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Caso ultras, Marco “Pacio” Pacini della curva Sud contro la sentenza: “In Appello e Cassazione non regge”. Lucci e gli altri? “Non li abbandoniamo”. E se l'è presa pure con il direttore di MOW: “Da nove mesi fai lo show da Giletti con la Bibbia in mano”

  • di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

18 giugno 2025

Caso ultras, Marco “Pacio” Pacini della curva Sud contro la sentenza: “In Appello e Cassazione non regge”. Lucci e gli altri? “Non li abbandoniamo”. E se l'è presa pure con il direttore di MOW: “Da nove mesi fai lo show da Giletti con la Bibbia in mano”
Dieci anni per Luca Lucci. Questo l’esito del primo grado del processo Doppia Curva. I Banditi della Sud, però, non ci stanno. Ieri finalmente ha parlato uno di loro. Fuori dall’aula bunker, infatti, c’è stato un confronto con i giornalisti, a cui ha partecipato anche il direttore di MOW. Marco “Pacio” Pacini, uno dei leader, è convinto: “In Cassazione questa sentenza cade”. E ha parlato anche di Massimo Giletti e Lo Stato delle cose. Ecco come sono andate le cose e le parole dei rossoneri

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

E finalmente hanno parlato anche gli ultras. Ieri, nell'aula bunker di San Vittore, sono state lette le sentenze: dieci anni a Luca Lucci e Andrea Beretta. Fuori, a sostenere i condannati, c'erano anche gli ultras. Qualche decina della curva Nord con le t-shirt dei Boys San e dietro alle transenne un centinaio della Sud. In prima fila il Barone con la sua divisa di ordinanza: cappellino, giubbotto smanicato, maglia rossa e bermuda militari. Accanto a lui, occhiali a goccia e scritta “Banditi” sulla t-shirt nera, Marco Pacini, per tutti “Pacio”. È stato lui che, appena lo ha visto, si è rivolto al direttore di MOW - presente tra i giornalisti che seguivano il processo Doppia Curva - per dirgli: “Sono mesi che fai lo show da Giletti con la Bibbia in mano. Che fai lì con quell'aria di sfida”. L'inizio della chiacchierata è stato pesante, poi si sono avvicinati anche altre telecamere e giornalisti. Pacio ha preso in mano il volantino con il comunicato della Sud e ha cominciato a leggerlo, mettendo in scena così la prima intervista rilasciata da un ultras del Milan da quando questa vicenda è cominciata. Quello che segue è il confronto integrale. Quasi un monologo, intervallato da poche domande. Pacio ha dimostrato di saperne molto di più di tanti giornalisti. Infatti speriamo che possa essere il primo di altri dibattiti dove ultras e stampa si confrontano su quanto è accaduto nelle curve di San Siro e in aula. “Voi avete parlato di rapporti con il Milan: mi dovete spiegare perché Beppe Marotta incontra Beretta, si para il culo e viene fuori dall'indagine, perché dice che ha mandato una pec alla Digos. Invece Fabio Pansa, che è uno degli slo migliori che abbiamo in Italia, una persona cristiana, corretta e per bene, viene preso e sollevato dal suo incarico. Perché qualcuno là dentro ha detto: ‘O lo sollevate dall'incarico o arriva il commissariamento”. “Fabio Pansa è stato allontanato perché ha fatto il suo lavoro. Perché non poteva incontrare Luca Lucci in un bar, mentre non era daspato, e voi avete detto tutti che era daspato? Bene ha fatto Davide Calabria (a non patteggiare, ndr), perché se il Milan perde cinque a uno col Sassuolo in casa, poi perde quattro a zero con la Lazio, poi piglia tre pere dall'Inter in Supercoppa italiana; se voglio avere un confronto con un giocatore, parlando di pallone, mi spiegate quale legge del caz*o me lo vieta?”. Sono le zone grige, come sempre, che rendono tutto più complicato. Distinguere tra rapporti “normali” e quelli interessati non è semplice. “Io ho giocato a calcio con Ignazio Abate”, prosegue Pacio, “ho fatto le giovanili del Milan, ho giocato con lui. Secondo la legge della Procura federale io con Abate non mi posso neanche scambiare un messaggio per gli auguri di Natale, perché lui non può avere rapporti con me. Ma è una roba normale?”

