Moriremo tutti cuffariani. Che meraviglia. Io lo dico da un paio di decenni che la Sicilia non è arretrata ma proiettata nel futuro. Voi non mi volete credere. Ma il Tempo è galantuomo e la Storia via via mi dà ragione. Siamo soltanto arrivati prima allo Zenit occidentale, con la Magna Grecia, dopodiché stiamo decadendo, più o meno serenamente, da allora verso la morte del sole. E voi ci state seguendo: o credete ancora nel progresso? Moriremo tutti cuffariani, perché Totò Cuffaro non è, come lo descrivono i giornalisti esaltati un traffichino, no, egli è l’archetipo del Potere. Voglio dire: certo che la magistratura fa bene a indagare e a fare il suo dovere, dobbiamo pur darci una parvenza di dignità, come in un prediciottesimo di provincia: un vestito elegante anche troppo, una limo per lui una carrozza per lei, feste, festini, fuochi d’artificio, cantanti neomelodici, ma, insomma, si sa che poi tutti alla fine invecchiano e decrepitano e si sfaldano e muoiono. Insomma: la giustizia è decenza, Totò Cuffaro è la Realtà.
Ah che bei tempi quando la Lega (adesso alleata proprio con Cuffaro, anche se in queste ore rinnega il passato – passato di circa un mese fa, quando si annunciò l’alleanza politica) raccontava una Sicilia in mano al malaffare truffaldino, dove le nomine si facevano sottobanco per soldi, per potere, per interessi personali e mai pubblici. Ci sono cascati anche loro, che vi avevo detto? Perché la democrazia è “quella cosa lì”, potete abbellirla, ideologizzarla, giustificarla, giustizionalizzarla, ma quella è: una ragazza che festeggia il prediciottesimo mentre già la pelle sotto gli avambracci comincia a fluttuare. Adesso anche Renato Schifani, pare che sia distrutto, affranto, dolente, mortificato, non sa – addirittura – se fare un passo indietro (non si può andare indietro perché non c’è dove tornare, non si può andare avanti perché non c’è dove andare – traslittero così il mio Manlio Sgalambro, che di sé diceva: “Le cose migliori le ho fatte nel passato, marcisce anche il pensiero”). Ma come, Renato, hai avuto l’onore di stare accanto a Totò Cuffaro, alla Storia incarnata, alla Politica fatta carne e cannoli, e ti lamenti? Forse è triste perché ha scoperto che in Sicilia, al posto del governatore, comandava Cuffaro. Ma dai, non fare così, non si può vincere contro Totò Cuffaro, egli non è un uomo, egli è uno scudo crociato che splende nel cielo dell’Apocalisse: gli uomini passano, il Potere no, e il Potere, con tutte le sue caratteristiche, in questo momento è incarnato in Totò, che si “ha” fatto pure la galera.
Che meraviglia, la lingua siciliana: nessuno si “è” fatto la galera, la galera si “ha”, come qualcosa di esterno, come il bacio della Storia. Moriremo tutti cuffariani, perché mentre il mondo si siculizza la Sicilia cuffarella, è tutto un cuffarellare, dai consigli comunali ai posti di sottogoverno, dal Ponte sullo Stretto ai Consorzi di Bonifica, dalla Sanità agli Appalti, chi cuffarella di qui, chi cuffarella di là. Altro che Angela Merkel in pizzeria, funiculì funiculà, esempio fulgido di un poterucolo che passa e poi svanisce, evapora nei fumi di una margherita appena sfornata incrociando Gennaro Sangiuliano, col cappellino Make Naples Greta Again (che manco si può pronunciare, MNGA MNGA, sembra un neonatino che vagisce), no, Cuffaro è il Potere che non marcisce, come il Fiore di carta stampato che si accompagna alla bustarella durante il funerale del mondo, mentre noi siciliani accompagniamo il feretro cantando, alla maniera dei funerali in New Orleans o in Ghana, cantando in quattro quarti tarantellosi CUFFARELLI’ CUFFARELLA’. Moriremo tutti Cuffariani. Perché il vizio (di forma, direbbe l’amato Thomas Pynchon) perde il pelo, ma non il Potere. Sì, morirete tutti cuffariani. CUFFARELLI’, CUFFARELLA’.