Impossibile. In una sala di un bar di Buccinasco il calabrese stringe le guance per aspirare l'ultimo tiro della sigarettina rollata con cartine scure, agita la mano destra fendendo un taglio netto nell'aria e quando butta via il fumo ripete: “Impossibile”. È impossibile che Marco Ferdico sia andato a Gerocarne, provincia di Vibo Valentia, paesino nel centro della Calabria, a prendere l'assassino di Vittorio Boiocchi senza chiedere il permesso alle famiglie, anche se il prescelto era Andrea Simoncini, il padre di sua moglie Aurora, il nonno di sua figlia. Lì le famiglie si chiamano Soriano, Idà, Monardo, Emanuele. In particolare Emanuele. Sono loro i vincitori delle faide delle Preserre e dei boschi. Chi è stato lì come Klaus Davi racconta che la casa degli Emanuele è circondata da 40 cani feroci. E poi, poco più in là, verso Vibo e Limbiadi, comandano i Mancuso. Sono loro che decidono se qualcuno degli affiliati può commettere un omicidio oppure no. Soprattutto se deve salire al Nord e ammazzare uno dei più rispettati criminali milanesi. Il calabrese mi offre un caffè. “Lo vuoi con zucchero o amaro?”. Amaro. “Considera” mi dice “che a fare le cose per bene il permesso lo dovevano chiedere pure a Milano. Però a Milano, fidati di me, non lo hanno chiesto”. Sono storie che si incrociano, queste, si intrecciano e ognuna poi prende una strada a sé, dove il fattore caso, come sempre, recita il suo ruolo. Marco Ferdico scende in Calabria per giocare a calcio nel Soriano Calabro, in una serie dilettante, l'Eccellenza. È un attaccante. C'è chi sostiene che il tesseramento nel Soriano sia stato una conseguenza di qualche sua amicizia calabrese già fatta a Milano. Chi lo frequentava in quegli anni, invece, giura che è stato tutto casuale, appunto. È qui che conosce Aurora. È qui che aggancia i suoi familiari. È qui che entra in contatto con i metodi ‘ndranghetisti E quando a Maurino Nepi propone di essere lui a risolvere i problemi che Andrea Beretta ha con Boiocchi sa come fare: io te lo levo dai coglioni, tu mi fai entrare nel business della curva Nord. Poi le cose vanno come vanno: Simoncini sale su, fa sopralluoghi, studia la vittima, viene affiancato da Daniel D'Alessandro detto Bellebuono, uomo di fiducia. Mentre Simoncini e Bellebuono si dirigono in scooter ad ammazzare Boiocchi cadono. Simoncini si infortuna al braccio, così a sparare sarà Bellebuono. Che il 29 ottobre 2022, in via fratelli Zanzottera 12, alle ore 19:50, lo fa per la prima volta. Infatti fallisce tre colpi su 5, nonostante i pochi metri di distanza. Boiocchi morirà un'ora dopo e il suo omicidio resterà irrisolto per due anni e mezzo, fino a quando non verrà raccontato da Andrea Beretta che nel frattempo ha ucciso un altro uomo ed è diventato collaboratore di giustizia.


Buchi da riempire
Ci sono cose che non tornano però. Buchi da riempire. Lo status, innanzitutto. Che status ha Ferdico per chiamare un assassino dalla Calabria? Era già affiliato? Aveva fatto qualche piacere tale da chiederne uno in cambio? La mano del calabrese a ‘sto giro fa segno di no: “Non credere. Non c'è bisogno di essere chissà chi. Sei fidato? Porti bene? Allora si può fare”. Porti bene. Ovvero, fai girare i soldi, fai business. “Devi considerare una cosa” mi fa. “Boiocchi”. Chi mi parla Boiocchi lo conosceva bene. Insieme hanno condiviso dieci anni di carcere.
A fare le cose per bene il permesso di uccidere Boiocchi lo dovevano chiedere pure a Milano. Però a Milano non lo hanno chiesto
“Era una brava persona, capisci il senso. Grande rapinatore. Pezzo da novanta della criminalità. Ma con valori. Onesto. Leale. Ha capito che Beretta gli fotteva i soldi e quello lì lo ha ammazzato. Boiocchi aveva tante amicizie ma non aveva coperture. Per questo a Milano non hanno chiesto il permesso a nessuno. A Ferdico, da giù, gli hanno detto: se qualcuno ti viene a rompere i coglioni digli che dietro ci siamo noi”. Noi chi? Le famiglie. Soprattutto gli Emanuele e i Mancuso. Però perché poi a Milano sale un Bellocco? Ecco la seconda cosa che non torna. Ma qui bisogna fare un passo indietro.