Pacio si rivolge direttamente ai giornalisti per il modo in cui si è parlato fin dall’inizio di tutta questa storia: “Avete fatto un minestrone. Dovete leggere gli atti, certe cose non devo dirvele io. Sapete almeno quante pagine è il fascicolo?”. Lì dentro, in aula, molti compagni ultrà si giocano il loro futuro. I Banditi hanno già scelto da che parte stare, indipendentemente dalle sentenze: “Qualcuno ha preso una posizione: noi i nostri amici non li abbandoniamo. Ma non perché sono nostri amici. Non li abbandoniamo perché sul reato associativo sono innocenti”. I fatti violenti come Motta Visconti o il pestaggio di Cristiano Iovino rimangono “vicende private”. Lo dicevano nel comunicato di ottobre e lo hanno ribadito anche oggi. A proposito della rissa al The Club: “Uno della curva Sud che era lì per lavorare sotto contratto l'avete fatto passare come una bestia. Questo (Christian Rosiello, ndr) fa il bodyguard da vent'anni, è un cristiano per bene, c'ha famiglia. In tutto questo è da nove mesi in galera per che cosa? Per la rissa di Iovino. Ma ragazzi...”

 La prima fila fuori dall'aula Bunker, con "Pacio" al centro e "il Barone" sulla sinistra
La prima fila fuori dall'aula Bunker, con "Pacio" al centro e "il Barone" sulla sinistra

“I fatti citati sono stati commessi in territorio extra stadio. Parliamo di associazione a delinquere dello stadio? È stato escluso. E voi per mesi avete fatto sempre commistione tra Milan e Inter, curva Nord e curva Sud. Invece, nelle carte, si legge che è stato escluso ogni coinvolgimento di tutti i membri della Sud nella gestione delle attività tangenziali allo stadio. Quindi vuol dire che noi non abbiamo mai gestito un parcheggio, come vi avevamo scritto nel comunicato del 15 ottobre, non abbiamo mai gestito un baracchino dei panini, merchandising fuori dalle bancarelle o i concerti”.

E i biglietti?

“Non c'è un atto processuale che dice che la curva Sud faceva soldi coi biglietti”.

Di Lucci, però, si è parlato in merito al traffico di stupefacenti.

“Fatti di cinque anni fa. E non avete mai sottolineato neanche questo, che sono robe di cinque anni fa, vecchie, per cui lui già stava scontando una condanna, questo dovete dirlo. Voi parlate ancora di traffici di droga, ma sono cose sue personali. Che sia chiaro a tutti: sono robe che non sono mai centrate con lo stadio. Lui ha cambiato vita, però sapete qual è il problema?”.

Ecco, qual è il problema?

“Che se uno cambia vita e diventa un bravo cristiano a voi non va bene neanche quello, però preferite che la gente vada in giro a fare casino. Avete parlato solo ed esclusivamente di robe vecchie. Su 600 pagine, solo 30 o 40 sono dedicate al Milan, mentre tutto il resto sono cose che non riguardano il Milan. E stiamo qua a parlare di Fedez, Emis Killa, Iovino, ma che caz*o stiamo dicendo”.

Christian Rosiello con Fedez
Christian Rosiello con Fedez

Pacio si è poi rivolto direttamente al direttore di MOW, Moreno Pisto, e ad altri giornalisti. Il punto erano i business paralleli, legati al mondo della musica e alle barberie di Lucci: “Oggi parlo io. Avete parlato nove mesi, se vuoi mi riprendi, sennò puoi prendere, girarti e andartene. Avete parlato nove mesi di affari con i rapper: ma che affari sono? Aprire una barberia, aprire un negozio, coi loro soldi, è un affare illecito? Per fare un concerto: se lui è mio amico e fa il promoter musicale, io faccio lavorare lui o faccio lavorare te che non conosco? Qual è il reato? Avete parlato per nove mesi di robe regolari e le avete fatto passare come attività irregolari. Questa è la verità”.

Che rapporti c'erano col Milan?

“Sono sempre stati corretti, non c'è un'intercettazione, un qualcosa… Hanno fatto due anni di indagine, con ambientali in casa, in macchina, tutti i telefoni sotto controllo. In due anni non vuoi trovare qualcosa?”.

Invece non c’è niente: come mai?

“Perché noi siamo ultras e queste robe qua non le abbiamo mai fatte. Noi siamo sempre andati a vedere il Milan. Se la curva del Milan è diventato quello che è, è grazie anche e soprattutto a quei signori là, e grazie soprattutto a Luca Lucci. Noi non siamo una manica di angeli, ma se uno nella vita ha fatto degli errori, li ha pagati, li sta pagando, e ha cambiato vita, bisogna avere il coraggio di ammetterlo e sapete perché? Perché sennò ci troviamo fra cinque anni ancora qua, con una sentenza di condanna in primo grado. E fra cinque anni facciamo la fine di Alberto Stasi. Capite?”.

