Pensavate che il Covid fosse solo un brutto ricordo, archiviato tra le mascherine appese allo specchietto retrovisore e i meme su Giuseppe Conte alle conferenze stampa? E invece, il virus “che non ci ha del tutto abbandonato” è tornato a bussare, e questa volta ha pure un nome da supereroe: Stratus. A dirlo non è il cugino complottista al pranzo di Ferragosto, ma Mauro Pistello, direttore dell’Unità di virologia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa e uno dei papà della rete di sequenziamento dell’Istituto superiore di sanità. Tradotto: quello che guarda il Dna del virus mentre noi guardiamo Netflix. Secondo lui la variante Xfg, ribattezzata “Stratus”, è già oltre il 50% dei contagi. Arrivata dagli Usa (perché le “mode” arrivano sempre da lì), ora è dominante anche in Italia.

La cosa curiosa è che non si parla più di mal di gola blando o raffreddorini post-discoteca, ma dei vecchi sintomi hardcore della pandemia: perdita improvvisa di gusto e olfatto, febbre alta, difficoltà respiratorie. Quelli che nel 2020 ti facevano correre a Google per digitare “quanto dura tampone molecolare”. Per dare un’idea: il report del Ministero della Salute parla di 1.391 casi, in crescita rispetto ai 1.091 precedenti. Numeri bassi, per ora, ma abbastanza per ricordarci che il virus non ha intenzione di mollare la presa. La domanda che brucia è sempre la stessa: cosa succede ora? Pistello non ha girato intorno: “C’è una fascia vulnerabile, over 60-70, che ha perso lo scudo immunologico”. Perché? Vaccinazioni lontane, poche infezioni recenti e quindi meno anticorpi freschi in circolo.