In Sicilia siamo tutti un po’ preoccupati per Manlio “bellicapelli” Messina. Sembra non azzeccarne una da un po’ di tempo a questa parte, però, forse, ha una strategia, chissà. Ha fatto la lotta interna al partito contro Luca Cannata - sindaco di Avola che doveva diventare coordinatore del partito e che ha detto a Report essere stato vittima del fuoco amico di Messina - e contro Luca Sbardella - mandato da Roma a commissariare i Fratelli coltelli d’Italia, diventati un po’ troppo litigiosi. Risultato: si è dimesso da FdI, è passato al gruppo (fritto) misto (calamari, gamberetti e merluzzetti) e si lamenta pure se Sbardella dice: “Ha fatto tutto da solo”. Non stiamo dicendo che la lotta interna a FdI l’abbia iniziata lui, anche se le lamentele intorno alla suo ruolo iniziano con una sciagurata mostra di foto a Cannes dal titolo “Sicily, Women and Cinema” (con tanto di copertina di Variety photoshoppata) al costo di 3,75 milioni di euro, mostra che doveva essere ripetuta l’anno successivo ma che fu bloccata, a causa del costo ritenuto eccessivo, da Renato Schifani che succedette a Nello Musumeci alla presidenza della regione Sicilia. È diventato il famoso “uomo 6” negli atti dell'inchiesta per corruzione che ha coinvolto l'assessore regionale al turismo, sport e spettacoli Elvira Amata e il presidente dell'Ars, Gaetano Galvagno, dove Messina non risulta indagato ma al centro delle relazioni oggetto dell’indagine. Infine, ed è notizia fresca, ha pubblicato una card su Instagram in cui appare con un doppiopetto gessato in stile Al Caponatina, sfidando il presidente Renato Schifani e candidandosi alla presidenza della Sicilia.
“Le dichiarazioni del presidente Renato Schifani – detta Manlio Messina a un’agenzia e riporta sul suo profilo social - appaiono alquanto vaneggianti e distanti dalla realtà politica siciliana. Schifani sembra avere la memoria corta: la sua candidatura alla Presidenza della Regione nacque da un accordo tra Forza Italia e Lega che tradì l’impegno assunto allora dal centrodestra e dall’ex presidente Nello Musumeci, secondo cui l’uscente non si sarebbe ricandidato per favorire il rinnovamento. Oggi quello stesso criterio viene completamente ignorato. Desidero essere chiaro con tutto il centrodestra: qualora il candidato alla Presidenza della Regione Sicilia dovesse essere ancora Renato Schifani, mi candiderò personalmente contro di lui. La Sicilia ha bisogno di una guida nuova, libera da condizionamenti e capace di restituire dignità e prospettiva a questa terra. Le fughe in avanti di Schifani e le sue dichiarazioni autoreferenziali rappresentano solo il tentativo di blindare una posizione di potere, non di offrire un progetto politico credibile per il futuro dell’isola. Sono pronto a cambiare tutto”, conclude l’ex vicecapogruppo alla Camera di FdI, il cui gessato, va detto, è marroncino, proprio quel marroncino che tanto disse male ad Achille Occhetto nella sfida televisiva del 1994 con Silvio Berlusconi, che invece il doppiopetto lo indossava (ca va sans dire) blu. Pare, sembra, che abbia deciso di fare un po’ di “sgrùscio” (rumore, in siciliano) approfittando del suo passaggio, stasera, su Report, in cui le faidelle interne a Fratelli d’Italia in Sicilia verranno lavate in pubblico. Qualcuno però spieghi all'onorevole Messina che "mi candiderò personalmente" non si può sentire: a meno che non sia previsto dalla legge italiana la possibilità di candidarsi per interposta persona (anche se avviene, uh se avviene).
Tornando alla candidatura a governatore siciliano (dal gruppo misto gli viene un po’ d’ “acchianata”, di salita), qualcuno, maliziosamente, fa risalire l’astio nei confronti di Renato Schifani proprio alla bocciatura del progetto “Sicily, Women and Sicily” (qualche gigantografia delle donne nel cinema ambientato in Sicilia), che corrisponde, foto di fimmina più, foto di fimmina meno, al declino nel partito del “golden boy” e “golden hair” cresciuto nelle file di Azione Giovani e amico personale di Giorgia Meloni (Fabrizio Corona arrivò ad attriburgli, falsamente, un flirt con la premier: attribuzione per la quale è in corso un processo a seguito di querela). Intanto, tra i due litiganti, il terzo gode: in Sicilia tutti, ma proprio tutti, sono convinti che il prossimo governatore, forse a reti unificate (potrebbe anche non dispiacere al centrosinistra, dato il suo profilo moderato e liberale), sarà Giorgio Mulè, che in una recente intervista a La Sicilia ha fatto sapere di avere già trasferito la residenza nell’isola – requisito essenziale per la candidatura - e che nei giorni scorsi è apparso a Mondello insieme a Ismaele La Vardera in un sit-in antimafia a seguito delle minacce ricevute dal deputato Ars d’opposizione a seguito delle sue denunce contro presunte infiltrazioni mafiose nei lidi balneari siciliani: residenza e trasversalità sono pronte.
Stasera, Manlio Messina sarà a Report, dove risponderà alle ultime affermazioni di Luca Cannata e di Luca Sbardella. Nelle anticipazioni della trasmissione di Sigrifo Ranucci, Messina dice di essere stato fatto fuori dal “fuoco amico” e che l’ordine, a suo dire, sia partito da Roma, perché dava fastidio avendo parlato di “figliocci di” che sarebbero stati avvantaggiati da scelte politiche ed economiche. Per Luca Cannata, invece, è stato Manlio Messina ad aprire il “fuoco amico” – una questione di contributi e rendicontazioni - per evitare che Cannata diventasse coordinatore regionale. Nel frattempo, il Corriere della Sera ventila l’ipotesi che Messina stia addirittura guardando a sinistra e a Catania, città di Manlio, sono partite le perculate sul “Compagno Manlio”, anche se, sottovoce, si dice anche: “Se vuota il sacco è un gran casino”. Tutto fa pensare che siamo solo ancora all’inizio di “Bellicapelli 2, La Vendetta”.