Le aggressioni, però, sono documentate. C’è anche uno schiaffo dato a uno steward a San Siro.

“È una reazione d'impeto di un ragazzo che ha sbagliato, stava già pagando perché ha preso sette anni di daspo. Quel ragazzo che ha dato una manata allo steward sa di aver sbagliato, si è costituito cinque minuti dopo che l’ha data, non è che è scappato o ha fatto il latitante. È stato preso, è stato daspato sette anni”.

Dell’uomo che è stato aggredito in un ristorante per una maglietta cosa dite?

“A questo cristiano qua (indica un altro ultrà in prima fila, ndr) gli ha rotto una bottiglia in testa, gli ha gli ha fatto mettere sette punti a lui, così almeno vedete anche le facce. Non vi dico cazzate: sette punti di sutura in testa. Ma uno come pensate che reagisca? Se vedo lui che piglia una bottiglietta in testa cosa faccio? Guardo l'altro e dico bravo, gli do la mano? Reagire con la violenza è sempre sbagliato, ma non è, come vi hanno fatto pensare, che quello lì è stato menato perché aveva una maglietta. Sbaglio o ve l’hanno raccontata così? Perché ce le ho tutte le vostre interviste, ve le tiro fuori tutte. Perché io sono nove mesi che non dormo per i miei amici che là dentro”.

Fuori dall’aula, in strada, ci sono tutte le testate principali e le televisioni. Saranno pronunciate le sentenze e le notizie vanno coperte. Ma per mesi di questo caso ne hanno parlato solo in pochissimi. Pacio continua la sua arringa: “Oggi fanno la comparsata per fare le riprese. Anche lì: cosa vuol dire andare a riprendere la gente in questo modo? È una roba bella, è una roba normale? Vi siete sempre sbattuti il caz*o di tutto e oggi siete qui per lo scoop, per vedere uno che scende dalla camionetta, che magari ha figli ed è innocente, perché ragazzi, ricordiamoci sempre che qua siamo tutti innocenti fino a prova contraria”. Lo abbiamo detto fin dall’inizio: l’identità ultras non può essere ridotta ai crimini di chi ora è in carcere. C’è molto altro. Aggregazione, attaccamento alla maglia, sostegno incondizionato. Passione. “Vi dico una cosa, oggi può anche andar male, ma in Appello e Cassazione una roba del genere non può mai stare in piedi, perché non c'è niente”. Al momento l’impianto accusatorio è rimasto invariato rispetto alle richieste. Le convinzioni di Jacopo Cappetta sono state smentite, almeno in primo grado. Dieci anni a Lucci, dieci a Daniele Cataldo (l’esecutore, per la Procura, del tentato omicidio di Enzo Anghinelli), cinque anni a Alessandro Sticco, quattro anni a Fabiano Capuzzo, tre anni e quattro mesi a Luciano Romano, tre anni e quattro mesi per Islam Hagag. Quest’ultimo è per la Procura un “fedelissimo” di Lucci, uno capace di gestire relazioni con personaggi del mondo della musica e gli artisti. Di lui si è parlato molto a Lo Stato delle cose di Massimo Giletti. Ed è su questo punto che Pacio attacca ancora il direttore di MOW.

Fedez con gli ultras del Milan, tra cui Islam Hagag (a sinistra), figura chiave per i rapporti con la Calabria
Fedez con gli ultras del Milan, tra cui Islam Hagag (a sinistra), figura chiave per i rapporti con la Calabria

“Perché Giletti e la sua redazione non hanno mai chiamato l'avvocato Cappetta, come sta facendo con Sempio e Stasi, per replicare? Nell’unica chiamata che ci hanno fatto sai cosa ci hanno detto? Se volete venire parlate cinque minuti, ma a noi interessa solo di Emis Killa e Fedez”.

Io non rispondo per la redazione di Giletti, ma non credo che sia andata così. Cappetta l'ho cercato diverse volte e con me non ha mai voluto parlare.

“Il problema è che ci sono i giornalisti a giorni alterni. Giustamente voi dovete dare priorità a chi vi passa le informazioni. Ma a te sembra normale che il 30 settembre voi avevate in mano il mandato di cattura da 650 pagine?”.

No, non è normale.

“C’è chi queste cose le dice da tutto il processo. È un processo mediatico basato su cose mediatiche”.

