Il colpo finale. Gli ultras della dell’Inter sono finiti in black list. La campagna abbonamenti per la stagione 2025/26 è appena cominciata e quello che ci si aspettava sta accadendo. Molti degli appartenenti ai gruppi della curva non possono rinnovare la tessera. Il motivo? A San Siro non sono graditi. Alcuni di loro sono stati citati da Andrea Beretta come “azionisti” di curva Nord, persone attive nel direttivo e negli scontri. Ci sono anche Franco Caravita, Adolfo Gatto e Matteo Gemello. Tutti loro, comunque, sono abbonati da tanti anni e questo dovrebbe contare nel momento della richiesta di abbonamento. La situazione è molto seria e gli ultras ieri hanno diffuso un comunicato pesantissimo, in cui spiegano che la reazione potrebbe arrivare sia con delle proteste, sia per via legale. Mirko Perlino, infatti, ha avuto mandato dalla Nord per fare causa civile all’Inter. Ma la notizia nella notizia, non riportata nel comunicato, è che Perlino avrà dalla sua un pool di quindici o venti esperti che si sono messi a disposizione a titolo gratuito per chiedere giustizia: avvocati civilisti, esperti di diritti dei consumatori, professionisti nell’ambito dello sport e delle tifoserie organizzate. Perché quello che sta facendo la società è un abuso di potere. Questa è la loro posizione. Insomma, una guerra legale sembra sul punto di cominciare. La scorsa annata dell’Inter si è conclusa con un’emozione prevalente nei cuori nerazzurri: delusione. È così per i giocatori, e questo in campo si è visto al Mondiale del Club, ma lo è soprattutto per i tifosi. Per loro la delusione si mescola alla rabbia. Gli ultras lo hanno fatto presente in diverse occasioni in questi mesi, con le proteste per il caro biglietti, la manifestazione in via della Liberazione, in faccia al club, per la trasferta negata a Monaco e per tutto il caos che ha circondato la curva Nord dopo il 4 settembre e l’omicidio di Antonio Bellocco. Dal lato dell’inchiesta Doppia Curva siamo arrivati a un primo punto importante con le condanne ad Andrea Beretta (10 anni) e agli altri leader del vecchio direttivo; per quelli che sono rimasti fuori, però, la situazione con le black list e lo scontro con la società potrebbe peggiorare ancora.
I costi dello stadio stanno diventando proibitivi per molte famiglie. Gli abbonamenti, anche quest’anno, sono aumentati di prezzo: si va dai 299 euro del terzo verde e i 3.899 euro del primo rosso, con rincari rispettivamente dell'11.15% e dell'11.07%. I settori più colpiti dagli aumenti sono quelli arancio e rosso intermedi, con incrementi che raggiungono il 20.88% per il primo arancio. Tanti, per molti troppi. Gli ultras, però, non sono gli unici a contestare il club. Sotto al post su Instagram che annuncia il via alla campagna abbonamenti per la prossima stagione i tifosi si sono scatenati: “Ogni anno aumentate, poi mi raccomando date i nostri posti agli influencer o ai tiktoker che non sanno neanche quando è nata l’Inter. Imbarazzo totale”, “Tifosi prima di tutto poi ogni anno aumentate. L'Inter siamo noi, non voi!”, “Ho un dubbio: siamo tifosi o clienti?”. Sono tanti i commenti del genere, quasi tutti a dire il vero, mentre sono decisamente meno quelli in cui si esprime fiducia nella società e in cui si leggono le parole centrali per ogni tifoso: “Forza Inter”. Invece al centro dei discorsi dei sostenitori nerazzurri c’è altro: c’è il conflitto.

