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Stranger Things 5 /1. Cari intellettuali guardatevi la serie dei Duffer Brothers e smettetela di rompere le palle

  • di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

  • Foto Netflix

26 novembre 2025

Stranger Things 5 /1. Cari intellettuali guardatevi la serie dei Duffer Brothers e smettetela di rompere le palle
Stranger Things 5 arriva stanotte e ci sbatte in faccia ciò che l’Italia culturale rifiuta: la grande narrazione esiste ancora e funziona, mentre gli intellettuali da tinello piangono stipendi e sfornano romanzi da arredamento. La distopia è il nuovo neorealismo, l’immaginazione è necessaria: aprite, la Letteratura stanotte alle 2,00 torna a bussare dietro il vetro dei vostri schermi

Foto Netflix

di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

1 DALLO SFARFALLIO ALLA FORMA

Stanotte, alle 2.00 ora italiana, lo sfarfallio degli schermi prenderà una delle sue forme archetipiche: Stranger Things 5, una narrazione totale, un universo in grado di divorare la realtà (che misera faccenda, la realtà) per ricrearla a sua immagine e somiglianza, un mito pop che non ha bisogno di chiedere permessi al Ministero della Cultura né la benedizione di un premio letterario. E infatti funziona. Funziona perché parla un linguaggio che gli intellettuali italiani, nel 2025, hanno completamente dimenticato: quello dell’immaginazione necessaria.
Anzi, al posto di correre a comprare i popcorn e i marshmallow aspettando l’oramai famoso “ta-dà” di Netflix (ormai più famoso di quello, dimenticato, di Windows 3.1), gli intellettuali italiani alzano la solita lamentazione corale: non guadagniamo abbastanza, il lavoro intellettuale non è efficacemente retribuito. È colpa del mercato, dei lettori, dell’algoritmo, del capitalismo, degli affitti a Milano; mai della mancanza di plusvalore, ossia del fatto che gli intellettuali, ormai, non creano più un bel niente: al massimo annotano. Si lamentano persino coloro che gestiscono il potere editoriale da decenni – cercando di dare a qualcun altro la colpa, sapendo benissimo (almeno lo spero per loro) di essere loro stessi la causa di questa situazione mortifera.

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Le luminarie di Stranger Things e il loro sfarfallìo

2 LA GRANDE NARRAZIONE DEL SOTTOSOPRA E LA PICCOLA NARRATIVA DEL SOPRAMMOBILE

Un chiagne e fotte, un delirio: è colpa della mancanza di fondi pubblici, è colpa degli editori (lo dicono gli editori stessi: delirio al quadrato), è colpa della socccccietà (con molte “c”), è colpa di tutto (delirio esponenziale). L’unica cosa che non si dice mai – perché sarebbe osceno, perché incrinerebbe la liturgia della sconfitta – è che forse il problema non è il mercato ma il prodotto. Detto in altro modo: non sapete scrivere e boicottate con invidia, sotterfugi, pretestuosità varie ed eventuali, chi invece lo sa fare.
Perché mentre nel resto del mondo la grande narrazione ritorna, esplode, magnetizza, qui continuiamo a produrre romanzi che sembrano articoli di arredamento: interni borghesi, seminari di autocoscienza, famiglie disfunzionali che litigano davanti a un risotto all’onda. Dalla grandiosa narrativa del SottoSopra di Stranger Things alla narrativa del SopraMmobile nostrana.

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Stranger Things Stagione 5

3 LA DISTOPIA È IL NUOVO NEOREALISMO

La domanda che dovremmo fare non è: “Perché il lavoro intellettuale non viene pagato o viene pagato male?”, la domanda è: “Ma cosa state raccontando?” E, soprattutto, a chi minchia ce la state raccontando?
Perché Stranger Things, nel momento in cui arriva la nuova stagione, ci ricorda una verità che in Italia non vogliamo più sentire: la distopia è diventata il nuovo neorealismo. La nostra realtà è talmente fuori asse che, per raccontarla davvero, bisogna usare i mostri, i buchi dimensionali, le biciclette di E.T. impantanate nella provincia americana mentre un governo tenta di nascondere esperimenti segreti in un laboratorio sotterraneo. Ossia proprio l’immaginario della serie creata dai Duffer Brothers che, a quanto mi risulta, non vengono sottopagati.
È la normalità che ormai è fantascienza; è il telegiornale che sembra scritto da Stephen King. Ma la distopia, da noi, è guardata con sospetto. Non è “letteraria”, dicono (lo saranno i vostri tinelli). Mentre Stranger Things apre gli spazi pressoché infiniti della Letteratura, in cui ogni personaggio è capace, in qualche maniera, di farci identificare con lui (funzionano così gli archetipi, che vengono dalla narrazione “classica”), la nostra odierna letteratura nazionale non si capisce da dove venga: probabilmente dal paesello.

