Sullo scandalo della loggia Ungheria è guerra tra gli ex amici ed ex colleghi in Csm Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita, ma soprattutto è guerra tra i vertici della magistratura, con possibili ripercussioni sull'intero sistema giudiziario italiano. In un'intervista a Piazzapulita su La7, Davigo, ex di “Mani pulite”, ha risposto ad alcune domande (ad altre meno) sul proprio coinvolgimento nella vicenda dei verbali recapitatigli dal pm di Milano Paolo Storari, verbali contenenti elementi in ogni caso clamorosi: o perché veri (in tal caso esisterebbe una loggia potentissima), o perché falsi (in tal caso cadrebbe la credibilità del teste chiave di vari procedimenti, l’avvocato Piero Amara). Nei verbali, come presunto membro della presunta loggia Ungheria, compare anche il nome di Ardita, che dopo aver ascoltato l’intervista in cui Davigo diceva che non si potevano seguire “le vie formali” – smentito anche dall’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo – ha telefonato inferocito in diretta a Corrado Formigli. In studio c’era Luca Palamara, ex segretario dell’Anm (il sindacato dei magistrati), ex membro del Csm e giudice radiato, le cui vicissitudini giudiziarie sono in qualche misura correlate sempre ad Amara. Se è tutt’altro che scontato la loggia Ungheria esista o comunque esista come descritta (un’accolita di magistrati, politici e imprenditori più potente della P2, con annessi pericoli per le istituzioni), è invece certo come ci sia una grave crisi ai livelli più alti della magistratura e del Csm.
Il primo a essere “interrogato” è stato Palamara: “Io oggi – le parole dell’ex segretario dell’Anm, protagonista del sistema di cui lui stesso parla nell’omonimo libro scritto con il direttore del Giornale Alessandro Sallusti – sono uno spettatore della vicenda, uno spettatore [che vuole] capire fino in fondo cosa contengono queste dichiarazioni e soprattutto capire se c’è stato o meno un doppiopesismo. In questa prima fase non voglio entrare nel merito di questa vicenda”. Ma aveva sentito parlare di questa loggia Ungheria? “Mai sentito, io non ho mai avuto rapporti con l’avvocato Amara se non per averlo visto una volta nella vita”. Amara è uno dei suoi accusatori per quel che riguarda l’ipotesi di corruzione.
“Amara – ha detto Formigli – parla, parla, parla e riempie verbali a Milano. A un certo punto il pm Storari, siccome non scattano indagini sul tipo, fa per conto suo, cioè dà a Davigo questi verbali. È normale che queste enormità che contengono i verbali non portino a delle indagini? Può succedere che Francesco Greco [procuratore di Milano] tenga lì quei verbali perché si rende conto che magari Amara è un avvelenatore di pozzi e che quindi questo materiale è bene vagliarlo fino in fondo prima di far partire le indagini, oppure dovrebbe essere il contrario?”.
“Ci sono quattro Procure che stanno indagando, per cui – la replica di Palamara – è chiaro che bisogna attendere. Però le dichiarazioni dell’avvocato Amara furono rese già a Roma nel 2018. Ci fu un magistrato, Stefano Fava, al quale venne revocato un fascicolo, fatto abbastanza clamoroso all’interno degli uffici di Procura, perché voleva chiedere una misura cautelare nei confronti dell’avvocato Amara. Com’è finito il dottor Fava? Trasferito per incompatibilità ambientale a Latina e messo sotto procedimento penale”.
Fava fece un esposto, non diede a un giudice del Csm il verbale: “Il dottor Fava – ha spiegato Palamara – in quell’occasione ebbe modo di confrontarsi con me, la strada che io suggerii era quella istituzionale, che prevede un esposto al Csm, all’ufficio di presidenza e alla prima commissione. Di quell’esposto non si è mai sentito parlare. Che fine ha fatto?”
