Ma voglio dire, siamo stati anni, dico anni, a parlare di ritorno alla natura, di controesodo, di nomadi digitali, di smart working e via discorrendo, e adesso arriva un* (o più) assistenti sociali (che nome orripilante, che professione ribrezzevole) che brasano via una discussione seria (io, per il mio, ci ho scritto tre libri: Manifesto per le Città alla Fine del Mondo, Il Carrubo e l’Unità di Misura del Diamante – finalista al Campiello Natura – e Pastorale Siciliana, che uscirà l’anno prossimo) e all’improvviso impongono il loro pensiero fatto di cameretta e cucinina e parabolina e ogni giorno svegliarsi e il mutuo e le bollette e la schiavitù somma della propria vita, che però ha bisogno di una “società” da “assistere”, altrimenti dimmi che se ne farebbero della loro vita ogni giorno trovandosi sul pianerottolo (odore di broccoli dall’appartamento accanto, buio, accendere il riscaldamento, la maniglia di una porta fredda, mattonelle, nel migliore dei casi parquet scadente – vuoi mettere le meravigliose assi di legno scricchiolanti della casa nel bosco di Walden? – e nel futuro una sola cosa: la pensione, il plaid, l’RSA dove la società si prenderà cura di te – strappandoti la pensione, ça va sans dire – accompagnandoti alla morte, e sperando che avvenga presto, perché sei una pratica da sbrigare, come pratiche da sbrigare sono stati gli altri nella tua vita… no, non possiamo chiamarla vita: nella tua morte in vita, nella tua putrefazione lavorativa stipendiata, così come pratiche erano dei bambini che avevano davanti una splendida vita, quella per sempre a te negata, a contatto con il mondo, quello vero, non quello del supermercato.
Ma comunque, dicevo…
Siamo andati avanti anni dicendo che la città è un concetto superato. Perché la città, assistente sociale che assisti, te lo spiego io cos’è: un risultato della Rivoluzione !ndustriale, quando servivano schiavi. “Operai” li chiamavano, ma schiavi intendevano. E così la città passò da luogo di mercato – nella città si faceva la fiera delle vacche, nelle città si andava a teatro, nelle città si compravano le cose, nelle città si andava a puttane o si compravano libri, pochi, bastevoli, per poi tornarsene in campagna o nei boschi, perché lì era ancora la vita – prima della Rivoluzione industriale – e la città era giusto un week-end. E chi ci abitava veniva guardato con quella distanza che si riserva alle cose esotiche: le ballerine del tabarin (prostitute e tubercolosi), il libraio (un topo di biblioteca, vita malsana, povero, tubercolosi), il banchiere (cartamoneta, polvere, tubercolosi). Insomma: la città, bella ma non ci vivrei.
E poi, la Rivoluzione industriale! Cos’era quella cosa? Il telaio che la Berta filava? Ma anche le acciaierie, la metalmeccanica, le industrie e il bitume, ché le strade, durante il boom economico, andavano asfaltate per farti comprare la macchina a rate e così avvili-rupti per sempre alla fabbrica.
E adesso chi difende questo punto di vista cittadino? La Sinistra. La Sinistra politica. No, perché l’ho letto: Christian Raimo, su il Domani, ragionava tipo Samuel L. Jackson in Django Unchained, il nero che convinceva gli altri neri a stare sottomessi al padrone. Come se la Rivoluzione Digitale non fosse mai avvenuta, lasciandosi alle spalle quella follia della fabbrica.
Perché è strana, la Sinistra. Strana come Christian Raimo. Perché il mio caro Marx aveva detto: “Rompetegli il culo, al Capitale e a quello Stato che è anche lui al servizio del Capitale con le leggi sulla retribuzione del plusvalore.” O no?
E invece adesso abbiamo una Sinistra e un Christian Raimo che blaterano cercando di convincerci che quella famiglia – che manco è italiana – doveva, dico doveva, voce del verbo “dovere”, mettersi al servizio degli altri, colpevole, la famiglia nel bosco, di “pensare ai propri figli e non ai figli degli altri”, quelli che se ne stanno davanti al cellulare il giorno intero, o quelli, tipo, che scrivono su il Domani, fondato da un capitalista. O no?
Che brutto, il bosco, per questa Sinistra: non vorremo mica togliere braccia e tasse e mutuo e bollette e affitti da pagare? Non vorremmo mica togliere braccia schiave a vita solo perché hanno avuto la sventura di figliare, e i figli vanno messi nel circuito scolastico per poi laurearsi, figliare, chiedere a un direttore di banca un mutuo e poi tac, essere nel Sistema a vita.
Questa non è “sinistra non marxista”, questa è “sinistra antimarxista”, sinistra pro-Capitale, sinistra sindacale sempre pronta a trovare un accordo coi padroni.
Vi sembro esagerato? Fate voi, me ne fotto alla grande. Io non sono un essere “sociale” e il mio Maestro, nel libro Dell’indifferenza in materia di società, mi insegnò: “Non solo vogliono la società, per di più la vogliono giusta.”
Sto esagerando? Me ne rifotto.
Ma sono sicuro che Christian Raimo della società si interessa moltissimo, e interessarsi della società significa interessarsi e difendere quel Capitale che abbisogna di schiavi.
E ripeto la domanda: i soldi de il Domani da dove vengono? Magari loro, tipo Raimo, manco lo sanno che stanno lavorando al servizio del Capitale. Ma ancora peggio, dato che si danno aria da intellettuali.
E insomma, per concludere, ché già mi avete annoiato: voi continuate a pensare che la famiglia nel bosco in Abruzzo sia una qualche forma di arretratezza. Mentre loro sono sparati nel futuro salvifico, voi, con le vostre chiavi della vostra porticina blindata che sa di “Pronto” (lo passate, il Pronto, sui mobili), siete Medioevo, siete oscurantismo e, come nel Medioevo, morirete male.
In una RSA.
Morirete, in una parola, ASSISTITI.
Quello che avete fatto per tutta la vostra vita: assistere (come portinaie che spiano).
E assistiti morirete dopo una vita al servizio della società: la società, questa forma di vita aliena che si è sostituita all’umano mettendovi sotto i piedi i pavimenti in luogo della terra e separandovi per sempre dal vostro essere che ancora, ogni tanto, vi urla dentro la sera, quando vi affacciate alla finestra e davanti a voi c’è un altro palazzo dove si consuma una tragedia identica alla vostra.
Bonne nuit, cittadini.