La cosa che colpisce prima delle altre è la differenza abissale con il comunicato della curva Nord dell’Inter. Se lì gli ultras prendevano una distanza netta dalle persone arrestate (vedi Andrea Beretta e Marco Ferdico), che tenevano lontani gli altri tifosi dalla gestione economica e dagli affari citati nell’inchiesta della procura di Milano, il comunicato dei Banditi della Sud è molto diverso. Leggendo tra le righe, i messaggi mandati dagli ultrà milanisti sono ambigui e rivolti a diversi soggetti. Qua riportiamo e commentiamo i passaggi più, per far capire a tutti, anche a chi non è avvezzo al linguaggio tipico degli ultras, cosa si nasconde dietro al comunicato pubblicato sulla pagina Instagram del gruppo di tifosi. Il post è composto da sei pagine. Proprio adesso che emergono le intercettazioni di Luca Lucci che dà del “patatone” a Fedez, e che sembra risolversi il caso dell’agguato a Enzo Anghinelli del 12 aprile 2019, ferito da un proiettile sparato da Daniele Cataldo (anche lui uomo della curva), questa analisi diventa ancora più importante.
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Da subito si capisce che la Sud vuole mantenere una continuità con il passato, e dunque con l’operato dei leader arrestati: Fabiano Capuzzo, Alessandro Sticco, Islam Hagag, Christian Rosiello, Luciano Romano, Francesco Lucci, Luca Lucci. Li chiamano “quei ragazzi”, senza nominarli. Li ringraziano perché grazie a loro la curva si è rialzata “dagli anni più bui dopo lo scioglimento dei gruppi storici”. È merito loro, dicono in un linguaggio aulico simil dannunziano, se la Sud è tornata “a brillare come le stelle più luminose”. La prima pagina e anche la seconda sono un manifesto di appartenenza. La parola “noi” è scritta tutta in maiuscolo. Dalle parole dei Banditi traspare una convinzione: quei ragazzi erano coloro che rendevano possibili le coreografie, i cori all’unisono. Erano una componente fondamentale per la coesistenza di tutti i gruppi della Sud. Una funzione, quindi, legata unicamente al tifo. Il resto, che sia un’indagine della procura, o il coinvolgimento in pestaggi come quello di Cristiano Iovino, non ha valore. Ciò che importa è solo il loro essere ultrà: “È questo ciò che per noi conta, è questo ciò che bisogna riconoscere anche e soprattutto a questi ragazzi, ed è tutto ciò che qualcuno invece vuole farvi dimenticare”. Perché tutto questo sia possibile, però, servono soldi. Nell’ordinanza si parla di bagarinaggio, di gestione del merchandising e persino dei bar attivi dentro San Siro. Un “mercato” spartito tra le due curve reso possibile, nell’ipotesi della procura, dal “patto di non belligeranza” stipulato tra la Nord e la Sud. E i Banditi, infatti, si soffermano sul tema.
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“Questa curva ci ha messo sempre la faccia e si è sempre battuta per il bene di tutti, come ad inizio campionato 2022 quando ci siamo trovati i bar dello stadio che vendevano la birra con un ricarico del 60% in più rispetto al termine della stagione precedente, cercando di trovare un ACCORDO (in maiuscolo nel testo, ndr) che accontentasse tutti (situazione arcinota a TUTTI – anche questo in maiuscolo – gli addetti ai lavori)”. Le parole qui in maiuscolo assumono un’importanza strategica, che fanno capire che il rialzo del prezzo non era voluto dalla curva. Anzi, sono stati loro a farlo abbassare. Ma un accordo è tale solo se tutti le parti ci guadagnano. E la frase finale sembra proprio una minaccia: “Noi sappiamo come sono andate le cose e possiamo pure raccontarlo”. Puntando il dito contro una situazione che, in effetti, sta diventando insostenibile: quella dell’aumento del costo dei biglietti e delle trasferte. Perché, a prescindere da tutta questa inchiesta, una cosa è certa: andare allo stadio o in trasferta sta diventando sempre più difficile per lavoratori e famiglie. Ma a cosa si riferiscono esattamente gli ultrà? Nell’ordinanza si accenna a queste dinamiche. La riportiamo per farvi capire il clima e i soggetti coinvolti: i leader delle curve “in concorso tra loro, mediante minaccia, consistita nell'avvalersi della forza di intimidazione derivante dalla posizione di capo Ultras di Lucci Francesco, nel convocare Rossi Renzo (rappresentante della Fit società cooperativa) proponendogli dapprima di assumere personale segnalato da Lucci per lavorare all'interno della curva del Milan per la somministrazione delle bevande; poi di subentrare con una società nel servizio di distribuzione delle bevande limitatamente al settore della curva del Milan”. Proposte, si legge, entrambe rifiutate. Ma c’è di più. In un paragrafo successivo, in cui viene citato, oltre a Luca e Francesco Lucci e Christian Rosiello, anche Andrea Beretta, si fa riferimento a un ulteriore “minaccia”. Gli ultrà di entrambe le tifoserie, infatti, avrebbero convocato Antonio Mirigliano, amministratore