Bella Ciao. È pioggia di defollow e polemiche per molti influencer dopo il risultato delle elezioni politiche dello scorso 25 settembre. I nostri, ora che l'antifascismo è trend, fanno di tutto per comunicare il proprio malcontento rispetto alla vittoria di Giorgia Meloni. Purtroppo per loro, però, la politica non è una tisana detox o uno sgamo sul decluttering, per cui non riescono a fare un passo social senza pestar merdoni. In pratica, un mirabilissimo spettacolo di autocombustione spontanea che ancora una volta dimostra come 'sti miracolati eletti dai follower, siano in grado di rappresentare a malapena se stessi, figuriamoci degli ideali. Come le squinzie che il giorno della morte della regina Elisabetta postavano proprie foto lascive con l'hashtag virale #QueenElizabethII, ora gli influencer pubblicano i loro pigri pensierini sul "fashismo kattivo" tramite #resistenza. Il problema è che questa operazione di self branding politico gli sta facendo vincere, per ora, solo pernacchie, risa assai copiose e temibili espressioni di hate speech come "Ma che caz*o dici?". Intanto Chiara Ferragni si distingue lanciando, nel pieno della fashion week, il "mini sweater" in lana con mezzo seno a vista. E sapete che c'è? Fa bene lei.
In questa inedita fascist week, per mancanza di fascismo, la prima a crollare è stata Francesca Michielin. La cantante e attuale conduttrice di X Factor, lunedì mattina si è svegliata con un eroico "Oggi inizia la #resistenza. Buongiorno a tutt3". Letteramente un'ora dopo, stava catwalkando sulla passerella di Miu Miu. Get the partigiano look. Una marea di follower in tempesta ha pur provato a spiegarle il pessimo tempismo dell'accostamento (stiamo parlando di due storie Instagram consecutive), ma solo chi sbaglia spiega e l'interprete ha preferito mantenere un decoroso silenzio. La immaginiamo, griffatissima, in pieno rewatch de La Casa di Carta per capire cosa indossare sul Piave.
Forti emozioni arrivano anche dall'Estetista Cinica, non digiuna da probelmucci comunicativi e non solo che, per il 25 settembre, aveva organizzato una meravigliosa giornata di sconti sui prodotti di cosmesi acquistabili nel suo store con il codice #ElectionDay. "Mi sembrava doveroso", aggiungeva in caption per lanciare la promo. Beh sì, starà pure incombendo il fascismo ma, se non altro, di certo non ci troverà con la cellulite sulle chiappe. Con le reni spezzate, magari, ma senza l'ombra di un brufoletto in viso. Doverosissimo.
Impossibile non menzionare anche la regina degli armadi Rock and Fiocc, al secolo Giulia Torelli, che si è resa protagonista di un'invettiva contro gli anziani, "rincoglioniti" rei di avere ancora il diritto di voto e di averlo pure esercitato, invece di stare a casa il 25 settembre a, immaginiamo, aprirsi un profilo Instagram per poter gustare i suoi magici tips sul cambio stagione. "Mi sono fatto due anni di pandemia per salvare i vecchi e ora loro vanno a votare la Meloni", recita un tweet virale in questi giorni che sostanzialmente si avvicina molto, a livello di senso, allo sproloquio di Torelli. E allora perché la prima ha fatto incazzare un po' tutti, Selvaggia Lucarelli in primis, e il secondo è stato preso per la divertente boutade che è? La differenza è il livore, la supponenza, il tono di chi si sente in diritto di poter parlare di ogni aspetto dello scibile umano come fosse al bar e non davanti a 200K follower perché tanto ormai è arrivata, "può". Ebbene, la shitstorm di questi giorni le sta dimostrando che, invece, non è così. "Preparatevi a vedere morire i vostri anziani", poi, l'aveva già detto Boris Johnson in piena pandemia. E anche per questo, forse, ora al massimo può darsi al decluttering.
"Oggi è un giorno triste per il mio Paese", cinguetta Damiano dei Maneskin e via, ecco l'Ansa che lo riprende seduta stante, come se 'sto pensierino fosse comparso sul profilo di uno capo di Stato estero. Dove sta davvero il problema? In quello che l'influencer dice, spesso in piena contrapposizione con le sue stesse azioni, o nell'eco mediatica che ogni testata giornalistica concede a qualunque personaggio venuto dal niente ma molto seguito sui social qualora emetta un peto? Si tratta di un complesso sistema di specchi e leve che si autoalimenta da sè generando morti di click da entrambe le parti. Così succede anche che la poetessa Giorgia Soleri paragoni il tanto paventato ritorno del fascismo a qualcosa di peggiore di qualunque malattia cronica. Giusto per ricordare che, fashi o non fashi, a lei fa ancora male la fessa. Sai mai qualcuno se ne scordi facendosi distrarre dalla preoccupazione verso il futuro del nostro Paese.
E poi c'è Pippo Civati. A dare uno sguardo ai suoi profili social, ancora non è chiaro se da grande voglia fare il content creator per pagine comedy troppo divertenti o il politico. Seguito, non c'è altra spiegazione, da uno staff di sedicenni a curargli la comunicazione, già il giorno stesso delle elezioni, ancora prima della grande debacle, ha sentito l'esigenza di postare un messaggio di scuse. Per la sua "Possibile" campagna elettorale? Per essersi scelto un nick, "Ciwati", che pare una parodia alla stregua di Phazyo? No, per non essere riuscito a rispondere a tutti i messaggi di sostegno che gli erano arrivati nella chat Telegram "Better Call", qualunque roba sia, citazionismo Netflix a parte. Come gli stati sugli auguri di compleanno dei boomer che si scusano per non aver trovato il tempo di evadere tutti i "100 di questi giorni" recapitati da illustri sconosciuti via social. Perché? Perché la sinistra, in generale, ha puntato tutto su meme e asterischi virtuali, mentre nelle fabbriche, oramai da anni, ci vanno fisicamente Salvini e Meloni.
I vari Letta, Calenda e compagnia, frattanto, sono stati evidentemente impegnati a cercare grafici troppo top per costruire una compagna social così ammiccante da poter trasformare ogni singolo cuoricino in un voto fattuale. Ragazzi, non funziona. Perché il Paese è reale, non Be.Real. E poi anche perché è da scemi voler essere i primi della classe in una classe di ultimissimi. Abbiamo ben visto, finora, chi regna nel mondo dei social: individui autoreferenziali che hanno difficoltà a vedere qualche cosa, qualunque cosa, non includa il proprio ombelico. E sentirsi l'ombelico del mondo, perdonate la citazione infausta, non conferisce credibilità, solo meritatissimi sfottò. In attesa del primo che riuscirà nel prodigio di tatuarsi "Resistenza" sull'avambraccio, vedo nero.