La Treccani cambia il suo vocabolario online ed elimina ogni sinonimo dispregiativo legato alla parola “donna”. Quindi niente più “cagna” o “zoccola”, oppure “buona donna” (ricordate il famoso “figlio di…) o “serva”. Ma la vera notizia non è questo cambio di registro, ma che avvenga soltanto nel 2021 e neppure di sua spontanea volontà. La decisione è arrivata infatti dopo la pressione degli scorsi mesi grazie alle 100 firmatarie (tra cui Laura Boldrini, Michela Murgia, Imma Battaglia) della lettera inviata all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani che hanno convinto l’Istituto alla svolta. E non è stato facile neanche questa volta, visto che la Treccani in un primo momento si era opposta alla richiesta.
Le attiviste erano capitanate da Maria Beatrice Giovanardi, responsabile del team della campagna “Woman”, che ha tenuto duro e ha proseguito in questa battaglia legata al vocabolario. E così, la resa è giunta con questa nota esplicativa: «In numerose espressioni consolidate nell’uso si riflette un marchio misogino che, attraverso la lingua, una cultura plurisecolare maschilista, penetrata nel senso comune, ha impresso sulla concezione della donna. Il dizionario, registrando, a scopo di documentazione, anche tali forme ed espressioni, in quanto circolanti nella lingua parlata odierna o attestate nella tradizione letteraria, ne sottolinea sempre, congiuntamente, la caratterizzazione negativa o offensiva».
Ecco, quindi, cosa non leggeremo più associato al termine “donna” sulla nota enciclopedia online: “cagna” o “zoccola”, “buona donna” in senso dispregiativo, “puttana”, “zoccola”, “bagascia”, e varie espressioni tra cui “serva” o altri epiteti sessisti, che prima erano definiti eufemismi: “baiadera”, “bella di notte”, “cortigiana”, “donnina allegra”, “falena”, “lucciola”, “peripatetica”, “mondana”, “passeggiatrice” e molti altri. Al loro posto invece avanzano espressioni che fotografano un altro tipo di donna, valorizzando i traguardi intellettuali e sociali (come donna di lettere, di legge, di scienza e di Stato).
A sancire la cesura netta con il passato, ci ha pensato Valeria Della Valle, direttrice del vocabolario Treccani – forse non a caso “donna” - che ha spiegato: “L’operazione richiederà più tempo perché il lavoro di un dizionario è simile a quello del sarto, la voce ‘donna’ che contempla già espressioni relative ai diritti, all’emancipazione e ai movimenti di liberazione delle donne, ha bisogno di ritocchi che aggiungeranno frasi relative al ruolo professionale della donna».