“Non tiriamo in ballo servizi, Eni o altro, altrimenti – ha avvertito il vicedirettore di Domani Emanuele Fittipaldi – parliamo in libertà. Restiamo ai fatti. Dopo aver visto magistrati importantissimi che si attaccano dicendosi cose gravissime, secondo me a casa non sono felicissimi della situazione della magistratura italiana, dopo il caso Palamara, dopo la gestione folle della Procura milanese con Storari che dà i verbali a Davigo che poi li fa girare o comunque dà informazioni su quei verbali all’interno del Csm, qualcuno dice che lo sa anche il Quirinale. È tutto di una gravità inaudita che fa capire il livello basso a cui è arrivata la magistratura italiana. Ci vuole una riforma. Il problema è che ci sono partiti con gravi problemi giudiziari e secondo me in questo momento l’autonomia della magistratura è a serio rischio”.
La conclusione è toccata a Palamara: “Al di là del mio nome che spero di riuscire a riscattare, i problemi nascono sempre negli uffici della Procure della Repubblica. Purtroppo le Procure, anziché essere luoghi nei quali si esercita l’azione penale, rischiano di diventare delle roccaforti di potere. Questo è un tema che a mio avviso deve essere affrontato”.
Chiamato da Salvatore Gulisano, Amara ha detto: “Non posso parlare con i giornalisti, sono mortificato. E comunque devo informare i miei legali di ogni mia telefonata”. Se però non parla, parleranno gli altri a suo nome: “Lo comprendo, ma a mio avviso quello che conta sono gli elementi in mano all’autorità giudiziaria”. Se le dichiarazioni di Amara non fossero vere, incorrerebbe in nuovi reati. Le ha fatte con cognizione di causa? “Su questo – dice lui – non c’è dubbio, direi, non c’è dubbio”.
Quando Amara parla della loggia Ungheria a Milano siamo a fine 2019: “Per diversi mesi – racconta Gulisano – non accade nulla, e allora il pm Paolo Storari decide di fare di testa sua: ad aprile 2020 consegna in maniera irrituale a Piercamillo Davigo, allora membro del Csm, una copia dei verbali di Amara. Dice di averlo fatto in autotutela, per non essere accusato in futuro di inerzia. Verbali che arrivano poco dopo anche alla carta stampata. Il primo a riceverli è Il Fatto”.
“Il 29 ottobre scorso – spiega Massari – arriva un plico anonimo in redazione con dentro dei verbali. Viene smistato a me e mi rendo conto che quei verbali non sono firmati. Per chi segue la giudiziaria questo ha un significato chiaro, cioè sono usciti in maniera irregolare dalla disponibilità della Procura. Immediatamente prendiamo due decisioni: uno, non pubblicare, per non essere strumento di chiunque voglia usarci in quel momento e due, proteggere quell’indagine, perché se qualcuno sta indagando su una loggia massonica così potente è bene che sappia che la sua indagine è stata potenzialmente già distrutta. Vado alla Procura di Milano, porto questi verbali e denuncio tutto. A questo punto vedo i magistrati e i pm che stavano lavorando su questa indagine impallidire. Un mese dopo arriva un secondo invio al mio giornale, con un avviso: «Se non pubblicate lo daremo ad altri giornali». A quel punto mi convinco ancora di più che ci sia una manovra perché qualcuno scriva e scrivendo faccia saltare tutto. Mi ripresento in Procura, riconsegno tutto. L’ultima cosa che potevo immaginare era che quei verbali fossero sfuggiti al controllo del pm a cui li avevo consegnati, perché li ho consegnati al pm che li aveva dati al consigliere Davigo”. Cioè Storari. Davigo, ricevuti i verbali, li avrebbe tenuti nel suo studio al Csm. Avrebbe solo riferito dell’indagine ad alcuni colleghi del Consiglio: il vicepresidente David Ermini e Giovanni Salvi. Quel che sappiamo oggi dalle indagini è che il “corvo” che avrebbe rivelato dei verbali ai giornali sarebbe proprio l’allora segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto. Nei giorni scorsi il plenum del Csm si è riunito per la prima volta dopo lo scandalo: c’era il pm Ardita, che secondo i verbali di Amara farebbe parte della presunta loggia Ungheria, c’erano Ermini (che ha parlato di “voglia di riscatto da parte della magistratura”) e Salvi, che avrebbero avuto notizia dei verbali da Davigo, c’era Antonino Di Matteo, che ha detto di aver ricevuto anche lui copia dei documenti. Non c’era e non ci sarà più Piercamillo Davigo, che intanto è andato in pensione. Per Massari “adesso la partita non è comprendere se davvero è esistita questa loggia, anche perché se mai sia esistita sarà difficile accertarlo. Il punto è la credibilità di Amara, una persona che corrompeva i giudici e aggiustava sentenze: dobbiamo capire se lo faceva per conto proprio o per conto di chi. L’utilizzo di questi verbali porterà a dire se lui è credibile o non è credibile. Se non è credibile in assoluto, salteranno processi a catena in cui lui era ritenuto il testimone chiave”.
