Ci sono due fatti di cronaca giudiziaria che stanno facendo scalpore e c'è un nome che ricorre da protagonista di primo piano in entrambi: quello del procuratore di Roma Michele Prestipino. Prestipino che da un lato ha dovuto incassare la “bocciatura” da parte del Consiglio di Stato (che, confermando la precedente sentenza del Tar del Lazio, ha ribadito che la nomina dell’attuale capo dei pm della Capitale, decisa a maggioranza dal Cms poco più di un anno fa, è da considerarsi illegittima) e dall’altro ha coordinato il procedimento che ha portato a perquisizioni e sequestri in varie parti di Italia nei confronti di undici persone riguardo alle quali si ipotizzerebbero i reati di offesa all'onore e al prestigio del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Sergio Mattarella che è anche il presidente del Csm, Csm che sarà chiamato a riesaminare la pratica della nomina del procuratore di Roma e che potrebbe confermare (ma servirebbe una nuova motivazione) o meno in quel ruolo Prestipino.
C’è un collegamento tra le due vicende? O si tratta solo di una coincidenza, sia di persone che di tempi? Giulio Andreotti diceva che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, ma noi non abbiamo santi in paradiso e abbiamo una gran paura dell’inferno, soprattutto di quello in terra, e dunque ci guardiamo bene dal farlo e propendiamo assolutamente per la coincidenza.
Quel che è certo è che un nuovo evento destabilizzante è piombato sui già più che traballanti vertici della magistratura italiana: la sentenza del Consiglio di Stato (che avrebbe evidenziato problemi procedurali e nella valutazione dei curriculum) rimette in discussione un’importantissima poltrona giudiziaria (per determinare la quale si era già arrivati a una pesante spaccatura interna e a quanto riferito dal presidente della commissione antimafia Nicola Morra alla “separazione” tra gli oramai ex amici Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita) e apre una nuova partita (cioè una nuova battaglia) all’interno del Consiglio superiore della magistratura, già duramente provato dal caso Palamara e da quello della presunta loggia Ungheria.
Altrettanto certo è che l’operazione che ha portato alle perquisizioni tende a legittimare le crescenti preoccupazioni legate alla salvaguardia della libertà di espressione: tra gli indagati ci sono il professore universitario Marco Gervasoni e la sedicente “agitatrice culturale” e collaboratrice del Primato Nazionale Francesca Totolo, oltre ad altri evidentemente non noti al grande pubblico e dunque rimasti anonimi, come un cinquantottenne esercente di Arco, in Trentino.
“L'unico reato per cui sono indagato – ha detto Gervasoni all’Adnkronos – è vilipendio al presidente della Repubblica a mezzo social su Twitter. La cosa curiosa è che il mio profilo è pubblico, e tutti possono andare a vedere cosa ho scritto, quindi non so perché ci sia stato bisogno di cercare altre prove scaricando tutti i miei materiali e portando via due pc. I carabinieri del Ros sono stati molto corretti, gentili e attenti, ma è stata certo una sorpresa trovarmi gli uomini del reparto speciale, quelli che normalmente si occupano di Totò Riina e dei jihadisti, alla porta di casa. La mia è stata solo legittima critica politica. E se diventa vilipendio la critica politica allora vuol dire che siamo in regimi di altro tipo... Fa effetto. Peraltro, avevo 21 mila follower e l'account mi è stato sequestrato, in questo modo la mia libertà di espressione è stata fortemente limitata”.
“Mi accusano – il commento sempre all’Adnkronos di Francesca Totolo, che nel frattempo su Twitter ha aperto un secondo profilo – di tweet con commenti ingiuriosi contro Mattarella, non so ancora quali, perché non sono citati. Ma io sono sicura, so quello che ho scritto e non sono una pazza. Certo se pure chiedere elezioni democratiche è vilipendio...".
Sulla stessa linea anche il cinquantottenne trentino: “Si trattava di espressioni di critica politica – ha detto al quotidiano locale L’Adige – un po’ aspra magari, ma critica politica. Ho contestato e criticato l’operato politico del capo dello Stato in occasione delle crisi di governo che si sono verificate in questi anni e la decisione di non indire libere elezioni ma affidarsi a persone non elette dal popolo. Non offese e men che meno minacce. Sono sorpreso, amareggiato, vedersi arrivare a casa i carabinieri dei Ros alle sette di mattina non è sicuramente una cosa piacevole”.
A scanso di equivoci, sempre sia lodato il presidente Sergio Mattarella. E, che sia confermato procuratore o meno, sia lodato pure Michele Prestipino.