Adesso, subito. Quando nessuno lo fa più. L’importante è piantare sempre e comunque la propria bandiera
A Oriana Fallaci non è mai servita una statua, il monumento era lei. Ma se ne avesse una - magari importante come quella di Montanelli in Porta Venezia - probabilmente sarebbe già stata abbattuta al grido di “Fallaci fascista, Fallaci razzista”.
E questa non vuole essere una difesa aprioirsitica delle sue idee spesso contraddittorie e discutibili, anche se, dopo il caso Cremonini-colf, credo di aver raggiunto il livello di saturazione del politically correct per questo mese - per ulteriori polemiche ci risentiamo il mese prossimo.
Oggi, però, ricorre l'anniversario della sua scomparsa e per noi di MOW, la Fallaci merita senza dubbio di essere ricordata. Il perché è presto detto: Oriana Fallaci è la donna che più di ogni altra, nel nostro Paese, ha saputo rivoluzionare un mestiere (quello della giornalista), abbattendo pregiudizi e sfidando chiunque andasse contro una moralità che per lei valeva più del successo e forse più del suo stesso istinto di conservazione.
Oriana Fallaci amava profondamente il suo lavoro, l’ha amato fino alla fine e, nonostante quell’orgoglio spiccatissimo che l’ha sempre accompagnata, non ha mai avuto paura di ritrattare le sue posizioni.
In un mondo in cui ormai sembra non si possa dire più nulla, in cui nessuno pianta una bandiera, io vorrei ci fosse Oriana Fallaci a dire che il femminismo non è smettere i farsi la ceretta sotto le ascelle ma è strapparsi lo chador davanti a un fondamentalista islamico per dare voce a chi non ce l’ha. Che l’amore quando arriva colpisce anche i più cinici, che quando si puntano i piedi si può davvero fare ciò che si vuole (anche andare sulla luna, magari nella tasca di Pete Conrad come successe a lei), che essere donna è una sfida assoluta, stupenda, e che le quote rosa non c’entrano proprio un bel niente.
Una sigaretta sempre accesa, la macchina da scrivere, le trecce, la tenuta da guerra. Oriana è l’immagine di un femminismo che un po’ ci spaventa. Quel “mica tutte vogliono essere principesse” con cui ci riempiamo la bocca ma che poi nel concreto si trasforma in un eterno impuntarsi su dei dettagli assurdi, delle banalità colossali, dei pregiudizi al contrario che odierebbe anche lei, la femminista più femminista a cui riesco a pensare.
In uno scatto con Fellini, lui la sta sollevando, a testa in giù. In un altro le tiene i capelli e la guarda, come prima di un bacio. Quella foto oggi parlerebbe chiaro: o Fellini era un maniaco o lei era una poco di buono
Che poi a me la Fallaci piace perché in una vita ne ha vissute così tante da perdere il conto. È nata nelle tempeste del fascismo, bambina eroica nelle staffette partigiane. Poi è diventata giornalista, inviata, scrittrice. Andò ovunque e intervistò chiunque. Fate un nome, pensate a qualcuno, beh Oriana Fallaci l’ha sicuramente intervistato. E se non bastassero le magistrali pagine che ne sono figlie, allora guardate le fotografie di una donna che per tutta la vita è stata superlativo assoluto, mai niente di meno.
Eccola lì, piccola piccola, seduta su un divanetto a fiori accanto a un gigantesco Alfred Hitchcock. Poi Totò che la guarda, alzando le mani, e ancora eccola di sbieco che spunta appena accanto a Frank Capra. In una fotografia sorride, mentre Paul Newman si versa da bere e con la stessa mano tiene una sigaretta. Poi Sean Connery, Charlie Chaplin, Barbra Streisand.
Le mie preferite però sono quelle con Federico Fellini: in uno scatto la sta sollevando, lui di spalle, lei a testa in giù. In un altro le tiene i capelli e la guarda, come prima di un bacio. Mi chiedo che cosa direbbero di una giornalista se oggi facesse così. Mi chiedo che cosa direbbero di Federico Fellini. Moralismo da quattro soldi e una valanga di critiche. Chissene frega se il risultato di quella intervista è un pezzetto dorato della storia del nostro giornalismo. Quella foto oggi parlerebbe chiaro: o Fellini era un maniaco o lei era una poco di buono arrivista.
Guardo di nuovo questa fotografia e sotto sotto spero che non arrivi mai al vaglio di Twitter, di Facebook, alle mani di un revisionismo che sporcherebbe una delle mie fotografie preferite in assoluto.
Nelle mille vite di questo scrittore - non scrittrice ma scrittore, come piaceva a Oriana - poi arrivò la guerra. E un po' si cambiarono a vicenda. Il Vietnam, la politica internazionale, le grandi interviste. Il Messico - dove fu colpita - e poi Kissinger, Golda Meir, Gheddafi, Kennedy, il Dalai Lama e il grande sfregio all'ayatollah Khomeyni. Quello strappo del velo che mi ricorda di tanto in tanto la bellezza dell’essere donna. Il femminismo in un gesto, tutta l’essenza di Oriana Fallaci in una frazione di secondo.
Essere una donna forte poi mica significa assomigliare a tutti i costi a un uomo. L’amore totalizzante con Panagulis rimane uno dei tratti più belli della biografia di Oriana perché, come per ogni personaggio di un romanzo ben riuscito, regala dolcezza a una donna fatta di spigoli. Così come il racconto della sofferenza dell’aborto e poi la perdita stessa di Panagulis raccontata in Un uomo. L’ingiustizia della politica, della vita, dell’amore in un percorso che l’ha resa più umana e vicina a noi.
Il grande sfregio a Khomeyni: quello strappo del velo che mi ricorda di tanto in tanto la bellezza dell’essere donna. Il femminismo in un gesto, tutta l’essenza di Oriana Fallaci in una frazione di secondo
Poi di nuovo la guerra, le donne, l’Islam, New York, le Torri Gemelle. La rabbia e l’orgoglio - per i sentimenti che sono, mica per il titolo di un libro - il perdono, l’ascolto, la forza della ragione. La vecchiaia, le sue sigarette e la morte. Errori, scuse, di nuovo errori.
Riassumere qui i passaggi di una vita densissima come quella della Fallaci è impossibile. Come impossibile sarebbe cercare di difendere a spada tratta alcune posizioni che prese lungo il complicato percorso di una vita in cui vide di tutto, parlò con chiunque, cambiò mille e mille volte ancora.
Ma in un tempo in cui sembra non si possano più piantare bandiere, in cui quello che era buono è improvvisamente cattivo e in cui tutto si è trasformato in un campo minato, io pianterò la mia bandiera a favore di una donna straordinaria. Perchè se dovessi scegliere una cosa, solo una, che Oriana Fallaci ci ha lasciato è la forza di prendere una posizione. Giusta, sbagliata, contraddittoria, controcorrente o banalissima che sia. Ne nasceranno polemiche? Va bene così. Bisognerà cambiare idea? Meglio ancora. Adesso, subito. Quando nessuno lo fa più. L’importante è piantare sempre e comunque la propria bandiera. E, oggi, nessuno tocchi Oriana Fallaci.