La cifra della vicenda è data dal fatto che nessuno per ora sta scrivendo le cose come stanno. Per tre semplici motivi. Paura. Omertà. Ignoranza. Perché stiamo parlando di un sistema mafioso chiuso, il più chiuso di tutti. Stiamo parlando di gente che ammazza, uccide anche quando non sembra che lo abbia fatto. Omicidi mascherati da suicidi, omicidi mascherati da incidenti. A meno che non vogliano lanciare dei messaggi e non vogliano che qualcuno sappia. Otto giorni fa Andrea Beretta ha ammazzato con venti coltellate Antonio Bellocco, nipote di una delle famiglie più potenti della 'ndrangheta. Da allora tutti gli articoli usciti raccontano quei pochi dettagli che emergono dalle veline della Procura, riportano vecchie informative, ripetono sempre gli stessi ritornelli sugli ultras ma mancano (per convenienza o, appunto, per ignoranza) il target, non centrano il punto più importante. La verità è che a guardare bene dentro questa storia si vede un'Italia da cui è meglio stare lontani, dove affari e malavita, mondo di sopra e mondo di sotto, si incontrano. Colletti bianchi e mani che menano. Completi su misura e petti nudi in transenna. Seguitemi. E partiamo dal luogo comune che dicono tutti: l'ndrangheta si è presa le curve di Milano. Vero ma solo in parte. L'ndrangheta se le sta prendendo, quelle di Milano e non solo, infatti negli ambienti ben informati sono mesi che gira una voce: le ndrine si sono presi pure quella del Barcellona. Ma parte delle curve sono formate ancora da cani sciolti, gente che non si è affiliata e che non ha alcuna intenzione di farlo, per orgoglio e per mentalità. Come Beretta.
Facciamo un passo indietro. Le curve campano con vari business: merchandising, biglietti, trasferte, il controllo dei parcheggi. Ma ci sono business che fruttano più di altri. La coca, in primis. E poi altri due più invisibili, a cui ci arrivo fra poco. Ora soffermiamoci sulla droga. Le curve di San Siro, per esempio, sono undicimila teste a partita. Fate che uno su tre pippa. Troppo? Ok. Facciamo uno su sei (che è poco). Per ogni partita, considerando il prezzo tra i 50 e i 90 euro a grammo, significa - contati male - tra i 100 e i 150mila euro. Controllando sia la curva dell'Inter sia quella del Milan, alla fine delle 36 gare di serie A, stiamo parlando di un fatturato che si aggira tra i 5 e i 6 milioni di euro. Tanti. Fanno gola. Ma attenzione, non sono tantissimi per chi è abituato ad altre cifre. Il valore aggiunto del fatturato dato dalla droga sono gli altri due business meno visibili. Uno, le risorse umane: attraverso il controllo della curva controlli la città; usi gli uomini della curva per fare da bodyguard nei locali e ai personaggi famosi (vi ricorda qualcosa la storia di Fedez e Christian Rosiello, braccio destro del capo curva del Milan Luca Lucci?) o per altri lavoretti ancora più pesanti come estorsioni, recupero crediti, pestaggi. Lo stesso Andrea Beretta pare che venisse usato quando da una famiglia quando da un'altra per lavori, come dire, non proprio nobili.
Infatti sempre i ben informati, a denti molto stretti, raccontano di riunioni dove i capi calabresi vicini ai Bellocco hanno ordinato proprio a una di queste famiglie di sistemare la faccenda: “Era un uomo che usavate voi? Bene, adesso voi ve lo dovete fare”. Voi ve lo dovete fare: voi lo dovete uccidere. L'altro business decisivo sono le pubbliche relazioni: il contatto diretto con giocatori, ex giocatori, dirigenti. Che si traduce in orologi venduti, riciclaggio di denaro e, udite udite, le scommesse. Perché sì, avere un contatto diretto con le società e i giocatori può significare conoscere particolari che ti possono aiutare a capire che aria tira prima di una partita se non, addirittura, a condizionarla. Ergo: le curve fruttano bene ma soprattutto sono la chiave per aprire altre porte. E le scommesse, per chi ha i soldi e non ha un vero lavoro, come gli ndranghetisti e i loro rampolli, non rappresentano solo delle entrate, sono anche un divertimento. I primi a scommettere soldi, tanti soldi, sul minuto in cui saranno segnati i gol, sul marcatore decisivo della partita o sul risultato parziale sono proprio i boss. Quindi per unire il dilettevole all'utile (utile anche in senso tecnico) le cose devono andare esattamente come dicono loro. Se no sono caz*i. Le persone con cui ho parlato in questi giorni mi hanno raccontano di aver visto con i loro occhi giocatori prostrati, allenatori intimoriti, dirigenti consenzienti mentre qualcuno gli diceva: “Dovete fare così, questo deve succedere, capito?”. Tutti hanno una famiglia e tutti, se minacciati, accettano. Per ricordarsi di scene ignobili non bisogna andare tanto in là con la memoria, basta arrivare alla stagione scorsa, quando il Milan e il suo allenatore, per ben due volte, sono andati sotto la curva a chiedere scusa agli ultras, con i capi che facevano la paternale e Pioli e i giocatori a testa bassa e mani sui fianchi.
