Trevor Milton, fondatore e ex CEO di Nikola, l’aveva detto: “Siamo pronti. Il mondo sta guardando con interesse a piattaforme a zero emissioni e noi siamo leader per i veicoli pesanti. Crediamo di avere un modello di business differenziato basato sull’economia, non sui sussidi statali. Ora dobbiamo raddoppiare e accelerare i tempi e arrivare sul mercato”. Quel giorno è arrivato. Oggi i tir elettrici e a idrogeno di Nikola Corporation sbarcheranno in borsa, a New York. Mercato tecnologico Nasdaq, ovviamente. Obiettivo: 700 milioni di Dollari. Per l’intera operazione c’è l’ok di Iveco, e quindi del gruppo FCA, che sarà partener per l’Europa di Nikola. Ma, attenzione, c’è l’ostacolo Elon Musk, con il padre di Tesla che ha già annunciato battaglia al possibile concorrente, accusandolo di plagio.
Ora – prima ancora di domandarci se la battaglia legale tra due società che fanno camion futuristici si combatterà con magistrati armati di martelletto laser, toghe in fibra di carbonio e sentenze in 8D – proviamo a capire perché “Nikola va in Borsa a New York” non è una frase da “cerca l’errore sulla Settimana Enigmistica”. Ma una roba che sta facendo parlare la stampa di mezzo mondo.
Ma che minch*a è Nikola?
È una startup che ha sede a Phoenix e che ormai da qualche tempo punta sullo sviluppo di mezzi da trasporto pesante a idrogeno, nonché sull’istituzione di una fitta rete per il rifornimento. Ricerca e innovazione il core business, ma anche scoperta. L’azienda, infatti, ha messo a punto, o almeno così dichiara, anche una super batteria che consente di superare i limiti dei mezzi elettrici in termini di autonomia e leggerezza. Una tecnologia, questa, che subito è stata applicata anche ai tir ai quali si stava lavorando per l’idrogeno. Un doppio binario di sviluppo, quindi, con la necessità di investimenti da Prodotto Interno Lordo di una nazione intera.
Perché la quotazione in borsa?
Perché servono 700 milioni di Dollari. E anche in fretta, così da poter portare avanti sia lo sviluppo nel settore elettrico, sia quello nel settore dell’idrogeno, che prevede anche la creazione di una rete di impianti di rifornimento. Altrettanti ne sono già stati investiti, attraverso una campagna che ha visto la startup di Phoenix stringere una serie di accordi commerciali anche con importanti colossi europei, portando la sua quotazione a oltre 3 miliardi di Dollari. Il fatto che i nuovi fondi serviranno in fretta, però, è dimostrato dalla scelta delle modalità d’approdo in borsa. Sfruttando, cioè, la fusione con una società più piccola, la VectoIQ, già quotata, che ha consentito, di fatto, una drastica riduzione dei tempi di accesso alle porte di Wall Street. Porte che per Nikola si apriranno oggi (giovedì 4 giugno 2020). Trevor Milton, nel frattempo, ha lasciato l’incarico di CEO per assumere quello di presidente esecutivo dopo la fusione.
Movimenti da lupi a Wall Street o c'è concretezza?
Nikola Corporation ha già avuto ordini per circa 10 miliardi di Dollari, in particolare per quanto riguarda la produzione di Tir alimentati con idrogeno. C’è più che concretezza, quindi, con la società che ha individuato un altro stabilimento di produzione, in Germania, per i camion elettrici destinati al mercato europeo, e un altro ancora negli USA, sempre in Arizona, per la produzione di tir sia elettrici che a idrogeno. Anche il Coronavirus non è riuscito a fermare i piani di sviluppo di Nikola, con la startup di Phoenix che ha comunque bruciato le tappe forte della certezza di una clientela già acquisita. Senza temere, quindi, gli effetti della crisi mondiale che si prospetta e consapevole dell’interesse con cui tutto il mondo guarda alle realtà green. L’obiettivo, sfacciatamente dichiarato, è quello di imporsi con i propri camion elettrici e a idrogeno sul mercato esattamente come Tesla ha fatto per le automobili. Le previsioni parlano chiaro: 7000 camion elettrici e 5000 a idrogeno entro il 2024, con una stima di ricavi per quasi 4 miliardi di Dollari.
Perché Elon Musk si è arrabbiato?
Perché i concorrenti non piacciono a nessuno. Men che meno se sembra che ti prendano per i fondelli. Nel caso qualcuno non lo ricordi, infatti, Nikola è proprio il nome di battesimo di quel Tesla a cui si deve l'origine del brand riconducibile a Musk. E anche il core business è lo stesso: mobilità elettrica. Le due aziende, inoltre, stanno lavorando su progetti analoghi e si scambiano da tempo accuse di "plagio", conseguenti alla violazione di alcuni brevetti che si sarebbe resa possibile grazie a una attività di spionaggio industriale degna di un film. Nello specifico si tratterebbe di questioni di design, con i rendering di alcuni progetti che risulterebbero copiati da Nikola, ai danni di Tesla. Una accusa incrociata, però, visto che già nel 2018 era stata la prima a denunciare Tesla, per una faccenda analoga. A stabilire torti e ragioni sarà una battaglia legale che si annuncia già da adesso lunga e serrata, con in ballo cifre da capogiro.
In attesa dell’esordio in borsa di Nikola, dell’avvio a pieno regime della produzione e dell’esito della battaglia legale con Tesla, prepariamoci, quindi, a vedere sulle nostre strade una nuova generazione di bisonti green, tutti chilometri, ambiente, fiorellini e lavoro ecocompatibile, con una domanda che, a questo punto, diventa inevitabile: anche i camionisti cambieranno di conseguenza? Chissà come saranno i calendari appesi alle loro spalle, nel 2024.