Dopo che Palamara ha detto tra le altre cose che “al Csm sono presenti giudici che erano presenti nelle mie chat, e nonostante questo giudicano”, è stata trasmessa l’intervista a Davigo.
In questo momento si sente sul banco degli imputati?
“Sono assolutamente abituato. Quando mi occupavo dell’indagine a tutti nota come «Mani pulite» – ha detto Davigo – venivo denunciato una volta alla settimana, ero arrivato ad avere 36 procedimenti penali aperti a mio carico in simultanea davanti alla Procura di Brescia, quindi non mi fa nessuna impressione”.
Da quello che sappiamo lei avrebbe ricevuto copia di questi verbali dal pm Storari in questo appartamento a Milano.
“Intanto non erano verbali. Erano copie Word di atti per supporto alla memoria, io gli atti originali non li ho mai visti. Mi ha segnalato una situazione critica e mi ha dato il materiale necessario per farmi un’opinione, dopo essersi accertato che fosse lecito. Io ho spiegato che il segreto investigativo per espressa circolare non è opponibile al Consiglio superiore”.
Quando ha ricevuto questi verbali cosa ha pensato?
“Che mi sembrava incomprensibile la mancata iscrizione. Non si possono fare atti di indagine se non si fa l’iscrizione. E quelle cose richiedevano indagini tempestive”.
Cosa pensa di Amara?
“Non l’ho mai incontrato, non ne ho idea”.
Dai verbali che ha avuto modo di leggere, emerge o una loggia che sembra più potente della P2 oppure un avvelenatore di pozzi di professione.
“Quale che sia l’ipotesi, bisognava fare le indagini tempestivamente”.
Ha mai pensato di suggerire a Storari di passare per le vie ufficiali, ossia di fare un esposto al Csm?
“Nel caso di specie non si potevano seguire le vie formali. La via formale più semplice era rivolgersi al procuratore generale. Il problema è che il procuratore generale non c’era: la sede è vacante. Qualunque strada formale avrebbe comportato il disvelamento di tutta la vicenda, quindi c’era la necessità di informare i componenti del comitato di presidenza, perché questo dicono le circolari, in maniera diretta e sicura”.
E questo è quello che ha fatto, informare Ermini e Salvi.
“Esattamente”.
Informando i vertici del Csm ha saputo che è stato informato anche il presidente della Repubblica?
“Di questo preferisco non parlare”.
Lei ne avrebbe parlato anche con altre persone all’interno del Csm?
“Preferisco non rispondere. Ho fatto cenno di alcuni fatti a qualcuno, ovviamente vincolandomi al segreto, per esigenze particolari connesse alle indicazioni che emergevano da quei fatti”.
Gigliotti, Marra e Pepe confermano di aver parlato con lei e di aver saputo dell’esistenza dei verbali.