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Poster di Stranger Things

4 TRAME E SOTTOTRAME

Loro vogliono la tragedia da condominio, il pianto trattenuto sulla tazzina di caffè, il litigio con mammina, le due palle dell’identificazione sessuale. Anche in Stranger Things c’è una lesbica, ma fa parte della narrazione totale, mica ci ammorbano per tutte le stagioni su dove il personaggio interpretato dalla figlia di Uma Thurman ed Ethan Hawke voglia infilare la sua lingua o cosa, di questa faccenda, pensino gli altri.
In Italia prendono una sottotrama e ne vogliono fare Letteratura, ma quello è e quello resta: sottotrama. È la TRAMA che si è persa di vista per l’incapacità congenita di una narrazione totale.
Guai a evocare un demogorgone: non è abbastanza impegnato. Eppure Ulisse affrontava ciclopi cannibali, sirene manipolatrici, maghe che trasformavano gli uomini in maiali: era narrativa di genere, era fantasy arcaico, era mitologia pulp. Se uscisse oggi, con questo titolo – Odissea – lo rifiuterebbero dicendo: “È troppo avventuroso e fantasy ma senza abbastanza romance. Perché Penelope resta a casa? È maschilista e sessista. Non potresti trasformare Ulisse in una lesbica di colore?” Senza intuire che Ulisse, tra le altre cose, è ANCHE una lesbica di colore perché è tutti noi. Magari gli chiederebbero di ambientarlo in un loft romano, con Penelope che soffre di attacchi di panico e Telemaco che va in analisi perché è stato abbandonato dal padre.

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Stranger Things è come l'Odissea, ma in bici

5 STRANGER THINGS È METAFISICO NON 'POLITICO'

E allora come mai Stranger Things funziona e buona parte della produzione italiana implode? Perché la grande narrazione è anarchica, non chiede permesso né patrocinio. Perché non si inginocchia davanti alla politica. Perché non si serve del potere culturale, ma lo sfida. Stranger Things non ha un messaggio politico: ha una visione. È un’opera – anzi, un’Opera, la musica è parte integrante di questo universo narrativo – che non deve “insegnare” niente perché fa di meglio: esiste.
In Italia, invece, la letteratura è gestita da un’architettura di potere che non ha nulla da invidiare alle vecchie baronie universitarie: editor, comitati, direttrici di collane, presidenti di fiere, élite da aperitivo culturale che usa la parola “narrazione” come un passepartout per mantenere il controllo. È una casta che si autoriproduce, distribuisce prebende e premi interni e naturalmente esclude chi non si adegua al dogma politicamente corretto del romanzo impegnato, civile, con una morale socialmente accettabile.
Se non scrivi un romanzo politico – cioè funzionale – vieni catalogato come autore “non serio”, quindi non meritevole di spazio, soldi, premi, visibilità. Ma gli autori che contano, quelli che muovono davvero l’immaginario, non sono mai stati seri: erano visionari, disturbanti, scorretti, eccessivi. Odisseo non era un intellettuale: era un bugiardo professionista.

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Lo stile anni '80 di Stranger Things

6 GLI ANNI OTTANTA E L'ODISSEA

La verità è che i grandi racconti non muoiono mai. Sono ciclici. Sono rituali. E nel momento in cui tornano, tornano forti, totali, carnali, pieni di ombre e di luce. Stranger Things torna con la sua estetica anni ’80 non per nostalgia, ma perché l’inconscio collettivo occidentale ha bisogno di recuperare un tempo in cui c’era ancora una specie di innocenza: prima dei social, prima degli algoritmi, prima del marketing che monitora i nostri desideri.
In Italia, sono ancora qui a litigare su chi dovrebbe essere pagato di più, come se il mondo dovesse retribuire la “cultura” in quanto tale, a prescindere dal fatto che generi o no immaginario. Ma l’immaginario non si finanzia: si crea. E chi lo crea non chiede l’elemosina: chiede solo spazio. Perché la grande narrativa – quella vera – è sempre stata un atto di disobbedienza.
E allora la domanda finale è semplice: cosa vogliamo essere? Il Paese che teme il soprannaturale, il grottesco, il fantastico, il perturbante? O il Paese che ricorda che la sua opera fondativa, l’Odissea, è piena di mostri, magia, sangue, travestimenti e ritorni impossibili?
Forse è ora di accettare che la realtà è già distopica. Che la distopia è il nuovo neorealismo. E che per raccontare l’Italia del 2025 ci vuole più Hawkins, più Omero – e molti meno interni borghesi.

