Ognuno vive nella sua bolla social e ogni bolla social che si rispetti ha il proprio, non scritto, galateo. Impossibile, accedendo a Instagram per esempio, evitare quello che è, a tutti gli effetti, un fenomeno a cui non si può che assistere impotenti, sperando che passi come accadde ai pantaloni a zampa e alle scarpe da zarri con la para più alta della propria dignità adolescenziale. La lingua italiana viene stuprata ogni secondo da asterischi, inglesismi, sigle e acronimi la maggior parte delle volte pretestuosi. Il profilo di ognuno di noi può essere “bannato”, ossia cancellato dalla sera alla mattina per aver postato un disegno di Picachu in costume da bagno (“istigazione alla pornografia” - storia realmente accaduta). Le guidelines dei social si stringono sempre di più, in buona sostanza, per impedire hate speech e bullismo incentivando, nelle intenzioni, il rispetto reciproco. Ciò vale per i delicati temi a cui più è affezionata la nostra sempre suscettibile epoca: l’ob*sità (si scrive così, pare), l’orientamento sessuale, la discalculia, l’acne, la cellulite e, last but not least, i sacri peli sotto le ascelle. Guai a scherzare pubblicamente su uno di questi punti nevralgici della comunicazione attuale su cui spesso si concentra perfino il dibattito sociale, per non dire intellettuale, sia online che in tv. Bene, in attesa che queste restrizioni guariscano definitivamente la mentalità di questa nostra marcia società, spunta fuori oggidì che l’assioma “non si può più dire niente” sia davvero un’iperbole inventata da “certa destra”. Infatti, persiste tuttora un argomento risibilissimo in pubblica piazza: la droga. Senza che nessuno faccia un plissè. Lo sa bene Asia Argento, rea di aver postato su Instagram un carosello di post per celebrare il suo primo anno di sobrietà da sostanze stupefacenti e alcol. Sotto a quelle immagini, si è scatenata una gogna di insulti e sfottò che, inevitabilmente, sono già diventati irresistibili meme. Anzi, chi scrive ha appreso la notizia della sobrietà della figlia d’arte, proprio grazie a uno di questi meme. Moralisti da tastiera, dove cazzo siete?
La generazione cui appartengo è stata fortunata: per noi “Toxic” è stata solo il titolo di una clamorosa hit di Britney Spears che ancora oggi riempe i dancefloor del globo. A quella precedente, non era andata altrettanto bene: “Tossico” per loro era quello che ti chiedeva la monetina in stazione, il motivo per cui la mamma non si fidava a portarti al parco, forse avevi avuto anche un cugino più grande di stanza in un posto chiamato “comunità”. Centinaia di migliaia di vite sono andate perse a causa della dipendenza da sostanze stupefacenti, distruggendo speranze per il futuro, intere famiglie, amori e fedine penali. Tutto questo è storicamente successo proprio perché uscire dalla tirannia della dipendenza non è come sloggarsi da Instagram: si tratta di un percorso lungo e tortuoso che non ha garanzie di riuscita, ma tantissime possibilità di ricaduta. È una lotta personale, intima, qualcosa da cui non è detto tu riesca a portare a casa la pelle. Senza contare le conseguenze mentali. Insieme a quelle fisiche. “Tossico”, oggi, ha cambiato accezione: sui social, tutto lo è: dal fidanzato che ti molla “perché narcisista” - l’hai letto in un post scritto su delizioso template Canva, chi porta un mazzo di fiori alle donne, l’eterosessuale in quanto tale. E facciamo finta che vada bene così. Che non è questa la sede opportuna.
Dicevamo, in questi giorni, Asia Argento ha voluto condividere coi suoi follower il traguardo da lei raggiunto: un anno di sobrietà, si legge in didascalia, reso possibile dalla sua forza di volontà sostenuta dalla scoperta del buddismo e dal sostegno degli Alcolisti Anonimi. L’attrice racconta come la sua storia di dipendenza fosse cominciata sin dalla prima adolescenza “per colmare un vuoto” che ha da sempre sentito dentro di sé. Poi, come mediamente accade, le droghe invece di tamponarle paure, cominciarono ad amplificarle, a chiuderla in un mondo allucinato, spaventoso, ancora più spaventoso di quanto non le fosse sembrato, da lucida, quello reale. Per questo si era decisa a chiedere aiuto, Asia, tornando sobria e mantenendosi tale per tre anni (2013-2016) fino alla disastrosa ricaduta: cinque anni di buio, costellati da grandissimi dolori come il suicidio del compagno Anthony Bourdain, la morte dell’amatissima madre Daria Nicolodi (2020) e le alterne fortune che sempre un personaggio divisivo come Asia Argento porta con sé, a livello di pubblica opinione.
Ci ostiniamo a non trovare alcuna parte divertente nello spaccato di vita che l’attrice ha voluto condividere con i propri follower e col mondo intero. Tra i commenti, oltre alle solite emoji plaudenti di qualche account con la spunta blu a caccia di follower facili, sono in molti a scrivere: “Ma va che sei stata, sei e sempre sarai una tossichella del parchetto”, “Ah, allora hai rotto definitivamente con Morgan? Tanto quell’uomo l’hai rovinato” e via discorrendo. Su Twitter, la situazione non migliora: “Quindi nell’ultimo anno tutte le cazzate le ha dette pure da sobria?”, “Non capisco il bisogno di precisarlo: lo sappiamo tutti che sei una drogata marcia”.
Chiunque dotato di buonsenso, troverebbe triviali questi commenti da bar sport sulla vita, letteralmente “sulla vita”, di un essere umano, celebre o comune mortale che sia. Fa ancora più rumore, a nostro avviso, il silenzio social dei moralisti da tastiera, sempre pronti a puntare il dito contro chiunque si azzardi a suggerire, pure pacatamente, a una ragazza con più peli sotto le ascelle che follower di darsi una depilata almeno a Natale e Pasqua. Aesthetic.
La storia di Asia, oggi, è una storia bellissima. E siamo sicuri che potrà dare coraggio alle migliaia di persone che ancora adesso stanno combattendo la propria dura battaglia contro le dipendenze (anche se quasi nessuno, oramai parla più di questa piaga). Non sporcatela con i vostri commenti da minus habens. Non siete simpatici, non guadagnerete follower nessuno batterà la mani per la vostra sagacia e, soprattutto, su un tema fragilissimo come quello delle dipendenze non può innescarsi una gara a chi la spara più grossa. Congratulatevi e, se proprio non vi riesce, asteriscatevi. Una società migliore, più inclusiva e rispettosa spesse volte si costruisce anche col silenzio davanti a ciò che, per fortuna, non vi è toccato in sorte. Perché il rispetto, bimbi, non è un hashtag.