Flavio Briatore, imprenditore nel settore bagnini e pizza, ex manager brum brum, ha fatto la provocazione; l’ha fatta un po’ fuori dalle sue competenze (lingua, dialetti, etimo, grammatica, estetica), ma l’ha fatta bella dura, scatenando polemica e/o ammirazione. Durante Realpolitik, su Rete4, condotta da Tommaso Labate, ha provocato (in pubblico e in tv): “Capisco più Jannik Sinner – il tennista campione altoatesino – che certa gente del Meridione” (Totò Cuffaro proteggici tu). Poi, la seconda scarica, fatale: "Ho degli amici napoletani, quando parlano dovrei avere i sottotitoli”. Avete presente quando qualcuno dice: “Ho molti amici afroitaliani"? Ecco. Anche io ho molti amici Briatore. Poi aggiunge: “Quando parlano dovrei avere i sottotitoli”, e io sono d’accordo, anche io capisco di più Sinner che Flavio Briatore. E dissento profondamente dalle polemiche sui social che stanno attaccando Briatore in una difesa, sbagliata, dei meridionali. Perché anche Briatore ha problemi di lingua.
Neanche io lo capisco, Briatore, ma non lo capisco innanzitutto per una questione estetica: Briatore ha questa fissazione per l’artificio del lusso che sfonda la barriera del buon senso ed entra in una cristalleria con una Formula 1; quando si perde ogni contatto tra forma e funzione – mi hanno spiegato – siamo nel kitsch, e probabilmente Briatore ce l’ha su con i Meridionali perché non gli fanno costruire un resort dentro la Valle dei Templi (che sarebbe un ottimo investimento e sono certo lo riempirebbe di miliardari – da quelle parti, per esempio, ci fanno ogni anno il provatissimo e lussuosissimo Google Camp) o un lido balnear-arricchito a pizzo in discesa declinante nella Scala dei Turchi.
Voglio dire: io non capisco neanche come si possa chiamare un locale Billionaire: mi hanno insegnato a non far mai vedere il contenuto del portafoglio, a prendere la cartamoneta nascondendo le mani, a strappare il coccodrillo dalle magliette tennistiche, e Briatore come lo chiama un locale? Billionaire. Mah! Io non lo capisco.
E non lo capisco per una questione logica: ammiro, voglio dire, la sua etica del lavoro, ma quando dice che le brave camerierine e i bravi camerierini devono abbassare le loro servizievoli testoline e poi fare sacrifici e mettere da parte il gruzzoletto per poi diventare imprenditrici-imprenditori a loro volta, bè, il Briatore mi manca di logica: non siamo più negli anni Ottanta, dove c’erano le girate degli assegni e la moneta circolava velocemente; il sogno briatoresco non funziona, non funziona più. E poi non lo capisco per un semplice motivo linguistico, di lingua proprio. Premetto che non ho nulla contro Briatore che preferisce parlare con Sinner piuttosto che con me, anche perché, dovessi parlare con Briatore, userei il civitoto stretto (il “civitoto” è il siciliano puro, canonizzato da Nino Martoglio, il nostro Dante), anche perché non capisco perché Briatore dovrebbe comprenderci, a noi meridionali: perché questa fissazione, ma non si può fare gli affari suoi, che tra l’altro gli affari suoi se li sa fare bene ché come imprenditore e manager è senz’altro il Top? Ma dicevamo del problema della lingua di Briatore.
Io concordo con Briatore: siamo tutti italiani, italiano è Sinner, italiano è Briatore, italiano è anche Totò Cuffaro (a mio avviso il più italiano di tutti), però, con Briatore, oggettivamente, pur avendo già detto che io ho molti amici Afro-Briatore, mi ci vorrebbero i sottotitoli. E adesso non mi riferisco alla metatestualità o al sistema di pensiero o al carattere o allo stile. No, mi riferisco proprio alla “lingua”. Voglio dire: ma con tutti i soldi che ha, Briatore, perché non se li fa mettere dei denti che non gli impingono nella lingua ché, quando parla, non si capisce niente? Secondo me neanche Sinner lo capisce a Briatore quando parla.