“C’era l’esigenza di spiegare per quale ragione io avessi interrotto ogni rapporto con una persona”.
Stiamo parlando di Sebastiano Ardita.
“Preferisco non fare nomi. C’erano una serie di cose che imponevano cautela. Io posso anche essere convinto che uno sia estraneo, ma se in un verbale viene accusato di qualcosa io non glielo posso dire. Il problema è che quando uno ha delle dichiarazioni che riguardano persone che occupano posti istituzionali importanti, se sono vere è grave, ma se sono false è gravissimo, quindi in un caso e nell’altro bisogna fare le indagini tempestivamente per vedere se sono vere o se non lo sono. Per far le indagini bisogna iscrivere, bisogna aprire un procedimento, non si possono tenere per mesi le cose ferme”.
Quindi in questo caso la Procura di Milano con il procuratore Greco ha sbagliato?
“Non compete a me fare valutazioni di questo genere”.
Questa copia di verbali non ufficiale a un certo punto è arrivata ai giornali e a inviarla sarebbe stata la sua ex segretaria Contraffatto.
“Posso solo dire che nel caso sia stata lei mi ha sorpreso non poco perché l’avevo sempre considerata una persona totalmente affidabile”.
Quindi non l’ha fatto su spinta sua?
“È ovvio. Cioè, adesso… Che senso avrebbe fatto mantenere tutte le cautele per tenere segrete le indagini e poi diffonderle”.
Teme di poter essere indagato?
“Assolutamente no”.
Palamara ha parlato di un sistema che pilota e qualcuno ha detto che la sua estromissione dal Csm sarebbe stato un colpo del sistema che la vedeva come un corpo estraneo.
“Io proprio in un’intervista a Piazzapulita avevo detto che siccome sono cresciuto nel culto del rispetto delle istituzioni devo credere che tutti abbiano agito in scienza e coscienza e in buona fede. La mia opinione è che la norma imponesse la mia permanenza. Detto questo, hanno ritenuto diversamente. Ho anche scoperto che si sta molto meglio in pensione che là”.
Il Csm l’ha scaricata in un certo senso anche in questi giorni.
“Non capisco cosa avrei dovuto fare. La questione è che si dice che avrei dovuto formalizzare. Io ho ritenuto che formalizzando avrei fatto guai, però se mi fosse stato chiesto espressamente di farlo l’avrei fatto”.
È come se ci fosse un senso di vendetta: mettere sul banco degli imputati il giustizialista per eccellenza.
“Intanto la parola giustizialista non significa un bel niente: io ho sempre cercato di fare il mio dovere conformemente alla legge. Ho sempre detto che le regole di questo Paese non sono sempre le più adatte per ricostruire la verità storica”.
Ci sono un po’ di persone che hanno un po’ di sete di vendetta e cercano di farla apparire magari come…
“Finché lo fanno manifestando delle opinioni è lecito. Se lo fanno attribuendomi fatti non veri ne risponderanno davanti al giudice”.