Il comunicato stampa e le black list
“L’Inter ha escluso centinaia di tifosi, quasi tutti appartenenti al secondo anello verde dello stadio, inserendoli in una vera e propria black list di soggetti ‘non graditi’, senza fornire alcuna motivazione ufficiale. A seguito di un’attenta indagine, è emerso che la maggior parte di questi tifosi è incensurata, priva di precedenti penali o sottoposta a provvedimenti Daspo e risulta regolarmente abbonata da diversi anni. Pur essendo noto che alcune indagini giudiziarie abbiano coinvolto un numero limitato di soggetti (otto) legati alla curva – con condanne ancora non definitive – risulta incomprensibile e inaccettabile che tale provvedimento venga esteso indiscriminatamente a migliaia di tifosi innocenti. La società non ha reso noto il criterio adottato per questa selezione, né ha mai fornito spiegazioni trasparenti, trincerandosi dietro a una pretestuosa erronea compilazione dei dati (per altro già in loro possesso da anni), limitandosi a stilare una sorta di ‘black list’ colpendo anche chi non ha mai posto in essere alcuna condotta illecita. Di fronte a questa evidente azione discriminatoria e lesiva dei diritti dei tifosi, numerosi soggetti coinvolti hanno affidato mandato agli avvocati Mirko Perlino e Mario Bobbio per avviare le opportune iniziative giudiziarie. A nulla sono valsi i tentativi di dialogo: l’Inter si è sempre sottratta a ogni confronto con gli esponenti della tifoseria, anche in presenza di rappresentanti istituzionali. Sarà quindi un giudice terzo, imparziale e neutrale, a stabilire la legittimità di questa procedura. A parere dei tifosi, il provvedimento adottato non è solo fortemente discriminatorio, ma anche in evidente contrasto con quanto previsto nel contratto di abbonamento”. Questo il comunicato. Poi a margine altri membri della Nord hanno espresso tutta la loro tristezza e la delusione: “Nessuno ci rispondeva, abbiamo fatto le richieste ma non ci sono arrivati i codici per l’acquisto dell’abbonamento. Poi abbiamo chiamato la segreteria e finalmente abbiamo capito il motivo: ci è stato detto che siamo stati inseriti in una black list”. E ancora: “Ci stanno colpendo tutti, è come se fossimo daspati a vita”. La maggior parte di loro, dicono, non ha nessun reato sulla fedina. A questo poi si aggiunge un’ulteriore limitazione: anche la Questura avrebbe prodotto una sua lista di individui da tenere fuori dallo stadio. “È una situazione devastante”, ci dicono gli ultrà, “è come una dittatura: siamo stati esclusi prima ancora di aver commesso dei reati”. Cosa succederà quindi in transenna? È difficile da dire, ma le prospettive sono pericolose. Lasciare la curva scoperta, senza una leadership affermata e solida, rischia di rendere più permeabile l’ambiente ultrà a infiltrazioni di gruppi criminali (non solo la mafia, anche organizzazioni meno potenti), inquinando così il mondo del tifo nerazzurro già colpito da mesi di inchieste. Se si taglia la testa, il corpo collassa.

Chi sono gli esclusi?
I leader storici, compreso un “grande vecchio” come Franco Caravita, e tutti coloro che Andrea Beretta ha indicato come “azionisti”, ovvero come parte integrante dell’ecosistema della curva Nord. Ne parla lo stesso Beretta nei verbali: Carlo Testa, Matteo Gemello, Adolfo Gatto. Beretta ne descrive ruoli, funzioni all’interno della curva, se partecipano o no alle decisioni del direttivo e agli scontri. Tutti loro, pare, sono finiti in black list, nonostante siano abbonati da molti anni. La domanda, però, a questo punto sorge spontanea: Questura, società e Digos non dovrebbero cercare di responsabilizzare i capi rimasi intoccati dal processo Doppia Curva, dargli degli incarichi di gestione della Nord, fargli capire che ci deve essere un filtro per evitare situazioni già vissute in passato? Un ruolo che li porterebbe a fare molta più attenzione ad attività illecite interne alla curva e che comunque manterrebbe uniti gli ultrà.

Le possibili proteste
Oltre che sul lato legale, gli ultras potrebbero reagire anche in altro modo. Già lunedì e martedì la curva Nord comunicherà se ci saranno delle proteste e delle contestazioni contro la dirigenza. Pacifiche, ma ci saranno. Come già detto, la curva ha dato l’incarico all’avvocato che li segue da tempo, Mirko Perlino, e a Mario Bobbio di sporgere denuncia a carico del club. Gli ultrà vogliono che sia un giudice a esprimersi sulla questione e a valutare la legittimità della decisione della società nerazzurra. Questioni di stadio che si intrecciano con quello che è successo in aula e le sentenze del processo Doppia Curva. A breve comincerà un altro procedimento: quello per l’omicidio di Vittorio Boiocchi. Era il capo della curva prima che i compagni di transenna lo uccidessero il 29 ottobre del 2022 e prendessero il controllo. Andrea Beretta, Marco e Gianfranco Ferdico, Pietro Andrea Simoncini, Cristian Ferrario e Daniel D’Alessandro “Bellebuono” affronteranno un processo per questo. E altre notizie ci sono proprio su questo fronte.

Il rito immediato nel processo Boiocchi
Il pm Paolo Storari ha chiesto il rito immediato, formula processuale utilizzata quando le prove a carico degli imputati sono evidenti. Spetta ora al gip valutare se i presupposti ci sono. Andrea Beretta era il mandante, Ferdico padre e figlio le menti del piano, Maurino l’uomo che ha fatto da “ponte”, mentre gli operativi erano Bellebuono e Simoncini, i due killer, e Ferrario colui che si è intestato il Gilera utile all’azione. Simoncini pare abbia parlato con Storari sostenendo di essersi pentito “fino all’ultimo”. A sparare, infatti, è stato D’Alessandro, uno che sta emergendo come figura chiave in questa storia. Infine, Ferrario ha detto: “Se avessi saputo che il Gilera sarebbe servito per ammazzare Boiocchi, me lo sarei mai intestato?”. Lui e il suocero di Ferdico sperano in un ulteriore sconto di pena.
