L'immagine da cui partire è quella di Lautaro Martinez alla fine di Manchester City-Inter: il capitano si avvicina nella zona dove ci sono i tifosi arrivati da Milano. Le telecamere di Amazon Prime lo inquadrano mentre lancia la sua maglia. Non la lancia a caso, ma la passa a Marco Ferdico, la persona che più di tutte sta ricordando con i suoi post e le sue storie Antonio Bellocco, l’ndranghetista ucciso con 21 coltellate da Andrea Beretta, ex capo ultrà interista. È Ferdico che raccoglie le maglie dei giocatori e le smista a chi di dovere. Quella, nello specifico, è poi finita addosso a una bambina, ma il gesto di Lautaro non è poca cosa, perché fa capire il peso specifico che ha ancora Ferdico, che molti dopo l'omicidio raccontano come messo da parte, all'interno della curva Nord. Non è così. Ma così deve sembrare.
Per capire bene tutto, però, dobbiamo tornare indietro di una settimana, alla riunione del baretto, ovvero il ritrovo della curva Nord fuori da San Siro. Era giovedì 12 settembre. Il baretto era pieno di tifosi, circa duecento. A debita distanza c’erano gli agenti della Digos e un gruppetto di giornalisti. Gli unici cronisti in mezzo ai tifosi eravamo io e Klaus Davi. Klaus è stato avvertito subito da qualcuno – “Vedi di non fare cazzate” gli ha detto un ultras - mentre io sono stato fotografato da lontano (probabilmente riconosciuto come l'autore dell'articolo uscito solo qualche ora prima, questo qui), puntato per tutta la serata e poi seguito fino alla macchina da uno che il giorno dopo mi sarebbe stato descritto come un calabrotto (così vengono chiamati dagli stessi ultras i personaggi che con il tifo c'entrano poco o fino a un certo punto). Ma al di là di tutto questo, che serve però a farvi capire quanto gli ultras siano restii a parlare con i giornalisti, il punto è un altro: dopo l'assassinio di Bellocco quanto conta l'ndrangheta all'interno della curva dell'Inter?
Quella sera ha preso la parola Renato Bossetti. Renatone, con la sua voce gracchiata, ha detto poche cose, semplici e chiare, come piace a lui. Ha detto: “Noi siamo la curva e al centro c'è il tifo, non altro”. E poi: “I referenti siamo io, Maurino e Nino”. Mauro è colui che lancia i cori con il microfono, petto nudo e voce potente, un riferimento da tempo. Nino è Nino Ciccarelli, il frontman della curva, un duro anche lui ma un buono d'animo, la faccia gioviale da mostrare sui social. Renato invece ha una storia più complessa: militante di destra, area Casa Pound, personaggio storico della curva, ma da qualche anno fomentatore del primo anello verde, il settore sotto la curva, come fondatore di un Inter club ufficialmente riconosciuto (gli Old Fans). La Digos di lui scrive: “Più volte sottoposto a provvedimento di Daspo, con precedenti di polizia per resistenza a pubblico ufficiale, guida senza patente, reati contro la persona e armi”. Bossetti ha contatti e conoscenze nel bagarinaggio ma si è rivelato affidabile nella compravendita dei biglietti, e il ruolo di presidente di un Inter club gli ha permesso di potersi rapportare con la società nonostante i suoi precedenti (che in realtà glielo impedirebbero). Bossetti, quindi, è un uomo che sa navigare nel mondo di mezzo.
Maurino, Nino e Renatone. Manca Ferdico. Che anche in quella riunione era piuttosto defilato. Che nella trasferta di Monza ha postato una foto con il copy: “Buona fortuna curva Nord”. Frase sulla quale è dovuto tornare per precisare: non sono uscito dalla curva, è un modo per augurare buona strada al nuovo corso della Nord. Già, il nuovo corso raccontato da Renatone e nel comunicato ufficiale, che recita: “Dopo un periodo di riflessione mettiamo al centro, con ancora più vigore, i valori che contraddistinguono gli ultra”. E che nelle prime righe parlava dell'omicidio di Antonio Bellocco come di “drammatico evento che non ha a che fare con le dinamiche della curva”. Quindi tutto bene, no? No. Non proprio.
Domenica sera c'è il derby. Stasera ci sarà un'altra riunione al baretto. Gli animi, almeno in apparenza, saranno buoni: la trasferta a Manchester è stata ottima per la squadra, eccellente per la curva. È vero, la curva nord in termini di tifo ha raggiunto livelli altissimi, i risultati sono evidenti: anche all'Etihad Stadium sembrava di essere a San Siro. La Nord è diventata un brand ed è riconosciuta ovunque vada. Ed è proprio per questo che deve conservare una parvenza di tifoseria non inquinata da altri affari, che metta al centro gli interessi del tifo e non di cose che col tifo non c'entrano niente. Per questo i referenti adesso sono gli altri tre mentre Ferdico, che anche ieri ha postato una foto col defunto Bellocco, non deve apparire troppo. E così sarà anche stasera. Nessuno del direttivo rilascerà dichiarazioni alla stampa. Adesso la priorità è stabilizzare la curva, è questa la parola chiave. Per stabilizzata si intende che tutte le parti in causa siano d’accordo sulle ritorsioni da attuare per sistemare questa storia. C’è un problema però: che i giochi non si fanno a Milano, si fanno in Calabria. Le voci danno Beretta come un morto che cammina. Addirittura, si vocifera nelle palestre del fighting, che qualcuno gli abbia fatto arrivare un'ambasciata: “Impiccati”. Il sottotesto è: altrimenti più prima che poi ammazziamo tutta la tua famiglia e poi te, pure se stai in isolamento. Messaggio arrivato talmente a destinazione che Beretta avrebbe chiesto di essere trasferito da Opera in un altro carcere.
