Nelle ultime ore è tornato a far discutere l’incidente di Casal Palocco dello scorso giugno. Incidente causato dallo youtuber Matteo Di Pietro, che al momento dell’impatto si trovava alla guida di un Suv Lamborghini preso a noleggio per un video da caricare poi sul canale YouTube Theborderline. La velocità a 120 km/h dove il limite segnalava appena 50, l’impatto con la Smart che svoltava, e la morte del piccolo Manuel che aveva solo cinque anni. Sui social nelle ultime ore è diventato virale il video dello scontro, proprio adesso che è arrivata la condanna definitiva per Di Pietro. Il giovane, che in aula ha espresso le sue scuse e riconosciuto le proprie responsabilità, ha patteggiato a quattro anni e quattro mesi, una sentenza che evita il carcere. “Credo che questa sia una condanna in linea con quelle che sono le finalità del nostro ordinamento, di rieducazione, risocializzazione proprie della sanzione penale - ha commentato l’avvocato del giovane -. Sono cardini fondamentali del nostro ordinamento penale, previsti dalla Costituzione, e importanti nel valutare poi la correttezza di questa pena”. Una condanna, però, che ha creato molte polemiche, e a quanto pare anche qualche sintomo di rabbia. Ma quale sarebbe una soluzione adeguata? Il giornalista Giorgio Dell’Arti pare avere un’idea…
“C’è la storia di questo Matteo Di Pietro, youtuber che correva a 120 all’ora su una strada di Casal Palocco - recita la voce del giornalista in un video Instagram -, a Roma, dove non si può andare più di 50. E si registrava, era una sfida da pubblicare poi su YouTube, e per fare il cretino - commenta di Dell’Arti - ha travolto una Smart che stava svoltando a sinistra, e così ha ammazzato un bambino di cinque anni”. La ricostruzione dell’incidente, con qualche giudizio, di Dell’Arti lascia spazio prima al commento caustico sulla giustizia italiana, “questo signore ha patteggiato quattro anni e quattro mesi, e grazie alle norme italiane non si fa neanche un giorno di galera”, e poi alla rabbia. “Mi viene in mente che forse bisognerebbe almeno corcarlo di botte - ha detto il Dell’Arti -. Perché qualcosa deve pagare uno così”. Ma la violenza, “al di là della sensazione di profonda ingiustizia”, come ricordato dallo stesso giornalista nel suo commento, può essere una soluzione?