Che ne pensa lo chef Gianfranco Vissani di ciò che ha detto Alessandro Borghese, cioè sostanzialmente che i giovani preferiscono fare il weekend fuori con gli amici piuttosto che andare a lavorare nelle cucine? Se il collega Filippo La Mantia aveva dato ragione al conduttore di “4 Ristoranti” sottolineando che è praticamente impossibile trovare personale (e sottolineando che chi fa notare che magari è anche una questione di stipendio dice “minchiate”), il vulcanico Vissani – sentito da Domenico Arruzzolo nel podcast BlackList x MOW – aggiunge una specifica: “Questi giovani vogliono la fica. È importante, sembra una cosa stupida, ma è importante…”
Per Vissani non è dunque solo poca voglia di lavorare. C’è anche voglia di altro, ma c’è pure un modo di porsi non necessariamente positivo (per quanto magari mosso dalle migliori intenzioni) da parte delle famiglie: “Sicuramente – le parole dello chef a BlackList x MOW – c’è qualcosa di più, che loro sono sicuramente dei… come si può dire… sono aiutati dai genitori. I genitori li fermano i propri figli. Ci hanno scambiato per i negrieri, ma una piccola conduzione familiare come fa a fare il doppio turno? Questa è la difficoltà, noi non siamo un albergo che iniziano alle 7 e finiscono alle 3 e poi dalle 3 a mezzanotte. Cioè diventa un problema, un problema esistenziale. È chiaro che sicuramente i ragazzi oggi pensano a Facebook, ad andare su Instagram. Stanno a tavola con i genitori che gli fanno fare tutto, perché i genitori non alzano mai un dito con i figli, mai. E questo gli permette di fare quello che vogliono: sono sfaticati, sono abituati a una maniera diversa. Però ci sono anche dei ragazzi che vogliono lavorare, che vogliono trasmettere qualcosa di carino”.
E con qualcosa di “carino” vogliono anche relazionarsi: “È chiaro che questi giovani si trovano dal mio punto di vista… loro vogliono, scusa il termine e la volgarità, loro vogliono la fica e specialmente nei piccoli centri, chi te la dà la topa? È importante, sembra una cosa stupida, ma è importante: lo vedi che vanno all’estero, vanno a Londra, Monaco, Parigi”.
Quindi davvero i giovani vanno alla ricerca di un po’ di… altro e non gliene frega niente di andare a lavorare? “No, non gliene frega niente. Tanto sanno che mamma e papà gli lasciano sempre qualcosa”.
Anche Vissani, come La Mantia, rigetta l’obiezione sulle paghe. Meglio andare a donne che spaccarsi la schiena per 700 euro, o no? “Io non ho mai pagato 700 euro. Io. Noi diamo 1.400, 1.300, 1.500 secondo chi abbiamo davanti, però 700 euro noi non li diamo a nessuno”.
Il contesto non aiuta: “Sono due Natali e due Pasque che ci tolgono la parte principale di un anno di lavoro. Due Natali e due Pasque che ci hanno fatto saltare, quei periodi che lavoriamo più di tutti. […] E quando i dipendenti stanno a casa perché hanno il Covid, li paga lo Stato? Un cazzo, li dobbiamo pagare noi”.
Tra i clienti fissi di Vissani c’è anche D’Alema, coinvolto nel caso della trattativa per la vendita di armamenti alla Colombia: “Non è vero niente. Io conosco Massimo e posso mettere la mano sul fuoco. Posso mettere la mano sul fuoco per Massimo D’Alema, assolutamente”.
E sulla politica lo chef ha le idee chiare: “Ci vorrebbe oggi nello Stato italiano un uomo come Craxi, un decisionista. Craxi quanto era decisionista? Diceva o si fa così, o niente. Nel momento di Craxi ha lavorato tutta l’Italia”.
Potrebbe essere una soluzione, come dice qualcuno, assumere i profughi ucraini come lavoratori stagionali? “Io non che grado di preparazione hanno questi ucraini… Va bene, potrebbe essere utile, ma poi quando finisce la guerra questi rientrano a casa eh… E poi ho saputo che lo Stato italiano gli dà un piccolo stipendio, una sorta di reddito di cittadinanza, quindi quando hanno scoperto quello questi qui a lavorare non ci vanno più…”