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Siete VOI il Demogorgone

7 SONO GLI INTELLETTUALI IL VERO ROMANZETTO DI SERIE B

Anche perché, data la lamentazione, non è che l’impegno letterario borghese e nostrano stia dando chissà quali ritorni economici. Anzi: non si è mai fondato davvero sulle “vendite”, ma su un sistema di potere che, tra prebende statali e circoli di cultura, riusciva a generare profitto per sé e non per il PIL: un articolo sul quotidiano qui, una firma su una sceneggiatura là, un anticipo da quella casa editrice, una partecipazione retribuita a un evento. Soltanto che John Elkann sta vendendo Repubblica, la destra sta facendo tabula rasa di una serie di prebende e i nodi della vostra scrittura assolutamente inutile, perché assolutamente “politica”, stanno venendo al pettine e voi siete diventati calvi.
Ma c’è di più. Stranger Things, per quanto distopico, fantascientifico, horror, continua a parlare, puntata dopo puntata, stagione dopo stagione, a tutti noi. Mentre la narrativa che stiamo chiamando “da tinello”, a chi parla? Siete VOI la vera narrativa “di genere”, la vera narrativa di serie B; siete VOI il vero fantasy delirante.
Altro che draghi, demogorgoni e maghe: il tinello è un’invenzione folcloristica e “fantastica” della borghesia, inventato all’indomani della Seconda guerra mondiale, nel quale sono stati spacciati per grandi autori scribacchini di provincia ammorbanti con la loro seriosità da presidi di liceo. È il tinello a non essere credibile, a non permettere più nessuna identificazione se non quella di un’identità posticcia e parquettata. Il tinello è una stanza che nessuno abita, un luogo che non esiste, una specie di portale dove abitano i veri mostri: mostri da mostrare, perché vuoti, tutta esteriorità, tutta libreria – per così dire – ma senza le pagine, solo copertina. Il tinello è il vero SottoSopra e noi stiamo arrivando a farvi il culo sulle note di “Master of Puppets” dei Metallica.
Perché noi siamo veri: non viviamo nei tinelli, viviamo nell’apocalisse, in un’apocalisse burocratica, digitale, economica, climatica, sentimentale. È questo il nuovo ambiente naturale della letteratura. Chi lo nega non è più realista: è un autore fantasy senza saperlo.

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Vecna, il nemico

8 NON MANCANO I LETTORI. MANCANO GLI AUTORI

E in più c’è l’invidietta, quella piccola, appiccicosa, trasudante di bava culturale, di chi passa la vita a scrivere autofiction in cui l’unico colpo di scena è un litigio al brunch, e che però pretende di dettare la linea estetica del Paese. L’invidietta di chi si attacca al grembiule della propria minuscola sofferenza ben temperata e, nel frattempo, elimina dal giro – scientemente, metodicamente – gli autori che potrebbero vendere, che potrebbero parlare al pubblico, che potrebbero persino disturbare il sonno tranquillo della critica. Perché se un romanzo non allineato funziona, se qualcuno lo legge davvero, allora è sospetto: il successo è consentito soltanto a chi è utile alla causa. Quale sia questa causa è presto detto: un misero ritorno personale che non ha nulla, ma proprio nulla, a che vedere con la Grande Narrazione.
Alla fine, il punto è chiaro: non mancano i lettori. Mancano gli Autori. Tutti gli altri restano chiusi nel tinello inesistente, a guardarsi allo specchio nell’attesa che un premio, una direttrice, una fiera, un editor li confermi come “importanti”. Intanto la grande narrativa – quella vera, quella che sa mettere il mondo a soqquadro – va avanti senza di loro. E senza chiedere permesso. E infatti cosa vende? Vende la cosiddetta narrativa young adult, comprata dagli adolescenti che, di voi, se ne fottono alla grande.

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La Grande Letteratura torna a bussare dietro il vetro dei vostri schermi. Apritele

9 DIETRO IL VETRO DEI VOSTRI SCHERMI

Di chi è la colpa se il lavoro intellettuale è pagato male? Di chi lo gestisce e lo comanda. Che, tra le altre cose, neanche vivono di vita vera. Sono essi stessi i protagonisti di un romanzetto da edicola.
Stanotte, alle 2.00, su Netflix, la Grande Letteratura torna a bussare dietro il vetro dei vostri schermi.
Apritele
Sono tempi strani in cui bisogna parlare di Stranger Things.

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