Non avevo seguito questa faccenda del semestre filtro per la facoltà di Medicina. Avevo soltanto capito che i giovani non vogliono studiare e gli adulti li insultano, e mi sembrava una storia già sentita. Fino a quando non ho letto il magnifico intervento di Gabriella Greison su Avvenire e ho capito che il problema era lo studio della Fisica.
Adesso, se qualcuno ogni tanto mi legge, sa che infilo la domanda delle domande, “Perché c’è l’Essere e non il Nulla”, dovunque, e sono convinto che l’Umanità non potrà dirsi pienamente consapevole se non avrà risposto a questo interrogativo che dalla Teologia è passato alla Metafisica e oggi è in mano alla Fisica Teorica. Ovviamente la risposta c’è già, anche se girarci intorno, alla realtà, è difetto dell’Università, che non può bloccarsi su un sapere soltanto perché “reale”, altrimenti si fermerebbe il flusso di finanziamenti. E, tra tutte, la facoltà di Fisica teorica (e sì, anche quella di Medicina) sono quelle che – in teoria – se li meriterebbero di più.
Gabriella Greison è innanzitutto una fisica, oltre a essere una divulgatrice scientifica, una scrittrice, una drammaturga e persino un’attrice. E il suo ragionamento è logico e sarebbe ovvio se non vivessimo in un mondo dove – non sapendo da dove viene la Materia e neanche perché essa esista – il delirio impera. La Greison dice: ma scusate, volete fare i medici e non volete studiare la Fisica?
«In realtà – scrive la divulgatrice, con un linguaggio chiaro – stiamo parlando di concetti elementari, di base, la grammatica del mondo: pressioni, portate, gradienti, flussi, logaritmi, densità, forze. Non formule decorative. Non esercizi da gara. La roba che manda avanti il sangue, non i quiz».
E continua: «Il corpo umano non è un’entità separata dalle leggi fisiche: è immerso dentro di esse. Ogni respiro è un problema di pressione. Ogni circolazione è un problema di flusso. Ogni suono che ascoltiamo, ogni segnale che interpretiamo, ogni energia che scambiamo obbedisce a quelle stesse regole. Perché un medico che non sa come scorre un fluido… come si propaga un suono… come si trasmette energia… non è un medico: è un improvvisato. Non è una provocazione. È una constatazione».
È anche vero, cara Greison, che viviamo in un mondo in cui, ad esempio, la Neuroscienza – ossia l’altra scienza alla quale si delega il compito di rispondere all’altra questione fondamentale dell’umano, ossia “come è possibile la coscienza” – vuole spesso portare avanti i suoi studi prescindendo dalla Fisica, come se la coscienza, in assenza della Gravità (che bella parola, “gravità”) atmosferica, non esplodesse, letteralmente.
Ancora non ho capito (è una delle poche cose che mi rimangono da fare) se per una conoscenza del mondo (non per la sua salvezza, non sono così ingenuo) bisognerebbe unificare tutte le scienze sotto la Fisica Teorica (anche se io la chiamo ancora Teologia), cosa difficile perché l’Accademia si scinde più del Partito Democratico e assai più facilmente dell’atomo, oppure se bisogna procedere, come Lei fa (ma anche altri, penso ovviamente a Carlo Rovelli), a una, appunto, “divulgazione”, ossia se il linguaggio debba essere elitario o se invece, come diceva il mio caro Manlio Sgalambro, bisogna procedere verso un “comunismo del pensiero”.
Come Lei sa, il capitalismo del pensiero è molto più deleterio del capitalismo delle merci: ti obbliga in qualche maniera a costruire nuovi pensieri anche se quelli “vecchi” vanno già benissimo. Non c’è bisogno che dica a Lei quanto la Fisica stia prendendo questa piega.
Concludendo: non solo vi invito tutti a leggere sul sito di Avvenire l’articolo di Gabriella Greison, ma aggiungo che la Fisica bisognerebbe studiarla anche alle elementari, in modo che chiunque, non solo i medici, ma anche i panificatori, i parcheggiatori, i bagnini, i piastrellisti, i rivenditori di cuscinetti a sfera (forse loro sono già avanti), possano averla nella mente, da qualche parte. L’impenetrabilità, i meravigliosi vettori, le potenze, le possibilità, la geometria non euclidea, le dimensioni possono salvare non il mondo, ma le menti senz’altro.