Il presidente della FIA Ben Sulayem, dirigente sportivo ed ex pilota di rally degli Emirati Arabi, ha ottenuto il ruolo al vertice della Fedeazione dell'automobile nel dicembre del 2021, succedendo a Jean Todt che - dopo gli anni di successi in Ferrari - aveva a sua volta ricoperto con grande stima la posizione di presidente dalla fine del 2009 fino al 2021.
Ereditare una posizione così importante, soprattutto se questa arriva dopo un presidente amatissimo com'è stato Jean Todt per la Formula 1 e per il motorsport in generale, non è quindi semplice da gestire. Sulla testa di Ben Sulayem, primo presidente non europeo della storia della FIA, sono inoltre pesate fin da subito le colpe di una Federazione che ha oggi il bisogno estremo di rinnovarsi: lo scandalo di Abu Dhabi 2021 è infatti esploso proprio nel mese del suo insediamento e da lì, dal licenziamento di Michael Masi alla ridistribuzione dei ruoli, le cose non sono migliorate. La FIA non ha convinto neanche nel 2022, anno del grande cambiamento in direzione di gara, e le cose hanno iniziato a farsi complesse anche con Liberty Media, la società americana che di fatto possiede la Formula 1.
"Guerra aperta" di dice da mesi, tra FIA e Formula 1, con idee di business e di futuro molto diverse: dal caso Andretti al calendario della stagione, passando per battaglie sociali e cambiamente fuori dalla pista. A gettare benzina sul fuoco di una situazione già di per sé molto delicata, ci ha pensato il carattere non proprio mansueto del presidente Ben Sulayem che - possiamo dirlo dopo oltre un anno di mandato - non conta la pazienza tra le sue doti più riconosciute.
Tra tweet al veleno e scelte più che discutibili, Ben Sulayem ha fatto infuriare i tifosi per una modifica al regolamento sportivo della Formula 1 che vieterebbe ai piloti di parlare di messaggi sociali, politici o personali durante i weekend di gara, oltre che di esporre bandiere, simboli, magliette o altri oggetti che si possano identificare con tali messaggi. Una censura, quindi. Un tentativo di evitare crisi politiche o scandali sociali come quanto fatto in Ungheria con la maglietta arcobaleno indossata da Sebastian Vettel. Il tutto accompagnato da una dichiarazione del presidente che, interrogato sulle motivazioni di tale scelta avrebbe detto: "Gli autodromi non sono il luogo in cui i piloti devono discutere e parlare di certi argomenti".
Proprio questo tema ha fatto infuriare Paul Scriven, deputato liberaldemocratico a vita della Camera dei Lord del Parlamento britannico, che dopo le dichiarazioni di Ben Sulayem ha deciso di esprimere la propria rabbia contro la "repressione della FIA" nei confronti dei piloti di Formula 1, pensando in modo particolare all'inglese Lewis Hamilton che per i diritti umani si è sempre battuto senza paura: "È passato quasi un anno da quando avete ricevuto questa lettera, eppure non abbiamo ancora avuto la cortesia di una vostra risposta. La vostra mancata risposta alle nostre serie preoccupazioni è profondamente scortese e poco professionale. Perché pensate di poter ignorare i parlamentari? Pensate che le preoccupazioni sollevate sui diritti umani e sulle politiche della FIA debbano essere al di sopra di ogni controllo? Vi abbiamo scritto per sollevare preoccupazioni di interesse pubblico e ci aspettiamo apertura e trasparenza da parte della FIA. Per chiarezza, mi aspetto ancora di ricevere una risposta alla nostra lettera del 16 marzo 2022 e la sto rendendo pubblica per motivi di trasparenza e interesse pubblico.
In un altro passaggio poi il deputato entra nello specifico e ribadisce la preoccupazione nei confronti della nuova norma: "È con grande preoccupazione che ho appreso della decisione della FIA di impedire ai piloti di F1 di esprimersi in quelle che voi considerate dichiarazioni politiche, una scelta che servirà a proteggere i Paesi che ospitano la F1 dal controllo delle ingiustizie". Una storia che, unita a quella della lotta contro Formula 1 e Liberty Media, si sta facendo sempre più preoccupante per la storica Federazione Internazionale dell'Automobile che ora più che mai è chiamata a rispondere alle accuse.