Dall'altra parte abbiamo visto entrare Anghinelli.

“Cappetta ha depositato due memorie su Anghinelli da 200 pagine l’una, dove vengono riportate tutte le cose che ha fatto e detto. Se voi siete giornalisti una volta che è finito il processo le leggete: ci sono molti altri fascicoli dove si parla di quell’episodio e si dice che non è riconducibile alla curva Sud”

Allora perché viene citato?

“Perché il suo avvocato Verga Ruffoni, un'ora dopo che succede il fatto, dà la colpa alla curva, magari omettendo tutti i caz*i che aveva Anghinelli in giro per Milano. Voi prendetevi le carte, leggetele e fatevi un'idea di cos'è questo processo. L’unico indizio che porta a Luca Lucci come mandante del tentato omicidio è una conversazione intercettata, che l'ha spiegata nel video l'avvocato, e se volete ve la rispiego io. È una conversazione intercettata a Caminiti, che però non conosceva né Lucci né Cataldo”.

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Enzo Anghinelli Ansa/Salvatore Garzillo

Qualcuno chiede del Milan, che si è costituito parte civile e ha chiesto un risarcimento. “È un metodo. È un metodo che viene imposto. Perché il Milan vende i biglietti delle partite con le coreografie che facciamo noi, che paghiamo noi, e per le quali non ci dà un euro. Il Milan usa le coreografie per vendere i biglietti, che in teoria erano l'oggetto del contendere fino a qualche mese fa”. I soldi chiesti dal club sono tanti: 460mila euro. “Sapete come ha fatto i conti il Milan?”, attacca ancora il capo ultrà, “li ha fatti sulla dichiarazione di uno steward. Che dice che nel secondo anello blu entrano dalle 100 alle 150 persone in doppietta. Ma la curva Sud è esaurita in abbonamento, quindi vuol dire che quei biglietti lì, anche se quelle persone fossero entrate realmente in due, li avevamo pagati”. I biglietti gratis poi sarebbero l’ennesima invenzione. “Non li abbiamo mai presi, neanche quando ci hanno proposto dei biglietti per gli striscionisti: la curva Sud e soprattutto Luca Lucci hanno sempre detto di no”. “Il Milan viene a chiedere 460mila euro di danni per dei biglietti che non abbiamo mai potuto vendere. Sapete quanti episodi ha riscontrato la polizia relativamente agli ingressi in due al tornello riconducibili a curva Sud? Uno. Questo è fare business coi biglietti?”. Si torna poi sui nomi più grossi e mediatici.

Emis Killa con gli ultras a casa di Luca Lucci
Emis Killa con gli ultras a casa di Luca Lucci

“Si è parlato di Emis Killa, di Fedez: ‘Eh, ma Fedez voleva aprire un negozio con Lucci’. Qual è il reato? Se mi dite qual è il reato, io dico caz*o, avete ragione, sono dei monelli. Ma mi dici che reato è aprire un negozio? O anche solo avere l'idea, perché poi non è neanche stato aperto. Qual è il reato? La spettacolarizzazione assoluta: Lucci il cattivone, Fedez il personaggio mediatico, boom, facciamo la bomba. Quella è stata tutta l'inchiesta del Milan da parte vostra”.

Non è proprio così, Fedez chiedeva a Lucci "come ti faccio figurare" nel possibile acquisto dell'Old Fashion, che non è proprio il massimo.

“Ma cosa ti interessa a te in un processo che si chiama Doppia Curva di un lavoro regolare”.

Ma quello è un passaggio fondamentale. Perché poi c’è la questione Vivo Concerti.

“Io ti parlo di Doppia Curva. Ho sentito parlare di barberie, di spettacoli, concerti”.

E aggressioni.

“Non le avete contestualizzate”.

Luca Lucci, il "Toro" della curva Sud del Milan
Luca Lucci, il "Toro" della curva Sud del Milan

“Ho già parlato anche troppo, mi ero promesso di non parlarvi perché veramente vi siete fatti gli affari vostri per tutto il processo. Però era giusto anche che la verità degli atti processuali venisse detta. Oggi vinciamo, perdiamo, non lo so”. Di nuovo: le sentenze in primo grado rispecchiano quanto richiesto dal pm. “Io dico che in Appello e Cassazione questa sentenza crolla”. Vedremo. Per ora abbiamo solo quanto stabilito in primo grado. Gli ultras continueranno a farsi sentire. Di questa storia continueremo a parlare. Nel frattempo, altri scenari sulle due curve di Milano potrebbero aprirsi.

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