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Caso ultras, ma quando è entrato Bellocco nella curva Nord dell’Inter? La confessione di Beretta: “Dopo l’omicidio Boiocchi, Totò serviva come protezione da...”. E c’entrano Mimmo Bosa, gli Hammer e i calabresi…

  • di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

30 dicembre 2024

Caso ultras, ma quando è entrato Bellocco nella curva Nord dell’Inter? La confessione di Beretta: “Dopo l’omicidio Boiocchi, Totò serviva come protezione da...”. E c’entrano Mimmo Bosa, gli Hammer e i calabresi…
Dopo l’omicidio di Vittorio Boiocchi nel 2022, gli equilibri della curva Nord di San Siro sono stati sconvolti. A reclamare la leadership c’erano Domenico Bosa e gli Hammer: Mimmo poteva contare sul sostegno di altre famiglie calabresi. Morabito, Mancuso, De Stefano: “Lui conosce tutti”, dice Andrea Beretta. Il pentito ha descritto questa fase della vita della Nord ai pm. E ha ammesso che per contrastare le ambizioni degli Hammer, Marco Ferdico aveva coinvolto Antonio Bellocco, esponente della ‘ndrangheta, per garantire una protezione contro ulteriori pretese. Ecco come, quando e perché Totò ha agganciato la curva dell’Inter

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

Sappiamo che la ‘ndrangheta, tramite Antonio Bellocco, stava entrando nella curva Nord di San Siro. Sappiamo che Marco Ferdico, altro leader ultrà, si era schierato dalla parte del calabrese. E sappiamo anche che ora Bellocco è morto, ucciso con ventuno coltellate da Andrea Beretta. Ora Berro ha iniziato a parlare con i pm, e le trascrizioni dei loro colloqui hanno cominciato a girare. Sorge quindi una domanda: come e quando è avvenuto di preciso l’aggancio tra Bellocco e la Nord? Quali sono le vere ragioni che hanno dato vita a questa partnership criminale? Nelle parole di Beretta si può individuare un momento ben preciso. Come per molte altre cose, la svolta è quasi contemporanea all’omicidio di Vittorio Boiocchi del 29 ottobre del 2022. Così l’ultrà al pm Paolo Storari: “Dopo l'omicidio Boiocchi praticamente gli Hammer tentano il colpo, perché secondo me Vittorio si era avvicinato agli Hammer e aveva dato come tipo il testimone a loro, no?”. L’eredità della Nord, quindi, sarebbe dovuta passare a Mimmo Bosa, il leader del gruppo rivale, che aveva tutta l'intenzione di portare avanti questa volontà. Beretta ricorda un episodio a questo proposito: “Vittorio viene arrestato per la tentata rapina. Un giorno sono al centro sportivo che stavo lavorando, di Cambiago, c'era il parco pieno di gente e si presentano questi tre”, ovvero un uomo di nome “Arduino” in compagnia di altri due calabresi, tra cui un vecchio “che loro mi dicono essere appartenente a una famiglia calabrese, non mi ricordo se i Mancuso, ma io me ne fotto di questi calabresi”. E l’argomento è proprio il futuro della Nord post Boiocchi: “‘Noi Vittorio lo parcheggiamo’, mi dice”. A parlare è il vecchio calabrese. “Ho preso le parti ‘Non parcheggiate nessuno, poi quando uscirà vediamo’”, la replica di Beretta, che poi si rivolge ad Arduino minacciandolo (“Stai camminando sui gusci d’uovo”). Durante un ulteriore appuntamento Berro esplode e attacca Arduino: “Gli ho tirato il tavolo”. Gli Hammer e Bosa, comunque, negano di essere i registi dell’iniziativa, ridimensionando la cosa: è solo il gesto di un singolo, dicono. Beretta, però, non si fida: “Io gli dico ‘Allora, visto che fate così, perché non lo cacciate dal gruppo?’, e loro si rifiutano di fare 'sta cosa, no?”. Ma qual è il reale peso di Bosa in questa storia?

Andrea Beretta, ex capo ultrà ora pentito
Andrea Beretta, ex capo ultrà ora pentito
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“Quando è morto Vittorio loro cos'hanno fatto? Si sono presentati a casa della Debora (Debora Turiello, la “contabile della Nord”, ndr) e hanno preso la cassa del gruppo, capito? Come se fossero loro i detentori del comando”, prosegue Beretta nella conversazione con Storari. A quel punto (circa un mese dopo la morte di Boiocchi) Ferdico decide di coinvolgere Bellocco “per equilibrare questo discorso qua degli Hammer”, attraverso la conoscenza di due amici di Carugate, “il veicolo che ha portato Antonio sono questi due”. Sempre l’ultrà chiarisce che Bosa ha diverse conoscenze tra i calabresi, “ogni tanto saltava fuori magari un personaggio che conosceva Antonio”, alcuni esponenti dei Morabito, dei Mancuso e dei De Stefano. “Lui conosce tutti”. Beretta sarebbe stato anche colpevole di non aver aiutato economicamente Mimmo Hammer nel periodo della sua detenzione. Accusa che però viene negata: “Io personalmente ho dato un contributo, non è che posso prendere i soldi della cassa”. Quelli servono solo per le “robe di stadio”. La funzione di “garanzia” di Bellocco, nel frattempo, sembra dare i primi risultati. Infatti gli striscioni degli Hammer vengono rimossi, la cassa comune (con 30mila euro) riportata da Turiello i membri del gruppo rivale emarginati. “L'avete assoldato come vostro socio per avere la protezione nei confronti di pretese di eventuali altre famiglie calabresi?”, chiede ancora la pm Alessandra Dolci. “Sì, l'idea era quella”. Dunque il calabrese continua a partecipare a vari incontri con la fazione rivale, a cui presenziano vari personaggi pronti a farsi avanti e reclamare fette di curva: “Però c’era sempre Bellocco”. Poco dopo la morte del vecchio leader Vittorio Boiocchi i pretendenti si erano fatti avanti, Mimmo Hammer su tutti, con la spinta di altre famiglie calabresi. Forse i Morabito, forse i Mancuso, dice Beretta. L’unico modo per fermarli era fare affidamento su un altro esponente della ‘ndrangheta. Totò, quindi, arriva a Milano a coprire Ferdico e Beretta. Da lì passano due anni, fino alla morte del rampollo. Soldi nascosti (quelli del merchandising), la tensione che cresce e un progetto: uccidere Berro. Le cose, lo sappiamo, sono andate diversamente. Ma dalle prime testimonianze dell’ultrà il quadro risulta già più chiaro.

Bellocco, Beretta e Fedrico
Antonio Bellocco, Andrea Beretta e Marco Fedrico
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