Chiuderà i battenti la più importante clinica per la transizione di genere per bambini del Regno Unito, la GIDS (Gender Identity Development Service). La svolta arriva dopo anni di discussioni e interventi di medici che si sono opposti alla linea di condotta della clinica e alle pressioni “di mercato” che spingevano a sottostimare i rischi e ad accettare sempre più pazienti. Nel 2019 il «The Sunday Times» aveva pubblicato un’inchiesta in cui si denunciava la “sperimentazione sui bambini” fatta nella clinica della NHS Foundation (la GIDS, appunto). Si puntava l’attenzione, in particolare, sulla mancanza di evidenze a lungo termine. Su questo punto torna anche il professor Carlo Heneghan, direttore del Center of Evidence-based Medicine dell’Università di Oxford. In un articolo del 2019 «Tempi» faceva il punto su tutti i dubbi e i problemi denunciati dal «Times», a partire dal drastico aumento del numero di bambini su cui si era intervenuti tra il 2010 e il 2018 (da 94 a 2.519 pazienti), dall’età dei soggetti (il più piccolo aveva tre anni) e dall’attenzione medica riservata agli individui prima di poter avviare le terapie (si parlava di due o tre incontri di poche ore, dopo i quali già si cominciava la terapia). Senza contare i danni dovuti ai farmaci e ai bloccanti della pubertà usati.
L’elemento più importante di questa vicenda è legato all’ostruzionismo mediatico e professionale che i medici hanno subito dopo aver divulgato, attraverso i giornali o dei report scientifici, le problematiche di cui si è appena accennato. Tutto questo condito dalle accuse di transfobia. Nulla di nuovo sotto il sole. I fondamentalismi politici sono la versione laica dell’inquisizione spagnola. Così i Torquemada di ala liberal hanno totalmente liquidato i continui interventi del dottor David Bell che iniziò la sua battaglia quando ancora era a capo dello staff della Tavistock. Confondere scienza e transfobia, così come confondere body shaming e affermazioni sui pericoli effettivi – che so – dell’obesità, è lo sport preferito di tutti i progressisti. In fondo è lo stesso atteggiamento dei complottisti no vax, che confondono scienza e autoritarismo. Si sa, l’ideologia è lo schema che si vuole incollare a un mondo che non gli corrisponde, e la colla è l’ignoranza.
Ma torniamo a Bell. La scelta di pubblicare un report nel 2018 arriva con il numero significato di richieste fatte da alcuni membri del suo staff alla clinica per la transizione sessuale. Bell stima che almeno un terzo del personale avesse manifestato non poche perplessità sul lavoro della clinica. Ma la Tavistock ha iniziato a mettergli i bastoni tra le ruote. Fece sparire tutti i libri in cui fossero presenti interventi dello psichiatra dalla biblioteca della fondazione e gli incontri con i dieci medici scettici vennero fatti, a eccezione di uno, fuori dalla Tavistock, per via delle intimidazioni subite. Nel 2020 iniziano le procedure per l’azione disciplinare contro Bell. La posizione di Bell non è transfoba, né si tratta di un’opinione totalmente contraria all’uso delle terapie farmacologiche usate alla GIDS. Al contrario, in un’intervista al «The Guardian» specifica che un “medico non dovrebbe mai dire mai” ma che, allo stesso tempo, “il corpo non è un videoregistratore e non basta mettere in pausa. Il problema è il consenso”. In effetti un bambino di 8 anni come può prendere scelte sul proprio corpo, soprattutto con addosso la pressione di psicologici e medici spinti dalla clinica a soprassedere sui possibili rischi, in modo da avviare le terapie, tutto con il beneplacito di genitori ben più convinti di voler realizzare la transizione dei loro figli dei bambini stessi.
