Orlando Portento, nomen omen, ha rilasciato una intervista portentosa contro Beppe Grillo. Al quotidiano La Verità, l’ex amico e autore tv, ha smontato pezzo dopo pezzo l’uomo, il politico e anche l’artista. Partendo dal video con il quale il comico e garante del M5s ha difeso il figlio accusato di stupro insieme ad altri amici: «Sono l’unico a non essersi lasciato impressionare dalla violenza di quelle immagini: Giuse, come lo chiamavamo nella nostra compagnia, è così. Dopo anni in cui si è sentito un padreterno, è uscito fuori l’altro lato di sé». E quando gli viene chiesto a cosa si riferisca, risponde: «Io la chiamo la parte degli ortotteri». Che più nello specifico, sarebbe: «Ha reagito così perché dentro di sé ha tanti grilli. Tutti sono rimasti scioccati, per me nulla di nuovo. Grillo è così: quando si mette i caschi in testa, per esempio, vi prende tutti per il culo. Noi ci poniamo sempre questa domanda: come è possibile che sia arrivato a parlare con Mario Draghi? Proprio lui che per noi era la belina, di fatto il presuntuoso, l’arrogante della compagnia. Fin quando lo prenderete sul serio, si divertirà a prendervi in giro».
Sostanzialmente, Orlando Portento è convinto che dietro quello sfogo non ci sia il dolore di un padre, ma l’ennesima incazzatura per non aver raggiunto i risultati sperati: «Ho scritto e ribadisco quello che penso, cioè che Grillo sia un impostore, nato e cresciuto da impostore. I grillini sono degli impostori in buona fede. Anni fa li ho ribattezzati “sonnambuli”». Questo perché nel M5s «Grillo ha la forza di condizionare le menti di tutte queste persone, che gli devono molto. Del resto, stiamo parlando di miracolati catapultati in Parlamento: avvocati che facevano cause per poche lire sono finiti a occupare le poltrone dei ministeri. Ora che è uscito con questo video, tutti hanno gli incubi. Ogni notte penseranno: “Cosa devo dire?”. A mio giudizio, sono disperati». E il giornalista lo stuzzica ancora: crede nell’ipotesi che Grillo abbia deciso di realizzare quel video spinto dal dolore che prova come padre? «Mi dispiace – risponde Portento -, ma non ci credo. Non è vero nulla». Perché? Incalza l’intervistatore: «La storia del dolore per il figlio, per lui, è un alibi di ferro. La realtà è che il dolore non c’entra nulla questa volta… Lui non è addolorato, è incazzato. Voi confondete il dolore con la rabbia. Di fronte a quelle sue parole, c’è chi si è lasciato impietosire dall’immagine paterna. Lui è arrabbiato perché è crollata la sua potenza. Si trova perduto, non può più alzare il telefono e chiamare il presidente del Consiglio o il ministro della Giustizia, perché il vento è cambiato».
Una descrizione impietosa, di un Beppe Grillo che sarebbe solo interessato al potere. Ma ancor più al denaro: «Credo si sia montato la testa, ergendosi a padreterno. Lui si sentiva l’uomo intoccabile, ricercato da tutti. Riceveva telefonate tutti i giorni e “ingrassava”. Solo con le telefonate, chiaramente, dal momento che non mangia perché preferisce non spendere, come è noto a tutti. Si nutriva e si nutre di questa adulazione, ma non si abbuffa più come prima. Sospetto anche io, come altri, che il cambio di passo politico abbia dato una nuova rotta anche all’inchiesta e lui si è sentito smarrito. A quel punto, ha tentato l’inconcepibile». E infine l’accusa più privata e per questo la più bruciante: «Beppe Grillo non è mai stato un padre. La domanda è: ha mai cambiato un pannolino ai figli? Lui non se ne rende ancora conto, ma ha sempre pensato solo ai soldi. È la sua cancrena. A Genova si dice “braccino corto”. Lui il braccio non ce l’ha proprio, è mutilato. Bisogna parlare con i figli, se sei un padre ti sacrifichi. Non pensi solo ai soldi. Io e lui abbiamo vissuto delle avventure, abbiamo combinato delle marachelle, ma non siamo mai andati oltre. Avrebbe dovuto parlare di più con i figli, per insegnare loro a divertirsi come facevamo noi. Tra di noi, non c’erano bottiglie di vodka né fotografie. Anche se quella notte in Sardegna c’è stato consenso, come sostengono i quattro giovani, a me la situazione fa ugualmente schifo».