In tutta questa storia di ultras non si è quasi mai parlato di droga. Nelle carte dell’indagine Doppia Curva i reati contestati ai capi delle curve di San Siro vanno dall’estorsione all’associazione a delinquere, con l’aggravante del metodo mafioso per la Nord. Andrea Beretta e Luca Lucci sono stati condannati a dieci anni in primo grado. Il Toro della Sud è l'unico che aveva a che fare con il traffico di stupefacenti e di lui hanno parlato i compagni di curva fuori dall’aula bunker prima delle sentenze. I crimini legati alla droga del loro capo, dicono, sono cose vecchie, errori che Lucci stava già pagando, o comunque questioni personali non riconducibili allo stadio. Insomma, la Sud e i Banditi con quelle storie non hanno niente a che fare. Invece relativamente alla tifoseria interista le cose potrebbero cambiare, nuovi scenari starebbero per aprirsi di fronte ai pm Paolo Storari e Sara Ombra. Le figure coinvolte sono sempre le stesse: Andrea Beretta e Marco Ferdico, due delle tre teste che comandavano la Nord prima del 4 settembre e l’omicidio di Antonio Bellocco. Il primo si è pentito e ha iniziato a collaborare con la giustizia, mentre il secondo, pur con qualche apertura, per il momento rimane fermo sulle sue posizioni. Come avevamo detto, non c’è stato nessun riferimento alle famiglie di ‘ndrangheta che operano nelle zone dove Ferdico era sceso per giocare a calcio e dalle quali proviene Pietro Andrea Simoncini, l’esecutore materiale dell’omicidio di Vittorio Boiocchi insieme a Daniel D’Alessandro “Bellebuono”. La droga, quindi. Fin dall’inizio è sembrato strano che si parlasse poco di stupefacenti, perché i business paralleli (guardianìa, baracchini, merchandising e biglietti) per quanto redditizi non possono essere paragonati al narcotraffico. Da questo punto di vista, però, ci sono delle novità.

Già nei verbali delle sue confessioni Beretta aveva detto di aver spacciato in passato: “Lavoravamo con gli stupefacenti, facevamo movimenti, movimentazione...”. La sua spalla in questo business era Mauro Nepi, lo stesso che aveva proposto Marco e Gianfranco Ferdico come possibili risolutori del “problema” Vittorio Boiocchi; lo stesso che ha parlato dell’ex amico come di un traditore una volta cominciato il processo. “Avevamo 24-25 anni”, dice Beretta, “giovani proprio facevamo questa roba qua. Poi dopo io ho visto che non era cosa, perché stavano esagerando e ho iniziato a... ‘Via, lavoriamo’. Infatti dopo gli ho tolto il lavoro anche a lui, siamo usciti da questa cosa”. Parliamo di cocaina, “etti, chilo, così”. I contatti “ce li aveva Maurino”. Sempre a colloquio con i pm, Berro ha detto che Nepi era in affari anche con Ferdico: “Sicuramente qualcosa faceva con Marco”. Tra l'altro, l'ex capo ultrà aggiunge che Ferdico aveva a che fare “a livello di movimentazione di stupefacenti” con un certo uomo soprannominato “il parrucchiere”, “che appartiene a una famiglia, adesso non mi ricordo se Morabito o Mancuso”. Il nome dei Mancuso lo abbiamo già ritrovato in questa storia: Alfonso Cuturello è uno di loro. Cuturello per la Procura era uno dei pretendenti “ingolositi” dal vuoto di potere lasciato da Vittorio Boiocchi e forse pronto a competere con Antonio Bellocco per il dominio della curva. A Ferdico Alfonso non piaceva, va detto, ma certi nomi ritornano in maniera insistente e i collegamenti se guardati dalla giusta prospettiva sembrano fondati. Ad ogni modo, ora Beretta avrebbe fornito ulteriori dettagli sulle “movimentazioni” fatte in passato, e anche Ferdico negli ultimi interrogatori del caso Boiocchi avrebbe ammesso di aver fatto affari con la droga insieme a Nepi. Soprattutto cocaina. Ancora non è chiaro, comunque, se e quante altre persone riconducibili alla curva Nord fossero coinvolte. I gruppi ultrà hanno sempre avuto una posizione netta in questo senso: “Noi non c’entriamo niente”. Franco Caravita, durante la protesta di fronte alla sede dell'Inter per i biglietti della finale di Champions League, aveva dichiarato che in curva “malandrini non ce ne sono” e che quelli che c'erano si trovavano già in carcere. Antonio Bellocco è salito a Milano per prendersi tutto. La droga che i vecchi capi gestivano, se le informazioni dovessero trovare riscontro, potrebbe essere stato un ulteriore motivo di interesse per Totò e la famiglia di Rosarno? Prendersi San Siro significava ottenere soldi, potere su un simbolo della città, punti in “campagna elettorale”. E ora altri scenari, ancora più intricati, potrebbero aprirsi.
