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Il governo Meloni aumenta lo stipendio degli statali, ma che senso ha premiare un sistema parassita?

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

17 novembre 2025

Il governo Meloni aumenta lo stipendio degli statali, ma che senso ha premiare un sistema parassita?
Il ministro per la pubblica amministrazione Paolo Zangrillo sta spingendo affinché si arrivi alla firma del nuovo contratto collettivo per i dipendenti statali: il governo Meloni, dopo aver alzato le tasse, ora promette uno dei maggiori aumenti degli ultimi dieci anni per i lavoratori pubblici. Tutto questo ha un nome e non è neoliberismo…

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Chi ancora covasse dubbi sulla natura “socialista” del governo Meloni, guardi alla buona volontà del ministro della pubblica amministrazione Paolo Zangrillo. Non paghi delle tasse sulle banche, sugli affitti brevi, i favori alle caste professionali (tassisti e balneari) che guadagnano non in condizioni di mercato, ora il governo spinge per la firma del nuovo contratto collettivo 2025-2027 per i dipendenti statali. Da qui al 2027 i dipendenti statali riceveranno un aumento del 5,4% dello stipendio, arrivando a circa 158 euro in più in busta paga ogni mese (nell’ultimo anno). Certo, chi negherebbe 160 euro in più a un maestro o un professore? Ma i primi a guadagnarci saranno i 200 mila dipendenti dei ministeri, delle agenzie fiscali. Dell’Inps... Le cosiddette “funzioni centrali”. Per chi ancora fosse restio a definire socialista questo governo, parliamo del più importante aumento in punti percentuale dal 2016. In sintesi, il governo Meloni è stato l’esecutivo che nel corso degli ultimi dieci anni ha aumentato di più le tasse e, parallelamente, gli stipendi dei dipendenti pubblici. Chiunque abbia avuto a che fare con l’Inps o la pubblica amministrazione sa quanto sia inappropriato, per usare un eufemismo, pensare di “premiare” certi (e non tutti) dipendenti pubblici. Se ci metti che nel Paese del “posto fisso” il sistema dell’impiego pubblico è completamente disfunzionale (soprattutto al Sud) e inefficiente, ecco la ricetta perfetta per il fallimento. Non solo economico, ma morale. 

Per esempio: i sostenitori degli aumenti agli statali sono certamente sostenitori del sistema della tassazione. Questo è naturale, dal momento che gli stipendi degli statali vengono pagati grazie alle tasse dei cittadini. Ma i dipendenti pubblici non pagano le tasse, se non formalmente. Le tasse sono un prelievo forzoso dalle tasche dell’individuo. I dipendenti non posso fare quasi nulla per impedirlo, poiché questo prelievo avviene direttamente in busta paga. Ma se la busta paga la paga lo Stato con i soldi delle tasse, cos’è che lo Stato trattiene davvero ai dipendenti pubblici? È un circolo vizioso in cui i soldi delle tasse vengono usati per pagare dipendenti pubblici che cedono una parte di questi soldi come “loro tassa”, ma in realtà non stanno dando allo Stato niente che altri dipendenti privati non abbiano già dato. 

Il ministro per la pubblica amministrazione Paolo Zangrillo
Il ministro per la pubblica amministrazione Paolo Zangrillo Ansa

Sul web gira un’immagine che ci aiuterà a capire perché tutto questo sia sbagliato. La filosofia e la politica ci hanno abituato a considerare la società come una piramide e chi è al vertice, i ricchi, normalmente è il cattivo. La società, però, non funziona così. In realtà la società non va divisa in senso orizzontale, con i ricchi sopra e i poveri sotto, ma in senso verticale, con i ricchi e i poveri nel settore privato e i ricchi e i poveri nel settore pubblico. I politici o i dipendenti pubblici, infatti sono molto più simili tra loro di quanto non si pensi. Le loro entrare dipendono interamente (a meno che non abbiano attività nel privato) dalla colonna dei privati, ricchi o poveri che siano. Il vero sfruttamento, quindi, non è di chi sta in alto contro chi sta in basso, ma di chi sta da un lato, quello dello Stato, contro chi non guadagna soldi presi ad altri individui contro la loro volontà.  

