Bambini trans e bambini gender creative. Sono due step della stessa china. I bambini gender creative rifiutano i tradizionali stereotipi di genere, i bambini trans sono il nuovo stereotipo di genere agognato della incomprensibile comunità lgbtqia+ (strano definirsi comunità quando omosessuali e trans non hanno nulla in comune, dal momento che i primi rivendicato un orientamento sessuali e i secondi un’identità di genere). Insomma, esistono i bambini che non sono né maschio né femmina o sono, fin da piccoli, maschi in un corpo da femmina o femmina in un corpo da maschi. Alcune volte alla base c’è una condizione riconosciuta nel Dms-5, ma se lo dici stai patologizzando qualcosa di naturale che può sussistere indipendentemente dal sostrato psichiatrico. In altre parole, basta scegliere di essere bambini trans per esserlo in effetti (come basta sentirsi Zorro per indossare un mantello e correre per casa; solo che nessuno ti prenderà sul serio). Il punto, quindi, non è toccare chi vive una situazione di pertinenza medica, ma tutti gli altri e, in particolare, chi quella situazione non la vive affatto ma gode come un coniglio all’idea di potervi partecipare. Questa strana perversione intellettuale, che attraversa i cultural studies, la filosofia, la sociologia e persino una parte minoritaria della biologia e della medicina, può raggiungere vette grottesche. L’ultima è quella che coinvolge l’Università di Roma Tre, cioè La Sapienza, e una ricercatrice, Michela Mariotto, esperta di questi temi e una sorta di gramsciana pedagoga dell’educazione gender creative nelle scuole e nelle università.
È stato pubblicato l’annuncio di un laboratorio per bambin* trans e gender creative il 28 settembre in una sede accademica vicino a Roma Termini, ovviamente con il benestare del Comitato etico dell’Università. “Un progetto di ricerca,” si legge, “con strumenti ludico-creativi per ascoltare e accogliere le storie di bambin* e ragazz* (5-14 anni) condotto da ricercator* della comunità e un’insegnante montessoriana”. Se vedendo tutti quegli asterischi vi aspettate di trovare delle note a piè di pagina vi sbagliate, è solo un modo nuovo di parlare, diciamo “language creative”. Non chiediamoci quali siano questi strumenti ludico-creativi e facciamo lo sforzo di credere alla buona fede di esperti sinceramente interessati al bene dei ragazzi (non c’è motivo, in prima battuta, per dubitarne) e concentriamoci su due aspetti. Il primo è interno all’annuncio: si parla di bambini e bambine dai cinque ai quattordici anni, quindi si presume che rispettino l’immagine tipica di un bambino per come lo abbiamo sempre immaginato e per come lo continuiamo a immaginare nella maggior parte dei casi: immaturo. Per cui ascoltare dei bambini che parlano di una loro condizione particolare può avere senso, ma accogliere cosa vuol dire? Sarà una seduta per alcolisti anonimi?
Bisogna anche chiedersi se la storia sarà dei bambini o dei genitori dei bambini. O, peggio, dei ricercatori che gestiranno la giostra. Sì, perché Mariotto ha pubblicato studi e criticato ampiamente l’adultismo, il vizio degli adulti di proiettare le proprie convinzioni e i propri desideri sui bambini, cancellando di fatto l’io desiderante del piccolo. Siamo sicuri che un laboratorio a tema non abbia niente di “adultista”? In che modo è stato garantito al bambino di cinque anni di raccontare la sua storia? E quale storia? Un bambino di cinque anni sa spiegare la disforia di genere? Sa comunicarla ad altri bambini in modo da sensibilizzare sul tema senza che si attivino distopiche tendenze emulative? O la storia del bambino sarà la solita storia degli adulti che hanno accettato di buon grado l’esperienza del bambino? E se non fosse disforia di genere? Di cosa parlerà il bambino? Come chiamiamo la volontà senza basi di un bambino di fare qualcosa di eccentrico che va contro il senso comune (per esempio toccare il fuoco o mangiare troppa cioccolata?): capriccio. Sarà una storia di capricci? Secondo punto. In tutto il mondo si sta mettendo in guardia dai pericoli della transizione e delle pratiche di affermazione di genere. I Wpath Files, di cui vi abbiamo parlato, hanno dimostrato che spesso queste pratiche costituiscono una palese violazione del giuramento di Ippocrate; lo scandalo della clinica Gids della Tavistock, la cui denuncia è partita da un medico interno al sistema, non un pericoloso bigotto, ha mostrato come spesso non ci siano nessuna consulenza reale prima delle operazioni e che si tende a dare l’ok a qualsiasi paziente venga per chiedere di cambiare sesso. Il Comitato etico dell’Università Roma Tre ha tenuto in considerazione tutto questo? O forse no, è un Comitato etico “morale creative”.