Sfuggire a una verità definitiva. Anche quando comincia a sembrare vicina. Sembra l’unica regola di tutto il gran parlare che si fa intorno al delitto di Garlasco e all’inchiesta riaperta dal procuratore di Pavia, Fabio Napoleone, con Andrea Sempio per ora – e ribadiamo “per ora” unico indagato. Tra nuove analisi tecniche e riletture investigative che mettono in discussione certezze consolidate, infatti, spuntano anche gialli dentro il giallo. Come la grande domanda che riguarda il servizio delle Iene mai andato in onda: la testimone che avrebbe visto una donna in un posto diverso a quello in cui aveva dichiarato di essere è davvero morta oppure è ancora viva? E se davvero fosse morta, adeso sta per essere resa pubblica la testimonianza di una seconda persona che, invece, può raccontare dalla sua viva voce cosa vide in quel maledetto 13 agosto del 2007?
Insomma, più si va avanti e più crescono le domande invece di diradarsi, tanto che in molti, ormai, sono arrivati anche a chiedersi se Alberto Stasi avesse ufficialmente scoperto (con quella telefonata ai carabinieri) qualcosa che in verità a Garlasco si sapeva già da qualche ora (l’avv. Lovati aveva pure provato a dirlo, salvo poi ritrattare e riferire di un ricordo confuso). Troppe cose che non tornano. Troppi rientri in fretta e furia dalle vacanze e in orari che non combinano. Troppo potere, locale o meno locale, che s’è mescolato a indagini che, come minimo, aprono a un mare di legittimi dubbi.
Ora, a incalzare ulteriormente, c’è anche la criminologa Simona Ruffini che, ospite di Zona Bianca, ha rilanciato un’ipotesi: sulla scena del crimine potrebbero esserci state più persone. Ha spiegato che solo un’analisi integrata — che tenga insieme la Bloodstain Pattern Analysis (BPA) e le valutazioni medico-legali — potrà chiarire se l’azione sia stata compiuta da un solo soggetto o da più individui. Un ruolo centrale, in questo senso, sarà giocato anche dagli accertamenti della professoressa Cristina Cattaneo, chiamati a dialogare con i dati emersi dall’analisi delle tracce di sangue.
Lo scenario delineato dalla Ruffini è definito “molto inquietante”: più persone che si accaniscono sulla vittima, forse utilizzando armi diverse, e un gesto finale — il corpo di Chiara gettato dalle scale — che non risponderebbe a una necessità funzionale. “Quel gesto –ha detto - non è funzionale all’omicidio, è una scelta”. Ma la scelta dell’assasino, degli assassini o di chi potrebbe essere intervenuto dopo? Da qui l’apertura a ipotesi di movente che vanno oltre le categorie tradizionali. La Ruffini, infatti, ha invita a non limitarsi nell’analisi a spiegazioni legate a interesse, rabbia o paura, ma a considerare anche dinamiche più oscure, come quelle sadiche: “un gioco crudele e sadico”.
A rafforzare l’idea di un quadro ancora incompleto è intervenuto anche il medico legale Vittorio Fineschi. Dal punto di vista scientifico, ha spiegato, il caso Garlasco presenta ancora lacune decisive: non esiste una determinazione certa dell’epoca della morte, l’arma del delitto non è mai stata identificata e la dinamica resta frammentaria. “Dal punto di vista medico-legale – ha detto - lo scenario è ancora tutto da riscrivere”. Solo che, nel frattempo, c’è una persona, Alberto Stasi, in galera da oltre dieci anni e ce ne è un’altra, Andrea Sempio, che – a questo punto diventa pure legittimo pensarlo – potrebbe essere stato solo un gancio per riaprire un’indagine che potrà andare concretamente avanti solo se andrà concretamente avanti anche quella per corruzione contestualmente aperta dalla Procura di Brescia.