Il patto Mancuso-Bellocco
Dopo due settimane dall'omicidio di Boiocchi gli investigatori registrano il primo incontro tra Bellocco e Beretta. Bellocco va a casa di Mimmo Bosa. Mimmo Bosa detto Mimmo Hammer è il fondatore degli Hammerskin, uomo di pace che in passato ha risolto liti tra varie fazioni della destra extraparlamentare e che dopo la morte di Bellocco, pur essendo ai domiciliari, cercava di mediare per calmare la situazione tra le famiglie calabresi e la famiglia di Beretta. Poi sono arrivati gli arresti e si è fermato pure lui. A novembre del 2022 riceve Bellocco e Beretta. Bellocco gli fa vedere l'album di famiglia. Ergo: mette sul tavolo i nomi dei suoi parenti e la loro caratura ‘ndranghetista. Mimmo Bosa, insieme agli Irriducibili, era già alla ricerca di una copertura per proteggere, diciamo così, gli affari della curva Nord da altre ingerenze. Dopo quell'incontro lascia perdere qualsiasi alternativa. È Antonio Bellocco che garantirà per tutti. Ma dietro di lui si muovono altri personaggi. Non è un caso che uno dei primi ad arrivare fuori dalla palestra Testudo dopo che Beretta lo ha ucciso è Alfonso Cuturello, un fidatissimo dei Mancuso. Alfonso è nipote di Romana Mancuso, Giovanni Rizzo e Peppe 'Mbrogghia Mancuso. È uno di loro, quindi. Infatti la domanda giusta è: come mai la locale della zona di Gerocarne manda su un Bellocco, famiglia che non solo arriva da un'altra zona, Rosarno, ma con la quale i rapporti sono compromessi da tempo? Sempre in quel territorio uno dei Bellocco (Domenico) ha trascorso la latitanza. E già nel 2019 alcune informative parlano di una pax raggiunta tra le due fazioni. Il calabrese spiega: “Quella dei Bellocco era ed è una famiglia in difficoltà. Sono tutti in carcere, latitanti o in attesa di sentenze. Hanno bisogno di soldi. La mamma di Totò ha un 41bis, il padre morto in galera, lo zio in carcere. Insomma, hai capito cosa voglio dire, gli è stato fatto un piacere e magari in cambio della libertà di movimento sul porto di Gioia Tauro, che è roba dove i Bellocco hanno parola in capitolo, gli hanno dato una piazza”. O meglio: una curva.

Dietro ci siamo noi
Ferdico lo porta su a Milano, gli trova un finto lavoro, un’entrata fissa, un progetto. Bellocco si presenta con un Idà (Giuseppe) e un Monardo (Vincenzo). Che, secondo Beretta, sono gli stessi che lo hanno presentato a Ferdico. Idà e Monardo a Beretta: se non trovi lui, puoi parlare con noi. E anche quando Mimmo Bosa indaga la voce che gli torna indietro è sempre la stessa: ci siamo noi. Mancuso, Cuturello, Idà, tutti insieme. Bellocco e Ferdico diventano sempre più amici. Sono inseparabili. Ferdico gli chiede di essere il padrino della figlia. E quando sospettano che Beretta faccia sparire dei soldi ne pianificano l'omicidio.
Boiocchi aveva molte amicizie ma nessuna copertura
Così pensa Beretta, avvertito da D'Alessandro, ma qualcosa non va come doveva andare e a finire male è proprio Bellocco, ucciso con 21 coltellate. Ferdico, ora in carcere, da pochi giorni ha un altro figlio. Lo abbiamo già scritto: si chiama Antonio. Non so se è chiaro: Aurora Simoncini, figlia di Andrea, legata alla cosca dei Mancuso, e Marco Ferdico, che nella terra dei Mancuso va a cercare un assassino per uccidere Boiocchi, chiamano il loro figlio come Antonio Bellocco. Il messaggio è chiaro: Marco Ferdico è stato acquisito. È dentro. Lo era prima, senza alcun particolare merito. A maggior ragione lo è adesso che al suo primo erede maschio dà il nome di colui che era uno dei più giovani boss calabresi.