Al funerale di Bellocco, avvenuto sabato scorso a Reggio Calabria, c’erano 600 persone. È stato un momento molto sentito. Ma attenzione, i Bellocco sono forti ma non fortissimi attualmente. Sono stati decimati dalle condanne dell’ultimo maxiprocesso andato a sentenza proprio qualche giorno fa: 42 imputati che si sono presi dagli 8 ai 20 anni di reclusione. Mentre Beretta ha sempre messo a disposizione i suoi servizi per la famiglia Flachi che fa parte della cosca De Stefano, padroni di Reggio Calabria. Un investigatore calabrese ci illumina: “I Bellocco avrebbero chiesto ai De Stefano di provvedere alla morte di Beretta: sono stati i vostri uomini a farlo sempre lavorare mo' a voi tocca farlo fuori”. Ma i De Stefano non sono persone abituate a prendere ordini e poi l'ndrangheta è una mafia di regole e codici. Ci vogliono riunioni, unanimità, devono essere rispettati gli interessi di tutti. E, pare - ci racconta sempre l'investigatore - che i De Stefano non abbiano apprezzato un certo tipo di atteggiamento dei giovani Bellocco Pesce. Per spiegarsi meglio bisogna ricorrere alla cronologia e usare le parole dell'investigatore: “Ciccio Testuni, ovvero Francesco Pesce, esce dopo 13 anni di carcere e otto giorni prima del delitto. Contatta Antonio Bellocco e, consapevole che da lì a poco molti della famiglia Bellocco avrebbero subito pesanti condanne, gli dice: è arrivato il momento, fai fuori quel cagacazzo di Beretta e prendiamoci tutti gli affari della curva. Peccato però che qualcuno mette sul chi va là Beretta e che sulla Smart Beretta, da picchiatore qual è, sistema Bellocco con 21 coltellate. Insomma, Testuni e Totò non solo fanno una figura non all'altezza dei nomi che portano ma hanno pure agito senza aver comunicato niente alle altre famiglie”.
Se fosse andata veramente così si spiegherebbe come mai Beretta non sia ancora stato ammazzato, perché sia convinto ancora di salvarsi tanto da aver detto: “Fatemi uscire, datemi cinque giorni, sistemo tutto e poi rientro dentro, promesso”. E si spiegherebbe anche un'altra cosa che nessuno dice. Perché l'uomo scelto per fare il pacificatore, e quindi la figura davvero decisiva in questa fase, si chiama Domenico Bosa detto Mimmo Hammer, che sulle spalle ha una condanna per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Mimmo Hammer è l'uomo giusto per una serie di ragioni. Ha doti di abilità, anni fa sempre per dinamiche di curva (e non solo) fu proprio lui a mettere pace tra due formazioni di estrema destra, Casa Pound e Lealtà Azione. E poi è uomo di raccordo tra la destra estrema e il mondo di sotto: conosce bene la famiglia Pompeo, vicinissimi ai De Stefano. I Pompeo sono alleati dei Flachi, gli amici di Beretta. E il vice del defunto boss dei Pompeo era Nazareno Calaiò, che in passato aveva appoggiato proprio la leadership di Beretta e che ha un soprannome esplicativo per le sue simpatie, usiamo questo eufemismo, verso la destra più destra che ci sia: ovvero Naza Nazi. Capite? Qui il cerchio si chiude. Amici di vecchia data. Destra estrema, Calabria. Negli ambienti ben informati di Milano e calabresi iniziano a dire: segui questa traccia e capirai tante cose. Vecchia storia. Vecchi fan. Stessa roba. Sempre la stessa: intrecci tra politica e criminalità.
Infatti, in questa storia stride anche l’indifferenza di una città, a partire dal suo sindaco fino ad arrivare ad altri uomini simbolo. Non ci dimentichiamo che San Siro è un monumento vincolato dalla Soprintendenza. Sala e chi ha cuore Milano non ha niente da dire sul fatto che le curve che comandano dentro a una costruzione storica usino un’opera d’arte per i loro traffici, per nascondere di tutto, per gestire affari illegali e foraggiare le mafie? Vista così, è come se l'ndrangheta fosse arrivata nel Duomo o si fosse presa la Torre Velasca. E come Sala, la politica che dice? Perché le curve, oltre a essere affari, sono anche teste. E voti. Già, per chi votano gli ultra? Pensateci. E poi datevi una risposta.