delegato di Air Food Stadio srl, società che gestisce la ristorazione all'interno dello stadio, per fare pressioni e “impedire ai bar presenti all'interno del Meazza di vendere, in occasione di una partita del Milan, bevande lamentando un (asserito) incongruo aumento dei prezzi della birra, cagionando un danno patrimoniale dai 12mila ai 36mila euro”. Chissà che non sia proprio questo ciò che i Banditi hanno chiamato “accordo” nel loro comunicato. Ancora l’ordinanza: i leader delle due tifoserie “costringevano Furnari Paolo Mario della Fit società cooperativa e della Gastro Events srl (subappaltatrici della Air Food Stadio srl) a vendere a esponenti della curva del Milan Ac, per ogni partita, 70 birre al prezzo complessivo di 1500 (2,14 euro l’una) (quando invece il prezzo al pubblico era di 6 euro), che poi venivano rivendute a prezzo maggiorato (5 euro) ai tifosi del Milan presenti in curva”. Davvero erano tutti concordi sul costo delle birre dedicate agli ultrà? Questo prezzo agevolato faceva comodo alle parti coinvolte? Il presunto accordo di cui si fa riferimento nel comunicato era valido solo per lo stock di 700 birre? Il rialzo del 60% del prezzo delle bibite, poi, viene definito nell’ordinanza come solamente “asserito”. Tra gli altri elementi su cui insistono i Banditi c’è anche quello della crescita del prezzo dei biglietti. “Abbiamo cercato di porre un freno alla crescita imbarazzante del prezzo dei biglietti (pensate alla protesta per il listino di Milan-Atletico Madrid della stagione 2021-2022 poi corretto in fretta e furia), o alla battaglia per mettere un tetto al prezzo dei settori ospiti come accade ormai in tutta Europa, coppe comprese come da direttive Uefa che proprio quest'anno ha abbassato ulteriormente il prezzo massimo”. Non solo le birre, dunque, anche i biglietti dovevano adeguarsi alle richieste della curva. Pretese legittime, nella la prospettiva dei tifosi.
Dopodiché viene affrontato il tema del patto di non belligeranza. E anche qui c’è una parte di ragione. È chiaro il tentativo di rileggere la “pace” sottoscritta tra le due curve come slegato dal controllo economico condiviso dello stadio, “un accordo storico siglato dopo il mundialito del 1983 per evitare di avere una ‘guerra’ continua in città, in ogni dove, in qualsiasi momento della settimana tra milanisti e interisti. E da oltre 40 anni questo ‘patto’ è stato portato avanti da chiunque abbia gestito nel tempo le due curve, in maniera intelligente e responsabile, a differenza di quanto si voglia far credere con soli fini speculativi, di lucro o di guadagno personale. Non c'è niente di più falso”. Qui, dicevamo, hanno ragione. Ma ricordiamo che a macchiare questo “patto” sono stati proprio gli ultras. Perché non era affatto scontato che un simile accordo avesse contorni così oscuri, come emerge dall’inchiesta. Di mezzo, infatti, c’è il guadagno ottenuto dai vari business come il bagarinaggio, i parcheggi, la vendita delle bibite nello stadio. A tutto questo il comunicato non fa riferimento. Ai Banditi rivolgiamo una domanda: perché omettere tali questioni? Un aspetto, però, è evidenziato chiaramente: “Gli accadimenti che hanno coinvolto le due curve di Milano sono profondamente diversi”. Ma che significa in concreto?
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Qui la differenza con la curva Nord si palesa in tutta la sua evidenza. Nel comunicato del Secondo Anello Verde abbiamo letto una sorta di ammissione: è vero che i biglietti venivano acquistati tramite canali preferenziali per poi essere venduti con un sovrapprezzo, ma ciò serviva unicamente per l’organizzazione delle coreografie, coprire i costi del materiale, consentire ai tifosi di spostarsi in trasferta. Non si negava che con l’“accentramento di potere” nelle mani di pochi e potenti leader, tra cui Andrea Beretta, Antonio Bellocco e Marco Ferdico, si siano create delle storture; errori di cui in ogni caso il resto della Nord non era a conoscenza. Proprio per questo motivo, tra le linee guida presentate dai tifosi è indicata la cessazione del “servizio di biglietteria” messo in piedi dagli ultrà. Uno stacco netto dal passato. Diversa la posizione dei rossoneri: i Banditi dicono di non aver MAI (scritto più volte in maiuscolo nel testo) avuto a che fare con gli affari legati ai parcheggi, i bar “e soprattutto” di non aver mai “preteso biglietti dalla società”. Niente a che vedere, quindi, con ciò che avveniva dall’altra parte del Meazza. Almeno a parole. Infatti da ciò che abbiamo già evidenziato in relazione ai bar dello stadio, risulta che gli ultrà rossoneri non fossero affatto ignari del giro di soldi legato alla vendita di bibite. Resta però la volontà di differenziarsi rispetto agli storici rivali. E al contrario dei nerazzurri, i Banditi non sembrano avere in mente nessun cambio di pagina rispetto alla gestione precedente.