Riassumendo, Storari avrebbe chiesto aiuto a Davigo perché l’indagine non partiva e Davigo allora ha portato i verbali ai vertici del Csm, i massimi vertici della magistratura, perché dice che facendo un esposto si sarebbe rischiata la divulgazione di queste carte. La cosa non convince Robledo: “Non mi convince per niente, in realtà. Piercamillo Davigo ha sempre avuto qualche soprannome, scherzosamente: da Piercavillo ad altri. A me stasera sembra di poterlo chiamare Pieranguillo, devo dire, perché sfugge in realtà ai problemi veri. Non è vero affatto che se avesse seguito le vie formali avrebbe disvelato, non è vero. Lo dimostro leggendo due righe della circolare che prevede i comportamenti, che è la stessa a cui faceva riferimento il nostro Pieranguillo. Al punto 4 di questa circolare, la 510 del 1994, si dice che «il pubblico ministero che procede deve dare immediata comunicazione al Consiglio con plico riservato al comitato di presidenza di tutte le notizie di reato e di tutti gli altri fatti che possono essere interesse del Consiglio». E questo le era, perché c’era un’ipotesi di prima commissione e quindi di trasferimenti di ufficio. In più l’ufficio procedente deve continuare a informare il Consiglio di tutto lo svolgimento delle indagini in corso. Quindi la questione era semplicissima. Avrebbe dovuto consigliare a Storari (persona peraltro che io conosco molto bene, un ragazzo molto intelligente, preparatissimo, grandissimo lavoratore, un po’ ingenuo direi: certo non può conoscere le circolari del Consiglio) riguardo a quelli che chiama documenti (ma è un’ipocrisia assoluta, sono i verbali, sono quelli, firma o non firma, glieli porta Storari, è inutile che ci nascondiamo dietro ai cavilli, non ha senso): caro Storari, non me li dare questi documenti, mettili in una busta chiusa, sali di un piano e dalli all’ufficio di presidenza [del Csm], come prevede la legge”.
Per Formigli “Davigo evidentemente prende sul serio questi verbali e vorrebbe che ci si attivasse al più presto con le indagini e pensa che ci sia un problema nella Procura di Milano”.
Per Robledo “che il problema sia la Procura di Milano è pacifico. Direi che Greco è il continuatore esatto di Bruti Liberati, in tutto e per tutto. Davigo ha giustificato questo suo comportamento dicendo che non ha seguito le vie formali per evitare la divulgazione, ma in verità ha fatto lui il divulgatore parlando con i singoli. Mi stupisce che abbia avuto tutta questa preoccupazione. Io sono d’accordo con Massari: [Amara] è un avvelenatore di pozzi. È molto intelligente, è molto bravo, conosce i segreti di Tizio, Caio e Sempronio, mette gli uni contro gli altri. La storia di Ungheria è ridicola. La storia la prima volta è una tragedia, questa è una farsa. Qui c’è semplicemente un faccendiere che cerca di recuperare ricatti e denunce per trarne un profitto personale. Perché non sono mai stati sequestrati a questo signore le decine e decine di milioni di euro pagatigli da Eni, sapendo bene dov’erano i conti? Perché è stata rimandata indietro una nave carica di petrolio iracheno e non è stata sequestrata? Tutti tendono a tenerselo buono”.
A quel punto è intervenuto Ardita. Per molto tempo amico, sodale, compagno di corrente di Davigo, col quale poi rompe i rapporti, Sebastiano Ardita, membro del Csm, compare nei verbali come membro affiliato o comunque vicino a questa loggia Ungheria.
“Al netto di quella che è una bufala clamorosa, una cosa che non si può veramente sentire, sono basito – ha detto Ardita – da quello che ho sentito. Ho sentito [da Davigo] espressioni come “non si possono seguire le vie formali”. Un’affermazione gravissima. […] Il Consiglio superiore svolge un ruolo fondamentale perché la giustizia funzioni in maniera regolare e devo sentir dire che si possono sostanzialmente accogliere da un pm che si conosce degli atti convincendolo tra l’altro che non è opponibile il segreto d’ufficio ai consiglieri? Ma leggendo in quale norma? Davigo riceve delle carte da un collega di Milano che svolge delle indagini, in queste indagini c’è il nome di un altro consigliere con il quale non si parla e c’è grave inimicizia, lui coltiva questo tipo di rapporto e addirittura porta queste carte informalmente all’organo di autogoverno, ne parla con i vertici che nulla possono fare in assenza di qualunque tipo di interlocuzione formale e in presenza di atti che comunque sia provengono da un reato, cioè sostanzialmente da una violazione di segreto, il reato per cui risulta indagato Storari. Non si può fare alcun utilizzo di questi dati e se ne fa un utilizzo informale che riguarda una persona con la quale c’è una grave inimicizia e che siede nello stesso organo di autogoverno. È un fatto di una gravità inaudita”.
