C’è una magia speciale nelle storie che attraversano generazioni, e poche ne incarnano una così potente come Satisfaction Skank di Fatboy Slim. Quel titolo — un mashup storico nato più di vent’anni fa, frutto di un incontro immaginario tra The Rockafeller Skank e il riff eterno di Satisfaction dei Rolling Stones — ora è ufficiale. Dopo 25 anni di vita sotterranea nei club, nei file-sharing e nell’immaginario rave, il remix (o mashup) ha finalmente il sorriso dei suoi “genitori legittimi”.
Norman Cook, in arte Fatboy Slim, è stato una delle figure più iconiche della scena big beat britannica degli anni ’90, con i Chemical Brothers e i The Prodigy: un tempo in cui le parole vinile, breakbeat ed ecstasy non erano solo nomi su una playlist, ma parte dell’ecosistema culturale di un’intera generazione. The Rockafeller Skank non è solo un mashup o il remix di un brano con l’inserimento di un sample: sono due epoche per le quali la musica ha rappresentato uno stile di vita che ha dato origine a libri, film e serie, da Trainspotting a Vinyl.
La storia di questo mashup, o di questo sample, o di questo remix, è un po’ come una leggenda underground. Nel tardo ’90 e nei primi anni 2000, Satisfaction Skank non era un brano ufficiale ma esisteva, circolava su Napster o sui vari siti meno famosi di file sharing, in scarsa qualità (non era editata professionalmente) ma ugualmente passata nei club e suonata da chi voleva unire due iconografie del rock e dell’elettronica.
C’è qualcosa di profondamente romantico in questo: la musica che nasce fuori dalle regole e dalle licenze, che vive nella condivisione non autorizzata e poi — forse per una tregua, forse per stanchezza, forse per stima reciproca — trova la sua benedizione. È proprio così che oggi i Rolling Stones, con la saggezza di chi ha visto decenni di rivoluzioni sonore, hanno deciso di dire sì. Dopo che per due decenni avevano detto “no, non si può fare”, ora hanno consegnato a Cook gli stems originali di Satisfaction per rifare il pezzo. Pare che Mick Jagger lo abbia finalmente ascoltato e abbia detto: “Caz*o sì, che botta!”.
La scena culturale degli anni ’90 e 2000 — quella in cui big beat, house, rave e rock si contaminavano — era un ecosistema fatto di club pieni, luci stroboscopiche e sostanze che promettevano connessioni sinestetiche; era l’epoca del cyberpunk, dei cowboy della console, dei quadrati di ice (un cristallo di metanfetamina inventato dalla penna di William Gibson, ma così simile a quella cucinata in Breaking Bad), era l’epoca dei cavalieri elettrici, era come se gli anni ’70 si fossero elettrizzati prendendo fuoco in un Burning Man globale, era un continuum di Gernsback, come lo chiamò sempre Gibson.
Così, Fatboy Slim, appena ricevuto il materiale (la registrazione originale del riff), lo ha subito remixato e messo in rete (io l’ho ascoltato su SoundCloud) e, al contempo, è già su YouTube il video — girato da Tom Furse, del gruppo musicale The Horrors — che ha utilizzato l’intelligenza artificiale per dare vita a un Mick Jagger giovane. Da guardare. Qui.