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“Stiamo assistendo ad una vergognosa campagna mediatica di giornali e tv che tendono a fare ‘minestroni’, infangando ragazzi al solo scopo di fare audience, la cui unica colpa è quella di aver stretto rapporti lavorativi e di amicizia con personaggi più o meno famosi”: il riferimento, ovviamente, è a tutti quei giornali che hanno parlato degli ultrà milanisti e della loro frequentazione. Il riferimento è ovviamente a Fedez e Emis Killa (nessuno dei due indagato). Il primo voleva introdurre la bibita Boem sfruttando la sua amicizia con Luca Lucci, e con lo stesso “Toro” della Sud aveva persino ipotizzato di acquistare l’Old Fashion. Emis Killa, invece, oltre a Lucci, era anche vicino a Fabiano Capuzzo, anche lui esponente della curva milanista: con quest’ultimo, il rapper è in affari per una catena di negozi di tatuaggi, la Italian Ink. Poco importa dei precedenti di Lucci, del pestaggio di Iovino per mano di Christian Rosiello, o delle estorsioni di cui è accusato Islam Hagag. Un conto è la loro identità di tifosi, altra questione la loro persona fuori da San Siro. Ciò che interessa ai Banditi, stando al comunicato, è solo la prima. “I ragazzi”, poi, hanno fatto anche del bene, “come ad esempio le tante iniziative di beneficenza organizzate in primis da loro nel nome della curva, ogni qual volta c'è stato bisogno di fare del bene (alluvione in Emilia-Romagna e raccolte benefiche per Palestina e senza tetto milanesi, le ultime di una lunga serie)”. Vittime di una narrazione scorretta, immagini sporcate dal fango lanciato dalle “male lingue” che non vedrebbero l’ora di assistere al declino della Sud. A tutti loro, i Banditi vogliono “ricordare che una persona è innocente fino al terzo grado di giudizio, e che non c'è peggior infame di chi gode delle disavventure altrui, senza soprattutto conoscere la realtà dei fatti e senza aspettare che la giustizia faccia il suo corso”. Qui la curva Sud fa del populismo puro: non è vero che l’attacco mediatico deriva dal coinvolgimento (indiretto, dato che né Fedez né Emis Killa sono indagati) di personaggi famosi. Anzi, questa è la cosa meno importante. Ciò che è davvero centrale in questa storia sono le vicende criminali nascoste dietro la maschera del tifo.
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In questo passaggio i riferimenti sono molto diretti: chi sono i “mitomani senza dignità” e le “male lingue che si sono erette a paladine del mondo ultras”? Parlano forse a coloro che sono andati in tv, oppure a quelli che alla prima occasione hanno parlato? E le male lingue: sono magari i giornalisti che si sono esposti sul tema (noi abbiamo intervistato uno di loro, Klaus Davi)? In questo passaggio, però, i Banditi offrono il fianco a una critica. E gliela rivolgiamo noi: sono davvero loro i paladini degli ultras? Perché allora non prendono le distanze dalle situazioni al limite in cui erano coinvolti Lucci, Rosiello o Hagag? Situazioni che emergono chiaramente dalle carte dell’ordinanza in tutta la loro gravità. Invece, non si rinnega nulla. E i concetti di onore e appartenenza tipici del mondo del tifo organizzato vengono meno. Ci sono poi gli “infami”. Il riferimento è alla curva Fiesole, che in occasione della partita tra Fiorentina e Milan hanno esposto striscioni contro la Sud: “Le nostre infiltrazioni... Solo quelle nei gradoni” e “ultras no business”.
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Sì, le curve sono tra i pochi contesti di aggregazione rimasti presenti nella società. E ne va dato merito agli ultrà. Questo ha sicuramente un valore. C’è chi probabilmente ha paura che continui a esistere un ambiente del genere. “Abbiamo ricreato una delle realtà aggregative più belle della nostra città, e forse questo per qualcuno può rappresentare uno smacco...”, dicono i Banditi. Qui ci soffermiamo su una parola: “smacco”. Non un problema. Un messaggio che risuona tipo: qualcuno sta provando a scioglierci, ma noi rimaniamo fedeli alla causa. E, forse, c’è anche un’altra frecciata alla curva Nord: voi vi siete disuniti, noi no.
Senso di appartenenza, continuità con il passato, differenza dai rivali e tifo. Solo tifo. Di soldi la Sud ha sentito parlare solo marginalmente. Quello che fanno gli ultrà quando si tolgono la maschera da milanista non riguarda la curva. E l’invito ad attendere il terzo grado di giudizio. Nel frattempo, nessuna paura di rivendicare la propria storia più recente e le azioni di quei ragazzi che tanto hanno fatto per il Milan. Tifosi e non certo dei santi. Ma basta la fedeltà a un ideale per cancellare tutto il resto?