I servizi pubblici, inoltre, sono profondamente inefficienti. Le partecipate statali sono moribonde, i ministeri sono per definizione erogatori di soldi no-profit, cioè degli enti che spendono soldi non loro non a fini di lucro. Alcuni ministeri ci sembrano importanti (quello della giustizia o quello della difesa per esempio), ma altri sono decisamente un esempio migliore di quanto inutile sia tenere in piedi una macchina costosissima che non è chiaro perché dovrebbe spendere dei soldi, senza pensare a guadagnare: il ministero della Cultura per esempio. In un libro che è ormai un classico dell’economia, Burocrazia, Ludwig von Mises spiega bene perché la burocrazia e l’apparato statale siano inefficienti. Sostanzialmente è come pretendere di giocare a calcio con un pallone bucato e spendere molto più del necessario per gonfiarlo ogni tre minuti, quando basterebbe comprare un nuovo pallone. Ecco, lo Stato è incapace di comprendere questa semplice regola e continuerà all’infinito a gonfiare un pallone sgonfio. Se la metafora non vi convince pensiamo a un esempio concreto: l’assistenzialismo al Mezzogiorno, che già Sciascia aveva giustamente ridicolizzato, perché era come finanziare le mafie e un sistema corrotto. Insomma, un pallone bucato!

Il nuovo look di Giorgia Meloni
Giorgia Meloni

Il sistema pubblico non premia neanche il merito, ma usa parametri creativi, come l’anzianità. Da più anni lavori, più sarai alto nella gerarchia professionale, più guadagnerai. Potresti essere un anziano con una competenza informatica ridicola e essere a capo dell’ufficio in cui dei giovani funzionari avrebbero solo da insegnarti. Un altro modo di vederla è questo. Il sistema pubblico premia la fedeltà, ma in un’accezione smaccatamente servile. Più sei fedele a quel sistema, più andrai avanti. Questo avviene anche nel privato, direte, ed è vero. Ma le differenze fondamentali sono almeno due: nel sistema privato se non sei anche bravo nel tuo lavoro, difficilmente qualcuno sarà disposto a pagarti. In più, anche venissero premiati degli incapaci, questo avverrebbe sempre a spese dell’imprenditore privato e quindi non con i nostri soldi. Che sia chiaro: nel settore pubblico ci sono persone che lavorano in modo incredibile e ricevono persino meno di quanto meriterebbero. Docenti, medici, assistenti sociali che hanno dedicato la loro vita al proprio lavoro, un’area che spesso è quasi completamente assorbita dal sistema pubblico (come nel caso dell’istruzione o della sanità). Il problema quindi non è pensare di premiare alcune persone virtuose che lavorano nel settore pubblico. Il problema è pensare di poter garantire un aumento standardizzato ai dipendenti pubblici in generale, riversando delle risorse in un sistema, preso in blocco, invece che su specifiche persone meritevoli. I professionisti meritevoli sarebbero altrettanto meritevoli nel privato, se solo avessero la possibilità di spostarsi e di non subire la concorrenza sleale dello Stato che, nei loro campi, divora quasi ogni opportunità lavorativa. 

Tutto questo è vero, ma anche chi non dovesse crederci dovrebbe comunque accettare di chiamare il governo Meloni “socialista”. Il socialismo, infatti, non è solo Che Guevara e la bandiera rossa, ma un modello economico in cui i mezzi di produzione non sono di proprietà privata. Socialista è quel sistema economico che prova a “correggere” il libero mercato, se non a rimpiazzarlo con un tipo di economia completamente pianificata. Il sistema pubblico è il sogno di qualsiasi socialista, poiché si alimenta una macchina completamente fuori dal libero mercato. Ora dovremmo chiederci: cosa farebbero dei politici socialisti se fossero al governo? Di certo cercherebbero di alimentare il sistema pubblico che si nutre delle entrate dello Stato. Quindi aumenterebbero le tasse e proveranno a tenere in vita il sistema in cui vivono, cioè l’apparato statale. Cosa ha fatto il governo Meloni? Ha aumentato gli stipendi dei dipendenti pubblici e contestualmente le tasse. 

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