È sempre elegante come un vero lord inglese, ma quando vuole George Russell picchia duro. E sa farlo tanto in pista quanto fuori, in attesa di avere la chance di giocarsi qualcosa di grande. L’aspetta dal 2019, l’anno in cui ha debuttato nel circus, arrivato con l’etichetta del fenomeno dopo un percorso in cui la parola vittoria contava più di tutte le altre. Poi la F1 e il timing sfortunato, perché dopo tre anni in Williams al suo arrivo Mercedes ha smesso di essere dominante, costretto a lottare con una vettura neanche lontanamente paragonabile a quelle che hanno scritto la storia recente delle Frecce d’Argento.

In pista ha vissuto anni duri, eppure sembra tutt’altro che preoccupato, consapevole che, prima o poi, quella vittoria finora sognata arriverà, perché è solo questione di tempo. “La F1 è uno sport che genera frustrazione, da pilota sono alla mercé della competitività della macchina” ha spiegato nel corso di una lunga intervista rilasciata all’Equipe in cui ha sparato una cannonata dopo l’altra, partendo da una stagione in cui finora non ha sbagliato un colpo fino all’ambizione di essere campione. “Penso di star guidando al mio miglior livello, sono orgoglioso delle mie prestazioni. Quando ho firmato con Mercedes pensavo che sarebbe arrivata la mia occasione e ci credo ancora. Dopo quattro anni non abbiamo ancora vinto, ma Schumacher ci ha messo cinque anni per vincere il primo mondiale in Ferrari e nessuno si ricorda più quelle stagioni”.
Direttissimo, senza paura di esprimere qualsiasi paragone o del giudizio del pubblico perché l’unica cosa che conta è essere il migliore: “Non corro per essere notato o avere il riconoscimento degli altri. Corro perché amo le corse, amo vincere e sono ultra competitivo. Non mi importa di avere l’approvazione del pubblico, se alla gente piaccio tanto meglio, altrimenti non mi interessa”. Eppure, l’eleganza che lo contraddistingue spesso fa dimenticare a tanti chi è davvero George Russell, un pilota che, nonostante i risultati parlino chiaro, spesso non viene considerato al pari dei più grandi. Sul tema, però, l’inglese è chiaro: “Non mi sento sottovalutato, chi sa, sa. Non ho niente da dimostrare, ho vinto in ogni campionato in cui ho corso, F4, F3 e F2 da esordiente. Ho battuto sempre tutti i miei compagni di squadra tranne in una occasione. Altri piloti incredibili, come Leclerc, vivono la mia stessa situazione”.

Tutto finito? Macché perché, sempre parlando della possibilità di diventare campione del Mondo, l’inglese non ha usato mezzi termini nell’affermare che sì, ci crede e non poco, senza nemmeno evitare un altro riferimento pesantissimo: “Non c’è uno stile di comportamento per vincere. Se hai la macchina giusta potrai fare quello che vorrai e alla gente andrà bene. Io devo essere come George Russell, bisogna seguire ciò in cui si crede. Credo che sarò campione del mondo. E so di aver battuto Lewis Hamilton 2 stagioni su 3 quando eravamo compagni di squadra”.

Infine, poteva mai mancare l’argomento Max Verstappen? No, per una rivalità che tra pista e mercato nell’ultimo periodo è sembrata più accesa che mai. Eppure, George di timore verso chi è considerato il signore di questa F1 non ne ha, proprio per niente: “Non mi importa, non perdo il sonno per questo. Una volta abbassata la visiera corro contro tutti allo stesso modo. In Qatar ho reagito in quel modo perché lui si è comportato così con me e dunque mi sono difeso. Non bisogna farsi mettere i piedi in testa. Non sono uno che crea conflitti, ma se mi attaccano non sto lì fermo senza fare nulla”. Sarà anche un lord, ma quando vuole sa come attaccare, e non solo al volante della sua Mercedes.