Il Ducato, lo scooter: ciò che non torna
Poi, a non tornare, ci sono alcune dichiarazioni di Beretta. Beretta dice di aver commissionato il delitto, di aver messo a disposizione 50mila euro e poi di essersene disinteressato. Però quando parla del furgone Ducato emerge una contraddizione: racconta di averlo visto nel box di Carugate dove Ferdico padre e figlio hanno verniciato anche il Gilera e di aver capito che sarebbe servito a compiere l'azione. Ma le date del noleggio parlano: dai Ferdico il furgone è stato preso soltanto dal 28 al 31 ottobre 2022. Significa che Beretta il giorno prima dell'omicidio è passato a trovarli nella loro base operativa; strano modo di disinteressarsi all'organizzazione, no? E poi c'è la storia della caduta in scooter. Con gli inquirenti Beretta sostiene di aver capito che Simoncini e Bellebuono, guidando il Gilera 800 acquistato lui, cadono e decidono di cambiare il piano. “Guarda Moreno”, mi dice la fonte, “per capire sta cosa devi partire dai 50mila euro. Non si ammazza per soldi nella ‘ndrangheta. Se ammazzi per soldi non sei affidabile. Un domani magari puoi rivoltarti contro di me e tradirmi. Di solito se spari per soldi il secondo a finire ammazzato è chi ha sparato”. Si ammazza piuttosto per ciò che puoi prenderti dopo. Affari, giri, piazze. Può essere quindi che Simoncini si sia tirato indietro? Può essere. Può essere che Beretta sia stato raggirato? Può essere.
I 50mila euro? Se spari per soldi il secondo a morire sei tu
Beretta infatti, quando racconta che poi a sparare fu Bellebuono e non Simoncini, è piuttosto vago. Riporta una frase di Ferdico, che gli avrebbe detto un generico: “È successa una cosa”. Anche perché se Simoncini si fa male poi come avrebbe fatto a guidare? Poteva guidare ma non sparare? Altra stranezza. Daniel D'Alessandro invece non è uomo della ‘ndrangheta. È una vittima sacrificale perfetta. Cocainomane, all'epoca del delitto si frequentava con una ragazza incinta, una sua ex fidanzata. In un altro pezzo l'abbiamo citata e lei ci ha contattato per spiegarci la sua versione.

Parla l'ex di Bellebuono
Maggie, si chiama. Origini del Capoverde. Ci ha detto che questa vicenda l'ha scioccata. “Scioccato è dir poco. Conoscendo lui mi sembra tutto assurdo. Leggendo quello che ha fatto è raccapricciante”. Per Maggie Bellebuono era il tranquillo ragazzo di Brugherio che andava a giocare a calcio e lavorava nelle discoteche e non aveva niente a che fare con robe del genere. “O perlomeno, questo è quello che mi ha sempre fatto credere”. Si sono conosciuti che lei aveva 19 anni e lui 21. “Abbiamo avuto una relazione, ma niente di serio, per diverso tempo”. Un bambino si lamenta in sottofondo. È il bambino di cui era incinta Maggie mentre Daniel D'Alessandro pianificava l'omicidio Boiocchi. “Ma non era suo. In quel periodo avevo litigato con il mio attuale compagno, padre di mio figlio, e avevo avuto un riavvicinamento con Daniel”. Gli investigatori, in quei giorni, annotano che Daniel e Maggie vivevano insieme a Omate. “No, io non ci vivevo, però ogni tanto mi fermavo lì. Solo che la relazione non funzionava, siamo rimasti in contatto per un po’ ma poi ho proseguito la mia vita”. Il telefono in uso a Maggie viene registrato nelle celle in cui si muove Daniel, anche dopo l'omicidio. “Può essere, ma sono stata a trovare alcune volte anche i suoi genitori, con i quali ho un bel rapporto”. Le chiedo se secondo lei, per come lo conosce, Daniel potrebbe pentirsi. Questa è la voce che sta girando, le dico. “Ripeto: per me è un bravissimo ragazzo. Difficilmente reggerà il carcere e il peso di questa situazione”. Fatto sta che Daniel è colui che, anni dopo aver sparato a Boiocchi, andrà da Beretta a rivelargli che Bellocco e Ferdico sono disposti a pagare 100mila euro per farlo fuori. Ma era vero? Qua si aprono altri scenari.

