È raro trovare un consenso trasversale su certe questioni fortemente polarizzanti: la sperimentazione sui bambini, tuttavia, produce questo piacevole “effetto desiderato”. Peccato che a volte non tutti si accontentino di due meta-analisi, una negli Stati Uniti quest’anno e una nel Regno Unito l’anno prima (quest’ultima, la più famosa, è conosciuta semplicemente come Cass Report), di uno scandalo internazionale legato alla principale istituzione promotrice delle terapie di conversione di genere per i bambini, la Wpath (World Professional Assosiation for Transgender Health), e della più importante notizia su questo tema degli ultimi dieci anni, la chiusura della clinica inglese GIDS (di Portman e Tavistock) in cui si praticava la terapia di conversione in modo a dir poco controverso, a tal punto che a denunciare tutto fu il dottor David Bell, ai tempi a capo dello staff della Tavistock. No, ora, nonostante le indicazioni, il servizio sanitario inglese ha accolto la proposta di alcuni ricercatori di attivare due studi su 226 bambini per valutare gli effetti cognitivi della somministrazione di bloccanti per la pubertà. Sarebbe il primo studio in tal senso, nonostante un decennio di evidenze ci suggeriscono che sarebbe meglio evitare di continuare a battere il chiodo nella biologia di un bambino.
Definisci bambino: i 226 ragazzi avranno al massimo dodici anni (le femmine; i maschi undici). Purtroppo la smania mengeliana di alcuni ricercatori evidentemente mira a oltrepassare le colonne d’Ercole del buon senso, oltre le quali la brezza salata si mischia all’odore di zolfo e le buone intenzioni sono l’antipasto per l’inferno. Anche volendo credere che l’obiettivo sia migliorare la qualità della vita dei tanti bambini convinti di non appartenere al loro sesso biologico (davvero dovremmo credere che un bambino di, che so, otto anni, abbia chiaro in testa il concetto di appartenenza, di identità, di genere, di sesso biologico e così via?), cosa dovrebbe inibire gli scienziati più dell’insufficienza di evidenze positive, qualche evidenza negativa e un dilemma etico ed epistemologico fondamentale: come può un bambino prendere una decisione del genere se non è in grado di dire quale sia il suo supereroe o la sua principessa preferito? Dovrebbero scegliere i genitori per lui? Davvero?
Una cosa emersa dalle inchieste giornalistiche e dalle denunce interne a questi servizi, infatti, è il modo in cui si arriva a queste terapie. Le visite mediche, gli incontri con gli psicologi e la cautela sono insufficienti a ogni livello (era questo il contenuto della denuncia del dottor Bell). Non solo, il consenso informato è pressoché impossibile da garantire (è ciò che è emerso dai Wpath Files): il motivo principale è che è difficile informare dei bambini e i loro genitori analfabeti scientifici sulle conseguenze di trattamenti di frontiere che hanno collezionato poche evidenze e vengono promossi da associazioni con dei bias a favore di questi interventi irreversibili. Spesso i genitori prendono una decisione che sembra “liberal” e positiva per i figli e per il proprio status di genitori progressisti, mentre i medici spingono affinché si faccia questa terapia a prescindere da qualsiasi considerazione di carattere etico. Un medico legato alla Wpath, per esempio, suggeriva che si potesse avviare questa terapia anche su bambini autistici che non erano in grado di esprimere una “preferenza di genere” verbalmente. Per assicurare che volessero cambiare sesso, diceva, sarebbe bastato interpretare i disegni del bambino. Nonostante questo, 226 bambini “volontari” diventeranno delle cavie grazie ai loro genitori, che poi potranno vantarsi di essere così aperti mentalmente, tanto aperti da rinunciare alla salute dei loro figli, come capita spesso con i no-vax e i testimoni di Geova.