghiaccio dal bordo di un cratere conosciuto col nome di Erkuta, nel 2017.
Lo studio che ne è seguito ha mostrato che i gas, principalmente metano, possono accumularsi negli strati superiori del permafrost da più fonti, sia dagli strati profondi della Terra che da quelli più vicini alla superficie. L'accumulo di questi gas può creare una pressione abbastanza forte da esplodere attraverso gli strati superiori del terreno ghiacciato, disperdendo terra e rocce e dando vita al cratere.
Nello studio su Erkuta, il modello delineato dagli scienziati suggerisce la formazione di una sorta di vulcano di ghiaccio, fenomeno che assume la denominazione geologica di criovulcanismo.
Il criovulcanismo è un processo molto poco studiato e descritto nella criosfera, un’esplosione che coinvolge rocce, ghiaccio, acqua e gas e che può lasciare dietro di sé un cratere. È una potenziale minaccia per l'attività umana nell'Artico e non c’è ancora nessuna chiarezza circa i modi in cui i gas, in particolare il metano, si accumulano negli strati superiori del permafrost, e quali condizioni possano causare una situazione così estrema come quanto si sta osservando nel corso degli ultimi anni nella tundra siberiana.