Ma ti sembra ‘ndrangheta questa?
Il calabrese nel retro del bar di Buccinasco scuote la testa. “Sta storia pure non mi convince. Pensaci un attimo: tu sei Bellocco e vuoi ammazzare Beretta. E che fai? Ti metti dentro una Smart con uno che è grosso come un armadio? Ma ti pare ‘ndrangheta questa? La ‘ndrangheta ti fa salire su una macchina, c'è uno dietro, ti spara un colpo nella nuca e ti fa sparire. E quando qualcuno ti cerca dice: è scappato. Secondo me D'Alessandro aveva capito che a essere in pericolo era lui per altri motivi, fidati di me”. Di sicuro l'avvocato che D'Alessandro ha nominato dalla Bulgaria non fa pensare all'idea di pentirsi: è Mirko Perlino, già avvocato di Ferdico padre e figlio e dell'altro presunto complice dell'omicidio Boiocchi, Cristian Ferrario. Quando D'Alessandro tornerà in Italia capiremo le sue intenzioni. Intanto gli ambienti ultras sono in agitazione. Uno storico capo ultras mi scrive: “Lo stanno cercando tutti”. A chi si riferisce?
Chi sono “tutti”
Soprattutto i calabresi. Perché? Se parlasse, cosa potrebbe dire? Di sicuro è già considerato un infame per aver fatto il doppio gioco con Beretta. Ma può dire anche che non era vero fino in fondo che Bellocco voleva ammazzare Beretta e che lo ha detto solo per mettere pressione a Berro? Può quindi fare i nomi di chi gli aveva detto di mettere in giro questa voce? Beretta ammazza Bellocco il 4 settembre 2024. D’Alessandro il primo ottobre aveva già parlato con i carabinieri. Poi è stato ritrovato in Bulgaria.
A Ferdico conviene dire che è stato tutto molto più semplice
Per nessuno, quindi, è affidabile. Che fine fa in carcere uno che non è affidabile? “E poi in carcere tieni presente che ci sono ancora molti amici di Boiocchi, che gli volevano bene come bene gliene volevo io”. Già, i carcerati a Bellebuono non è che lo cercano: lo aspettano.

Cosa conviene a Marco Ferdico?
C'è anche un'altra persona a cui conviene parlare. Ma in altri modi e per altri motivi. Marco Ferdico. Ferdico parlerà ma non da pentito, parlerà per spiegare la sua versione perché a lui conviene far sembrare tutto più semplice di quello che potrebbe essere stato. Quindi dirà: che è sceso in Calabria per giocare a calcio (come fosse normale essere un giocatore di Promozione in Lombardia e scendere a giocare a Soriano, con tutte le squadre della stessa categoria nella sua regione); che per far salire il padre di sua moglie non ha dovuto avere il permesso delle famiglie; che suo padre Gianfranco non c'entra niente, sfruttando il fatto che i 15mila euro contati in un'auto mentre era con Daniel D'Alessandro sono in realtà 150 (i carabinieri hanno interpretato male il modo di contare i soldi a quanto pare e poi, in effetti, non esiste killer al mondo che si faccia pagare a due mesi di distanza dal lavoro svolto) e non sono serviti quindi a pagarlo per l'omicidio; che ha chiamato suo figlio Antonio non per ribadire un vincolo ‘ndranghetista ma solo ed esclusivamente per onorare l'amicizia; che dietro di lui non c'era un accordo Mancuso-Bellocco; che i due assassini sono effettivamente caduti dallo scooter; che insomma è stato tutto piuttosto casuale.
La sensazione è che le vendette devono ancora cominciare
Badate che dimostrare che non abbia ragione per i pm sarà durissima in fase processuale e su questi aspetti ballano due reati pesantissimi che significano anni e anni di carcere in meno o in più: l'associazione mafiosa e il metodo mafioso. Sarà difficile dimostrare che non abbia ragione anche per un altro motivo: Beretta.

La certezza e la sensazione
Il profilo di Beretta che sta emergendo non depone molto a favore della sua credibilità. Beretta sta passando per ladro prima di Boiocchi e poi di Ferdico e Bellocco; mandante di un omicidio ed esecutore di un altro; assassino multiplo che grazie alla collaborazione tra qualche anno avrà già dei benefici di pena; vittima di un raggiro e palestrato con la nomea di picchiatore che dopo qualche giorno di carcere già frigna con la ex moglie e pensa di pentirsi. Saranno in molti, nel processo per l'omicidio Boiocchi, che si giocheranno questa carta. E alla fine, nel caos di una vicenda piena di tradimenti, finte amicizie e famiglie spezzate, ci sono una certezza e una sensazione. La certezza è che tra gli attori coinvolti si scatenerà una guerra di versioni, dichiarazioni e delazioni. La sensazione invece è che le vendette devono ancora cominciare.
