Il “caso Orsini” ha spinto la Rai alla lavorazione di un nuovo regolamento in cinque punti per migliorare la qualità dei talk televisivi, alla luce delle polemiche esplose dopo le ultime dichiarazioni del direttore e fondatore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della Luiss sulla guerra fra Russia e Ucraina. La commissione di vigilanza sta preparando in particolare cinque punti per mettere un freno "all'effetto pollaio" nei programmi del servizio pubblico nei quali si contrappongono solitamente personaggi con opinioni discordanti. In estrema sintesi si possono riassumere così: ospitare solo persone di comprovata competenza e autorevolezza, prevedere una rotazione delle presenze per favorire la pluralità delle voci, privilegiare le ospitate a titolo gratuito, evitare la rappresentazione teatrale degli opposti e delle contraddizioni, alla ricerca della spettacolarizzazione e del dato di ascolto e, infine, garantire la veridicità delle notizie e delle fonti, assicurando l'equilibrio corretto delle posizioni esposte. Ma se le intenzioni sono più che lodevoli, dietro alla facciata bonaria di queste disposizioni potrebbe nascondersi qualcosa di preoccupante. Ce lo segnala Carlo Freccero, che di televisione se ne intende e a Viale Mazzini ha lavorato per anni ai massimi livelli. Critico e autore televisivo, massmediologo e accademico, è stato consigliere d'amministrazione della Rai dal 2015 al 2019, direttore di Rai 2 dal 1996 al 2002 e dal 2018 al 2019. Negli ultimi due anni voce fuori dal coro (ma in fondo lo è sempre stato) sia sulla pandemia che sul conflitto in corso nell’est Europa, intervenuto nel corso del programma radiofonico "Black List x MOW" ha messo in guardia sugli effetti di questi provvedimenti: “Rischiano di diventare un bavaglio. Perché i talk senza ospiti con idee opposte non hanno senso di esistere, diventano monologhi”.
Carlo Freccero, vista la tua esperienza, come valuti questo nuovo regolamento che vorrebbe approvare la Rai contro l’effetto “pollaio” nei talk?
Faccio una premessa. Lo scopo della commissione di vigilanza è redigere una serie di norme per contenere la spettacolarizzazione dei talk, in modo che si possa salvaguardare la verità dalla partecipazione prezzolata di personaggi non qualificati. Ma dietro le belle intenzioni, che non metto in dubbio, si rischia una ulteriore censura nella televisione pubblica. Da un lato sono preoccupato per preservare il talk e evitare l’effetto “pollaio”, ma c’è anche il rischio dell’effetto “bavaglio”.
Come mai?
Il talk si avvale di ospiti, che sono l’anima del format. Permettono la discussione, sennò si trasformerebbe in un monologo. Il pluralismo è costituito dall’alternanza delle idee. Se si vuole raggiungere una verità è necessaria sempre una contrapposizione, una disgiunzione: la guerra è un bene o un male? Se manca l’alternativa il discorso rimane statico.
E quindi, come fare a salvare i talk?
La contrapposizione è inevitabile nel talk, ma soprattutto nelle raccomandazioni della commissione di vigilanza c’è un altro punto controverso: che le persone invitate siano di comprovata competenza e autorevolezza. Cosa vuol dire? Che siano persone con il passaporto in regola, che garantisca per loro una sorta di garante, un ordine professionale, universitario e così via. Ma io ho paura che dietro a questo ci possa essere un arbitrio. Chi stabilisce l’attestato di competenza di chi può partecipare?
Sarebbe prevista anche la rotazione degli ospiti e l’assenza di compensi.
La rotazione viene giustificata per favorire la pluralità delle voci. Secondo me, più che il pluralismo delle persone favorirei il pluralismo delle idee. Cioè, persone che abbiano una visione differente. Sul privilegiare le ospitate a titolo gratuito, ricordo che recentemente durante la pandemia sono stati invitati virologi pagati. Non credo che la retribuzione sia un problema. Se questo ospite ha una funzione di autore in diretta, non dietro le quinte, qual è il problema? Se per esempio Alessandro Orsini ogni settimana ha una rubrica fissa non è più un ospite. Deve arrivare preparato, per cui diventa un autore in diretta. In qualche modo, la dialettica degli ospiti è molto importante, anzi la definirei fondamentale.
In buona sostanza senza contrapposizione degli ospiti non esiste un talk, o sbaglio?
Bravo, ecco il punto! Tanto è vero che Orsini è stato ricercato da più tv, quindi funzionava. Chiedergli di partecipare era un modo per avere la sicurezza di una audience. In quanto a competenze, è docente presso la Luiss, ha delle competenze specifiche. Poi devo dare ragione a Bianca Berlinguer che si è lamentata di non essere stata interpellata nella decisione. Un talk privato dell’ospite, anche a pagamento, non ha ragione di esistere. Quando poi un ospite è performante come Orsini, anche se non è allineato all’ortodossia del mainstream, crea interesse del pubblico.
C’è poi il “caso Freccero” che viene attaccato in tv anche per cose che non ha mai detto, come alcune dichiarazioni distorte diffuse sulla guerra in Ucraina.
Ormai sono abituato. Ho espresso dei dubbi, perché la guerra oltre atroce pornografia dell’orrore è anche guerra diinformazione. Tornando sull’effetto “pollaio”, mi sembra un tentativo di censurare in studio il parere dissidente che in qualche modo non era previsto dagli autori. Se in studio un ospite si rivela politicamente scorretto, come nel mio caso, si preferisce parlargli addosso o insultarlo. L’effetto “pollaio” si trasforma in dileggio dell’ospite dissidente.
Sulla preoccupante diffusione delle fake news, però, si è espresso con preoccupazione anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
La risposta è nella tua domanda. Non discuto le affermazioni del presidente Mattarella, ma non vorrei che quando il presidente pensa alla verità si riferisca alla “verità” della tv generalista o dei giornali mainstream. Credo che la verità sia stabilita dalla verifica dei fatti nella realtà. E questa verifica oggi passa anche attraverso il web e voci indipendenti come la vostra.