“Cercasi schiavo… Chef Borghese, lavorare gratis si chiama sfruttamento… A Livorno non sei Benvenuto”.
Così è stato accolto chef Alessandro Borghese, in questi giorni a Livorno per girare alcune riprese del suo programma “4 Ristoranti”. Il noto personaggio è stato recentemente al centro di polemiche per alcune dichiarazioni fatte sui giovani e il mondo del lavoro, e nello specifico della ristorazione, affermando che le nuove generazioni non hanno voglia di lavorare, e preferiscono la serata in discoteca al sacrificio (secondo il collega Vissani, poi, preferiscono qualcosa in particolare che inizia con la f..., ndr). Non tutti i colleghi di Borghese sono d’accordo con queste affermazioni, alle quali lavoratori, giovani e sindacati hanno risposto sottolineando il vero problema: stipendi non rapportarti al carico di lavoro.
Ad appendere quattro striscioni contro lo chef sono stati quelli del sindacato Usb Livorno. Così abbiamo parlato con Giovanni Ceraolo, uno dei coordinatori, che si occupa principalmente del settore ristorazione.
Ceraolo, ci spiega il perché di questi striscioni?
Abbiamo voluto lanciare una provocazione rispetto alle dichiarazioni di Borghese, perché quando si ha una visibilità di un certo tipo, e quando si parla di un settore notoriamente affetto dalle problematiche di lavoro in nero, stipendi bassi, mancanza di giorni liberi e così via, bisogna avere un po’ di accortezza. Noi ci aspettiamo che, da parte di chi lavora in questo settore e guadagna, ci sia una condanna di certe condizioni lavorative, e specialmente ora, che dopo due anni di pandemia, la situazione è ancora più drammatica. A volte sono necessari dei gesti forti come questo.
Chef Borghese ha notato questa vostra protesta?
Sicuramente ha notato, ma al momento non ha ammesso alcuna replica. Tuttavia, non è detto che non ci sarà una risposta.
Spesso ci chiediamo dove sono finiti i sindacati a difesa dei lavoratori.
Diciamo che ci sono due piani per rispondere a questa domanda: il piano classico è quello del singolo lavoratore che si presenta allo sportello sindacale e viene tutelato da noi con gli strumenti che abbiamo a disposizione. Quello che manca però è un piano collettivo.
In che senso?
Non basta che a fine stagione un lavoratore singolo venga allo sportello, e aiutato dal nostro avvocato riesce a percepire quei duemila euro che non gli hanno dato. Sono tanti soldi, non lo metto in dubbio, ma bisognerebbe fare un lavoro preventivo di denuncia e mobilitazione per sistemare una situazione generale. Ed è così che il sindacato esprime appieno la sua funzione.
Quindi in breve, denunciare le irregolarità significa maggiore prevenzione per i lavoratori.
Sì, ma attenzione, non tutti hanno il coraggio e la volontà di portare avanti una causa e denunciare. E dirò di più. Molti hanno paura, perché se denunci un anno, stai tranquillo che non lavori più la stagione successiva.
Questa cosa è grave, mi sta dicendo che ci sarebbero imprenditori che sbarrano le porte?
Assolutamente sì. E questo va a penalizzare quella parte di imprenditori che è molto attenta, e fa tutto secondo regole. E invece, chi pratica la concorrenza sleale, pagando metà a nero e metà con contratto, si trova in una posizione apparentemente migliore di chi rispetta la legge. Invece è interesse di tutti regolarizzare questa situazione.
E i percettori del reddito di cittadinanza? Molti non vogliono perderlo e preferiscono lavorare in nero. In questo modo non contribuiscono a non regolarizzare le posizioni lavorative?
Bisogna fare chiarezza. Perché questi imprenditori non vanno al centro per l’impiego a cercare i dipendenti? Guardi, gliela faccio semplice. La media del reddito di cittadinanza è di 500€, se me ne offrono di lavoro da 700-800€, non mi conviene, e l’imprenditore non avrà mai la fila di possibili dipendenti davanti al negozio.
Però ci sono imprenditori che offrono anche 1500€ per un lavoro stagionale. Forse il percettore del reddito ha paura di perdere questo sussidio, e preferisce il nero?
Non è proprio così, perché quando perdi il lavoro puoi comunque accedere alla Naspi, e magari fare nuovamente domanda per il reddito di cittadinanza. Il singolo caso che non trova nessun dipendente, con tutta la buona fede, può esistere, ma dobbiamo fare un discorso più ampio: il livello medio degli stipendi in questo settore (la ristorazione ndr), anche a causa della pandemia spesso strumentalizzata, è bassissimo. La politica e anche il sindacato, come noi, dovrebbe concentrarsi sulla realtà diffusa nel Paese, e non su casi limite o sporadici.