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Delitto di Garlasco, il padre di Chiara intercettato: “C’è da salvare quello che resta”. L’atteggiamento dei Poggi è inspiegabile se si ignora il filtro dell’umanità (e alcune carte)

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

  • Foto di: Ansa

25 dicembre 2025

Delitto di Garlasco, il padre di Chiara intercettato: “C’è da salvare quello che resta”. L’atteggiamento dei Poggi è inspiegabile se si ignora il filtro dell’umanità (e alcune carte)
Nel delitto di Garlasco tornano al centro le intercettazioni ambientali in casa Poggi e una frase del padre di Chiara che divide l’opinione pubblica. Tra verbali incompleti, carte dell’indagine, Procura, posizione della famiglia Poggi, Alberto Stasi, Andrea Sempio, nuovi (e clamorosi) scenari investigativi e letture mediatiche, il caso mostra ancora una volta la distanza tra giudizio pubblico, dolore privato e percorsi giudiziari. Ma pure quanto pesano (non sempre in bene) le ancore…

Foto di: Ansa

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

Gira in questi giorni il verbale (non completo) di una intercettazione ambientale a casa Poggi. I giorni sono quelli in cui il dolore è ancora quasi tutto da capire davvero. Giuseppe, il papà di Chiara, parla al telefono con la sorella (la moglie di Ermanno Cappa e mamma delle gemelle Paola e Stefania) e, a proposito della salute di Paola, fa una affermazione che suona più o meno così: dobbiamo salvare chi resta. Poi, poco dopo, la stessa frase, o comunque una affermazione del tutto simile, la fa rivolgendosi alla moglie Rita: c’è da salvare chi resta. Poche parole e giù i soliti social e i soliti salotti urlati, a inveire contro la famiglia Poggi, a dare addosso a un padre e una madre che, comunque, hanno perso una figlia ammazzata nel fiore dei suoi anni (sì, è di quelle frasi fatte che su MOW evitiamo come la peste, ma è quello che è). Perché quella frase estrapolata da un verbale allunga la serie di dichiarazioni e prese di posizione oggettivamente poco comprensibili da parte dei Poggi e perché presta pure il fianco a ricostruzioni sull’omicidio che coinvolgerebbero altre persone oltre quelle già formalmente indagate e quella già in carcere. Quello che però nessuno ha detto è che in quel verbale manca una parte importante. Non perché qualcuno – nell’inaccettabile e ormai pure innegabile fumosità di come sono state condotte le indagini a Garlasco – abbia voluto nascondere, ma perché Giuseppe e Rita Poggi, insieme a Mariarosa, erano entrati in quella stessa conversazione nel dettaglio di alcune questioni di salute. Niente di rilevante, quindi, ai fini dell’indagine, ma di assolutamente rilevante in merito alla riservatezza dei dati personali. Insomma, quella frase, c’è da salvare chi resta, può avere qualsiasi valore, ma è comunque opportuno contestualizzarla.

La famiglia Poggi
La famiglia Poggi

Significa che la famiglia Poggi è sempre giustificabile? No, significa solo che, ancora una volta, c’è da darsi una regolata tutti e rendersi conto che nel fiume delle supposizioni da show, c’è comunque una Procura della Repubblica che sta lavorando e che, quasi certamente, ha in mano molto più di tutto il poco che si sa. Poi, certo, ci sta che ognuno si faccia una sua idea e che ci si ritrovi a trovare comunque inspiegabile l’atteggiamento della famiglia Poggi ora che tutto sembra dire che in effetti Alberto Stasi potrebbe non essere l’assassino di Chiara Poggi. Il punto, però, è che un padre e una madre che hanno perso una figlia vanno considerati, sempre, dentro una casa che ha perso uno dei pezzi che la riempiva. E mai dentro un’aula di tribunale dove, non a caso, ci si fa rappresentare.

Insomma, l’atteggiamento dei Poggi è oggettivamente inspiegabile rispetto a alcune posizioni, ma solo fino a quando non si ricorre al filtro dell’umanità. Perché è vero che i legali di Sempio e quelli dei Poggi sono sembrati perfetti alleati di recente (c’è un articolo del codice di procedura penale che parla chiarissimo e non a caso le carte sono già state inviate alla procura), è vero che gli esami disposti sugli oggetti di Chiara restituiti dal 2010 alla famiglia non avranno alcun peso processuale, è vero che sembrano non voler accettare un’altra verità possibile. Ma è vero pure che sono, appunto, un papà e una mamma. E che a parlare per loro – a parte rarissime volte – sono altri. A loro, invece, tocca, ormai da 18 anni, la fatica da cui non ci si distrae mai, neanche volendo: soffrire.

La villetta della famiglia Poggi a Garlasco
La villetta di via Pascoli

Per loro è sempre il tempo del dolore acuto. Quello che acceca a prescindere. O vogliamo dimenticare che anche quando, nel 2007, tutti puntavano il dito contro Alberto Stasi tranne proprio la famiglia Poggi, l’atteggiamento dei Poggi era definito inspiegabile? Signori, nel tempo del dolore acuto, quando l’esperienza si fa opaca e il linguaggio sembra perdere presa sulla realtà, l’essere umano cerca un appiglio. Sempre. E’ una necessità primaria. In quella fenditura della vita che resta nel bel mezzo di una tragedia atroce, chi appare come aiuto – quasi sempre una persona - viene investito di un credito assoluto. Non solo sostiene: orienta. Non solo accompagna: interpreta al posto di chi soffre. Figuriamoci nei procedimenti. Accade, allora, che l’aiuto si trasforma in ancora. Senza quell’ancora – quella persona - si ha la percezione di affondare. Assume i tratti dell’oracolo. Parla. Indica. Decide ciò che è giusto. Sente. Pensa. Fa. E chi soffre, in cambio della sopravvivenza emotiva, sospende il giudizio. Semplicemente si affida. E inevitabilmente si fida.

Se l’aiuto è mosso da autentica cura, questo delegare è salvifico. Perché restituisce tempo. Protegge. Permette al dolore di essere l’unico protagonista senza dover pensare a altro. Ma quando l’aiuto è attraversato da altro — bisogno di controllo, necessità, vanità morale, interesse materiale, ambizioni letterarie o qualsiasi cosa possa venire in mente — il rapporto si fa pericolo. Chi si è affidato non se ne accorge quasi mai: è troppo impegnato a restare in piedi. Diventa così strumento, voce indiretta, corpo esposto a decisioni altrui. Ritrovandosi in parole, opere o missioni che possono apparire irragionevoli. Anzi, che sono irragionevoli da fuori, ma che da dentro sono l’unico modo per non crollare. Il punto, purtroppo quasi sempre, è l’animo dell’aiuto o, se vogliamo, lo spirito vero dei delegati. Giacomo Leopardi, nello Zibaldone, ripeteva che “l’uomo non vive se non d’illusioni”. Non è una condanna, ma una diagnosi lucidissima. La malattia, semmai, è chi illude.

Omicidio Poggi, E SE L’ASSASSINO AVESSE AVUTO LE CHIAVI DI CASA? In pigiama Chiara a chi avrebbe aperto la porta? Solo ad Alberto Stasi? E se l’arma del delitto di Garlasco fosse più di una? Mentre il padre delle gemelle Cappa…
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