Ma guai a chi ne parla. Se J.K. Rowling (che tra l’altro sostiene e difende Bell, parlando di “scandalo medico”) scrive un tweet esprimendo un’opinione che non può essere aprioristicamente giudicata come intollerante, e il Quidditch (lo sport su scopa del maghetto frutto della penna della scrittrice) diventa Quadball, per prendere le distanze da chi ha inventato quel mondo; be’, figuriamoci cosa può capitare a un medico con un minimo di coscienza e di interesse verso la ricerca basata sull’evidenza.
Uno studio della SEGM (Society for Evidence based Gender Medicine) ha mostrato come già solo la transizione di genere sociale precoce (SGT), quindi un cambiamento dell’identità di genere nel proprio ambiente sociale, prima dell’intervento farmaceutico, possa far sì che la stragrande maggioranza dei soggetti continuino a identificarsi come transgender o di identità non binaria a distanza di cinque anni, nonostante tendenzialmente i bambini con disforia di genere cambino idea e tornino a far coincidere naturalmente il loro genere con il proprio sesso biologico. Tra le conclusioni dell’articolo si può leggere: “Man mano che la pratica della transizione sociale di genere precoce diventa più comune, è ragionevole aspettarsi che molti più giovani con varianti di genere persistano nella loro identità trans. Questo, a sua volta, probabilmente aumenterà significativamente il numero di giovani che cercano la transizione ormonale e chirurgica, il che è preoccupante a causa del cattivo stato delle conoscenze mediche: il più lungo insieme disponibile di risultati di individui che effettuano la transizione medica nell'adolescenza e nella giovane età adulta segue i pazienti solo fino a una media di 21 anni, e la migliore evidenza è valutata come di "bassa" o "molto bassa" qualità.”
“È preoccupante”. Queste le parole. Senza contare, inoltre, che sul piano etico il problema del consenso informato evidenziato da Bell è non solo presente ma pressocché permanente anche per via dello stadio biologico del cervello del bambino. Breve sintesi: i pro e i contro ci sono (tra i pro: le terapie precoci possono essere più semplici di quelle fatte una volta che l’individuo abbia superato l’età dello sviluppo); ma alcuni contro dovrebbero farci sospendere delle pratiche tanto rischiose e influenzate dalla pressione sociale. I medici vengono perseguitati da comunità trans e progressisti che trascurano le evidenze scientifiche, sostanzialmente comportandosi come dei negazionisti scientifici (gli stessi che poi vengono ridicolizzati dall’intellighenzia progressista di noialtri). Bell ha ragione da vendere quando parla di “militarizzazione del vittimismo” (sempre nell’intervista al «The Guardian») e, allo stesso tempo, non possiamo che aspettarci questo da una società polarizzata e largamente analfabeta sul piano scientifico. Poi il secondo corno del problema. Da un lato abbiamo gli illetterati progressisti, dall’altro i cattolici di cattive letture (quasi mai scientifiche). La verità è schiacciata, come sempre, tra due fette di isteria collettiva: da un lato quella del populismo di sinistra, che grida alla violenza per ogni battuta sulla tastiera di un esperto che non la pensa come loro; dall’altro quella del populismo cristiano (e quasi sempre di destra), che sbava dietro a notizie del genere che confermerebbero la bontà della battaglia retrograda e realmente omofoba, transfoba e intollerante che portano avanti. In comune c’è la scarsa lucidità, il poco illuminismo delle idee, una diffusa concezione del mondo di tipo infantile, in cui tutto funziona come noi vogliamo e crediamo. Peccato che poi il mondo sia diverso.
La notizia della chiusura della GIDS ci insegna che la scienza può aiutarci a smussare i radicalismi astratti senza prestare il fianco all’oscurantismo delle casalinghe e degli operai di Voghera con la croce al collo e una statua di Padre Pio sul comodino. Allo stesso tempo ci insegna che le battaglie vanno scelte con cura, con un po’ di razionalità, e non si può pensare che tutto debba essere giusto e praticabile, solo per sentirsi all’avanguardia rispetto al resto della società. Anche perché a forza di voler essere sempre avanti a tutti, si rischia di perdere qualche pezzo per strada, per esempio i fatti.