Ora, cosa succederà? Andrea Beretta è in isolamento nel carcere di Opera. La sua famiglia è vigilata dalla Digos. Al contrario di quello che si dice nelle cronache Beretta non era nel mirino solo da qualche mese, da quando dice di aver saputo che qualcuno lo voleva ammazzare. Al vaglio degli investigatori c'è una telefonata di anni fa in cui un uomo dei clan fu intercettato mentre diceva al suo interlocutore: “Se vuoi salgo su e faccio prima Boiocchi e poi Beretta”. Vittorio Boiocchi, altro capo della curva nord dell'Inter, è stato ucciso a fine 2022 con proiettili provenienti dalla Repubblica Ceca. Circostanza non di poco conto, dato che spesso la 'ndrangheta si serve di criminali ceceni o serbi. Il suo omicidio non ha mai avuto un colpevole e anche in quel caso fu chiaro che il delitto non era dovuto a discussioni tra ultrà ma perché la curva stava diventando sempre di più terreno di conquista per famiglie disinteressate al tifo e interessate ad altri affari. Lo stesso Bellocco era considerato oramai uno dei capi occulti della curva pur non avendola mai frequentata. Il suo pedigree mafioso era notevole: padre morto al 41bis, madre in carcere, suo cugino è Giuseppe Pesce detto Testuni, appena uscito dalla galera dopo 13 anni e oramai i Bellocco e i Pesce sono una unica famiglia che da Rosarno gestisce traffici mondiali. Non a caso, notizia di ieri, la questura di Reggio Calabria ha negato i funerali pubblici, potranno partecipare solo gli stretti congiunti perché si teme l'ostentazione da parte della sua cosca.
Infatti Beretta è stato abbandonato da quasi tutti. Quasi. Marco Ferdico, altro capo della Nord, sui social sta portando avanti una comunicazione alquanto anomala: da pubblicare solo storie e post inerenti al calcio e al tifo è passato a esprimere la sua gratitudine e il suo amore per Bellocco, l'amico ucciso, e la sua famiglia. In questi giorni ha addirittura messo su Instagram le foto del figlio orfano di Bellocco a casa sua. Un messaggio chiaro; addirittura, per i fedelissimi di Beretta, anche uno scudo. È proprio uno di questi che ci racconta che Beretta e il suo legale Mirko Perlino sono confidenti negli esami dello stub test, i cui esiti secondo loro proveranno che Beretta ha ucciso per difendersi, mentre invece su tutti i media viene dato ormai per certo che Beretta si sia sparato da solo per simulare una aggressione e guadagnare così qualche attenuante per la fase processuale.
Possibile? Certo che lo è per uno come lui, anche se tutto da dimostrare. Il ritratto che fa di Beretta chi lo conosce bene è quello di un uomo spietato: le coltellate a Bellocco sono state 21, 11 letali e cinque nella gola, ma già diverso tempo fa, vociferano nelle palestre del fight, Beretta si era lasciato prendere la mano durante una spedizione punitiva per dare una lezione agli sputapalline di corso Como, gli immigrati africani che nascondono le palline di droga in bocca e le vendono in una delle vie più note di Milano. Pure allora, ricordano i meglio informati, gli fu accordata una punizione: un esilio di qualche mese in Sicilia. Leggenda? Verità? Chissà... Fatto sta che adesso la punizione (per alcuni certa) può essere la morte. Per questo è in isolamento, per questo la sua famiglia è protetta. Ma Beretta durante uno degli ultimi colloqui con il pm Paolo Storari non ha perso la sua arroganza: “Fatemi uscire e in 5 giorni sistemo tutto. Poi vi prometto che rientro in carcere. Parola d'onore”. Chi c'era si è fatto scappare un sorriso, ma la frase conferma il suo profilo. E soprattutto fa capire che Beretta, per molti descritto come un morto che cammina, forse forse qualche copertura che lo fa essere ancora così spavaldo ce l'ha. Non sono passate inosservate infatti le parole di un investigatore calabrese che ha dichiarato: “Le cause dell'omicidio di Bellocco vanno cercate qui al sud. I colleghi di Milano dovrebbero scendere e farsi una chiacchierata con noi”. Beretta insomma ha le sue coperture da giocare. Per questo motivo chi crede che Beretta possa parlare coltiva una pia illusione: sarebbe un problema per chi lo vuole “fare”, per chi potrebbe ancora coprirlo e per chi, comunque, in questa storia preferisce starne fuori anche se proprio fuori non è. Nel mondo ultras anche di altre città, tra chi non è favorevole a sottostare all'ndrangheta, qualcosa si sta muovendo. Oltretutto Milano, per la strada, ormai è il Far West (come hanno dimostrato gli ultimi episodi di violenza in stazione Centrale) e a qualcuno che si muove tra mondo di sopra e mondo di sotto è venuta voglia di ingaggiare ronde di picchiatori provenienti dagli ambienti dei fighter per tenere sotto controllo le zone più movimentate. Della serie: gli interessi sono di tanti, gli interessi ce l'hanno tutti. L'ndrangheta ha i soldi e il potere, la malavita dei quartieri ha i soldati. L'esito sembra scontato ma qualche mossa da fare Beretta e soci ce l'hanno.
Infine c'è la domanda da bar: cosa faranno le due curve nel derby di Milano? La risposta è: probabilmente niente, uno striscione, forse qualche coro, niente di sostanziale. Sui giornali c'è chi parla della riunione di stasera al baretto di San Siro: gli ultrà della Nord si vedranno ma è più routine che altro. Le decisioni vengono prese in altre sedi e da poche persone. Anche se l'unica decisione sensata sarebbe quella che i giocatori di Milan e Inter, il 22 settembre, si presentino in campo con delle magliette a vista con su scritto: via le mafie dal tifo. Ma anche questa è una pia illusione. Nient'altro che una pia illusione. I giocatori, pure quelli che fino a una settimana fa non avevano problemi a frequentare e farsi fotografare con soggetti che ora giurano amore ad ndranghetisti certificati, come al solito preferiranno fare finta di niente piuttosto che prendere una posizione scomoda.