Questa grave inimicizia risale a prima dell’aver appreso che Ardita era inserito dentro questi verbali? “Certamente”. I rapporti con Davigo, assieme al quale Ardita ha scritto anche un libro e col quale è stato nella stessa corrente del Csm, si interrompono prima, “per delle gravissime questioni che non possono essere trattate in questa sede”. “Divergenze di vedute di vario genere”, secondo Formigli.
Per il conduttore del programma “Davigo quando vede il suo nome in queste carte si spaventa ed è uno degli elementi che lo convincono a parlarne con alcuni membri del Csm”.
“Non so – la replica di Ardita – se ridere o piangere. Davigo legge probabilmente una riga dove ci sono quattro affermazioni che sono assolutamente incongruenti. C’è scritto che nel 2006 io sono procuratore a Catania, quando io ho finito di fare il procuratore a Catania nel 1999 e Davigo lo sa. C’è scritto che nel 2006 verrei presentato ad Ardita come componente di questa pseudologgia. Io non ero in condizioni di poter essere presentato all’avvocato Amara. Io non conosco l’avvocato Amara, non ha il mio numero di telefono, ci ho parlato una sola volta quando l’ho interrogato nel 2018. […] C’è scritto sempre in questo verbale che era una sorta di conventicola di garantisti che combattono i giustizialisti […] Io tutto potevo essere considerato tranne che un garantista, anche se io di fatto lo sono dal punto di vista del rispetto dei diritti. Il dottor Davigo aveva tutti gli elementi per capire che questa era una bufala, di cosa doveva preoccuparsi? Questo è il punto, questa è la cosa che mi lascia completamente di stucco. […] Possiamo vederci anche a un confronto. Sarei molto disponibile a guardarlo negli occhi e a dirgli moltissime cose, visto che lui da quei giorni immotivamente non mi parla più, evidentemente ci sono altre ragioni. Così ce le diciamo tutte le ragioni, tutte intere. […] Una cosa inaccettabile è che si coltivi un rapporto con chi svolge un’indagine, in quell’indagine c’è una persona con cui c’è inimicizia e poi si dice che bisogna fare iscrizioni. È una lezione che noi ai giovani che ci ascoltano non possiamo dare”.
A quel punto la parola è passata a Palamara: “Parlerò di quello che dice su di me Amara nelle sedi competenti, al processo, però le parole di Ardita fanno saltare il tappo di tutta quella che è stata questa storia, raccontata in maniera distorta dal 2019. L’auspicio è che si possa portare chiarezza su tutto, compresi gli esposti che sono ancora al Csm. Il dovere di trasparenza impone di fare chiarezza anche su quelle dichiarazioni, anche su quello che diceva Fava”.
Per Robledo “l’unico comportamento trasparente e serio è stato tenuto come sempre da Nino Di Matteo”. Poi c’è stato uno scontro anche tra lo stesso Robledo e Palamara, con il primo che ha detto al secondo “mediatore… mediatore dell’accidente, lei è stato un boia, per quel che mi riguarda”.
Robledo è tornato poi su Amara: “È chiaro sulla base di quello che ha detto su Ardita che è un calunniatore, ma allora non solo bisogna iscrivere, bisogna processarlo per calunnia, ma immediatamente, poi cominciamo a vedere quello che è vero e quello che non è vero. È chiaro che essendo un avvocato di esperienza non dice tutte cose non vere, se no durerebbe cinque minuti. Deve dire alcune cose vere che conosce perché conosce intrighi e situazioni antipatiche, mettiamola così. Alcune cose sono verosimili ma non si proveranno mai, altre magari sono secondarie”.
Chi c’è dietro? “Secondo me lui ha una certa autonomia di conoscenze che li consentono di porre in essere situazioni che vanno a suo giovamento. Secondo me c’è una parte dei servizi che ha degli interessi che attraverso di lui cerca di realizzare. Il matrimonio servizi-Eni è scontato”.